Il gemello bollente della Terra, il custode dei segreti della nostra evoluzione. Infuocato dal suo irreversibile effetto serra, Venere è un pianeta che non ci spieghiamo. Non ancora. Simile al nostro non solo per le dimensioni e la composizione solida, ma anche per il suo passato geologico. Solo che il presente dice un’altra cosa, ci parla forse del nostro futuro. Perché la domanda è proprio: «Perché?». Perché Venere s’è accesso e brucia, mentre la Terra più o meno placida langue nel ciclo delle stagioni? Perché su Venere la vita è impossibile? Sono domande che poniamo direttamente lassù, nello spazio. E lo facciamo… in italiano.
La missione alla scoperta di Venere è targata Esa (European Space Agency), e si chiama Venus Express. È una sonda, un satellite. Ma lo strumento che più di tutti aiuta a svelarne i segreti è nostro: è lo spettrografo Virtis, acronimo amico che sta per Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer. È, cioè, un occhio a infrarossi, una potente telecamera realizzata per conto dell’Agenzia spaziale italiana, con la leadership scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica. Con Aspera-4, dispositivo per lo studio delle interazioni tra vento solare e atmosfera, rappresenta una di quelle pietrine preziose di cui nessuno, al di fuori del mondo scientifico, parla, ma che in silenzio mettono l’Italia in cima al mondo. Perché la missione è un successo acclarato. Icarus, rivista di studi scientifici pubblicata in collaborazione con l’American Astronomical Society, gli ha recentemente dedicato un numero speciale. Come anche Science, un paio di anni fa.
Confronto delle dimensioni dei quattro pianeti terrestri del sistema solare: da sinistra, Mercurio, Venere, la Terra e Marte.
La sonda dell’agenzia spaziale europea raccoglie dati per cercare di comprendere meglio le dinamiche di sviluppo dell’effetto serra e il ruolo dell’anidride carbonica e dell’acqua nell’evoluzione planetaria in generale.
Venere infatti, pur avendo dimensioni, struttura, e distanza dal Sole comparabili con il nostro pianeta, ha poi avuto un’evoluzione completamente diversa. E il violento effetto serra che lo attanaglia in una cappa composta al 98% da anidride carbonica, l’ha portato a bruciare a temperature di 450 gradi centigradi, con venti a 400 km all’ora che spazzano nuvole di acido solforico, e una pressione 90 volte maggiore della nostra. Una riproduzione luciferina della Terra, insomma.
«Venere – spiega Raffaele Mugnuolo, responsabile Asi del programma – è avvolto da una coltre di nubi che producono un effetto serra permanente. Ultimamente abbiamo notato anche degli enormi vortici nell’atmosfera. Molto probabilmente derivanti dalla super-rotazione del pianeta e dalla velocità dei venti che supera la velocità stessa della rotazione».
Grazie a Virtis e agli strumenti a bordo della sonda è possibile studiare in maniera tridimensionale la temperatura e la dinamica atmosferica «attraverso l’analisi spettrale infrarossa nelle bande di assorbimento della CO2», permettendo così di validare i modelli di circolazione atmosferica. E poi possiamo cominciare a capire meglio il funzionamento della complessa chimica venusiana, quella vera e propria cucina nascosta tra le sue nubi.
Virtis ha inoltre evidenziato, attraverso l’analisi della debole radiazione infrarossa proveniente dalla superficie del pianeta che riesce a penetrare la coltre di CO2, che Venere ruota un po’ più lentamente di quello che si pensava. «Mancano all’appello dell’anno venusiano appena 6 minuti e mezzo – dice Giuseppe Piccioni, ricercatore dell’Inaf-Iaps di Roma e Principal Investigator dello strumento – ma sono minuti molto importanti. Resta ancora da capire se si tratta di variazioni secolari e periodiche della sua rotazione». L’Italia, attraverso l’Asi, ha investito nella missione meno di cinque milioni di euro in sei anni di attività. E lo scorso dicembre ha approvato un ulteriore finanziamento di 12 mesi per l’analisi dei dati.
«Questa missione – continua Mugnuolo – è uno degli esempi meglio riusciti dell’approccio ‘cheap and fast’ adottato dall’Esa all’inizio dello scorso decennio e che ha portato a risultati eccellenti a fronte di investimenti abbastanza contenuti e di tempi di sviluppo molto ridotti. Per missioni di questo tipo ci vogliono in genere dai 5 ai 10 anni solo per lo sviluppo. Invece Venus Express è stata realizzata nell’arco di 5 anni, fino al lancio. Imbarcando pochi strumenti con un obbiettivo preciso, e utilizzando come carrozzeria satelliti già ben collaudati».
Lanciata nel 2005, si sarebbe dovuta concludere nel 2010 ma non ha nessuna intenzione di mollare. Continua a sfornare dati con precisione e affidabilità e perciò l’Esa, lo scorso novembre, ne ha approvato l’estensione fino alla fine del 2014. Perché il nostro gemello bollente ha ancora tante cose da dirci. In italiano.