Insulti sui social network e a Radio Padania («L’accordo con Berlusconi è abominevole»). Militanti che abbandonano il movimento («Dopo 23 anni lascio la Lega» scrive Daniele Dellamotta sulla pagina Facebook di Roberto Maroni). Richieste di spiegazioni al telefono a ripetizione, anche «3 al minuto» Segretari regionali costretti a rincasare sul territorio da via Bellerio, sede del Carroccio, dopo la conferenza stampa di Bobo, per spiegare ai militanti il nuovo accordo con Silvio Berlusconi. «Ci sono stati momenti migliori, i nostri ci mangeranno vivi, ma sulla Lombardia abbiamo fiducia di battere Umberto Ambrosoli», taglia corto un barbaro sognante. La telenovela tra Lega e Pdl finisce in un nebbioso pomeriggio milanese d’inizio gennaio.
Durante una conferenza stampa nervosa, Maroni, il segretario federale e candidato per la Lombardia, illustra ai giornalisti l’accordo «per iscritto» (concetto ribadito più di una volta ndr) con il Cavaliere. Non si astiene dal rispondere alle domande («Da soli avremmo evitato qualche mal di pancia ma perso sicuramente» chiosa), ma il più delle volte evita di dare una risposta netta. Come quando gli si chiede se la Lega appoggerà Berlusconi a «ministro dell’Economia». Lui nicchia, abbozza un sorriso e poi dice: «Non faccio il toto nomi per i ministeri». A pochi metri di distanza Isabella Votino, la portavoce, annuisce.
Se Umberto Bossi, ex leader della Lega Nord, sparava a destra manca battute fulminanti, il nuovo corso di Bobo sembra essere quello di «non rispondere» a giornalisti e militanti. Era già capitato durante la conferenza stampa di Roma insieme con il segretario Angelino Alfano e Roberto Formigoni, quando la regione Lombardia franava sotto le inchieste della magistratura milanese. Alla domanda sul tempo di scadenza dato alla giunta regionale, il segretario federale non aveva risposto, lasciando intendere che l’alleanza sarebbe durata fino al 2015. Poi tutto si risolse qualche mese dopo con la caduta della giunta del Celeste, ma questa volta il boccone da digerire è davvero grosso e pesante.
Al momento, i rottamatori leghisti non protestano. Flavio Tosi, sindaco di Verona, uno che per quasi due anni ha sparato contro il Cavaliere abbozza pure lui all’accordo: «È vantaggioso per il Veneto, anche perché noi possiamo vincere in Lombardia mentre il Pdl perderà a livello nazionale». Così come Matteo Salvini, uno che per mesi ha continuato a tuonare contro Berlusconi in tutti i modi, avverte che per la Lombardia, di fatto, «va bene pure un’alleanza con il Pdl». Anzi, su Facebook, si impegna a tenere a bada i militanti che gli continuano a scrivere che «così si va a sbattere». Certo, c’è anche chi gli dà manforte, ma sono in tanti a protestare per la rinascita dell’asse del Nord.
La chiave, secondo i barbari, per capire la nuova intesa con Berlusconi è tutta in quella paginetta scritta e redatatta da Roberto Calderoli, dove il Cavaliere si sarebbe impegnato a non candidarsi a premier. Maroni insiste nel dire che lo decideranno dopo, insieme, e che lui preferirebbe l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti mentre invece il Pdl apprezzerebbe il segretario Angelino Alfano. Non è chiaro questo punto, tanto che da più parti si sente perfino parlare di Corrado Passera, attuale ministro per lo Sviluppo Economico come possibile premier di una coalizione di centrodestra. Ma tanto basta per infiammare i militanti e gli ex fedeli di Bossi, quelli che hanno pagato la rivoluzione delle scope e che sono stati messi da parte all’insegna del rinnovamento. E che soprattutto quest’anno erano rimasti abbagliati dal nuovo corso maroniano, in cravatta, senza Pontida e l’ampolla del Dio Po.
«Sarà interessante sapere cosa dice il mio segretario – dice uno come Giacomo Chiappori, ligure e bossiano di ferro – se davvero ha fatto l’accordo e perchè, visto che una delle critiche mosse all’Umberto è proprio quella di aver fatto accordi con Berlusconi. Non mi è chiaro un passaggio: se l’intesa la fa Bossi non va bene e se invece la sigla Maroni sì?» La questione dei fedeli del Capo è una delle più spinose.
Ad aprire le danze era già stato Marco Reguzzoni, ex capogruppo alla Camera dei Deputati, domenica 6 gennaio: «Con l’obiettivo di tenere i nostri soldi a casa nostra eravamo alleati con il Pdl al Governo e in Lombardia. Hanno voluto rompere l’alleanza perchè volevano “pulizia”, sostenendo che non avremmo ottenuto niente e che bisognava “ascoltare la base”. Abbiamo fatto cadere la Regione Lombardia x questo motivo. E adesso? Credo che nella vita ci voglia un minimo di coerenza».
Si mormora che siano in tanti a chiedere a Bossi & co di fondare una nuova Lega. O meglio ancora, di presentare una lista alle elezioni lombarde. Ma le rassicurazioni sulla candidatura del Senatùr hanno sedato al momento ogni tipo di sommossa. Temporaneamente. Perché dopo le elezioni politiche potrebbe aprirsi una nuova stagione delle purghe, che dipenderà sempre dal risultato che Maroni raggiungerà sul territorio lombardo. Qualcuno avverte che gli ultimi attacchi da parte della magistratura hanno fatto traboccare il vaso. «Il servizio di Rai3 di domenica lo ha fatto riflettere» spiegano in Bellerio.
C’è anche chi dice che l’accordo per una corsa in solitaria con Oscar Giannino di Fermare il Declino fosse lì a un passo, ma che l’ex giornalista di Radio24 si sia alla fine tirato indietro. Di fatto, alla fine, aveva ragione chi sosteneva sin dall’inizio che Bobo sarebbe tornato dal suo «padrino politico» (copyright Emanuele Fiano del Pd). Qualcuno addossa la responsabilità alla Votino, la bella portavoce di Maroni, altri alla semplice convenienza della sfida elettorale.
Il punto è la battaglia in Lombardia. «Qualcosa di storico che non potrà ricapitare mai più» insiste Maroni, ricordando la creazione della Macroregione Europea, trattenendo il 75% delle tasse sul al Nord, insieme con Piemonte, Veneto e persino Friuli Venezia Giulia. Ma se le cose dovessero andare male? Al momento i sondaggi danno Maroni appaiato con il candidato di centrosinistra Umberto Ambrosoli, che può godere del forte traino del Partito Democratico a livello nazionale, primo partito con un buon 32 %. Ma tutto il resto? Circolano sondaggi devastanti per il Carroccio, come in Veneto dove si dice che la Lega potrebbe crollare di quasi 10 punti con l’abbraccio mortale del Cavaliere. Il 25 febbraio sarà in ogni caso il D-day della Lega Nord.
Leonardo Facco, ex leghista, uno che non ha mai creduto un momento alla fine del sodalizio con Berlusconi ammette: «Non mi meraviglio di niente. L’accordo era già scritto da tempo. Mentre Maroni continuava a dire di no e sì a Berlusconi, continuava a sventolare la bandiera di San Giorgio con la sua faccia, non sventolava quella della Lega Nord». In ogni caso, Bobo ha detto che se diventerà governatore lascerà il posto da segretario a uno più giovane: Maroni e Salvini sono in pole position. Tutto, però, dipenderà dal risultato delle prossime elezioni.