La metafora della lepre, no. Quella non funziona. «Noi siamo la lepre da inseguire e tutti faranno la gara dietro di noi» ha spiegato ieri sera Pierluigi Bersani dopo aver approvato le liste elettorali. Il Pd? «Una lepre da smacchiare», ha ribadito pochi minuti fa in un’intervista tv. Ecco, questa immagine è meglio lasciarla da parte. Non tanto perché la lepre, come il coniglio, è un animale che viene spesso associato a chi scappa impaurito. Piuttosto perché non vince mai. L’atletica leggera insegna: la lepre è l’atleta che nei meeting tiene alto il ritmo per consentire al campione di battere il record. È un comprimario, quindi, non vince mai. Anzi, si ritira.
Suggestioni zoologiche a parte, la campagna elettorale di Pier Luigi Bersani fila via un successo dopo l’altro. Il segretario Pd ha impostato bene la gara. Meglio degli avversari, rispetto ai quali pure partiva in netto vantaggio. Sulle liste elettorali approvate ieri dalla Direzione democrat si è scritto di tutto. Vendette, esclusioni, nomine poco gradite. Per non parlare delle polemiche sulle anime troppo diverse costrette a convivere nella stessa maggioranza (così almeno sperano al Nazareno). Tutto vero. Eppure l’operazione delle candidature per il Parlamento non può che considerarsi un successo per il segretario. Anzitutto per la genesi: le primarie. L’unico vero antidoto – più o meno efficace non ha importanza – al Porcellum. Il Parlamento non è riuscito a riformare la legge elettorale? Onore e merito al Pd che ha introdotto un nuovo legame tra eletti ed elettori.
Sì, certo. Qualche fortunato ha evitato il passaggio delle primarie. Bersani si è riservato un buon numero di seggi da attribuire a esponenti esterni e personalità poco politiche. In caso di vittoria saranno circa un quarto dei parlamentari Pd. Tanto? Pochissimo, se confrontato con quello che succede negli altri partiti. Dove le liste bloccate del Porcellum la fanno ancora da padrone. Le cronache più recenti si soffermano su qualche polemica. Fanno discutere le esclusioni del braccio destro di Renzi, Roberto Reggi (anche se Bersani ha assicurato di aver trovato un accordo proprio con il sindaco di Firenze). È arrivata qualche critica per la mancata candidatura del costituzionalista Stefano Ceccanti. Così come degli ecodem Francesco Ferrante e Roberto Della Seta. Oggi è il giorno dello scontro con il socialista Riccardo Nencini, che denuncia poca rappresentanza. Tensioni, malumori. Ci sta tutto, ci mancherebbe. Ma non si può negare l’effetto finale. Le liste sono state compilate all’insegna del ricambio (l’assenza di D’Alema e Veltroni resta un dato importante). Piene di giovani. Ma soprattutto di donne, ben 16 su 38 capilista. Peraltro sono le prime liste elettorali ad essere ufficialmente presentate, nelle stesse ore in cui gli altri partiti ancora discutono di quote e poltrone. Un’immagine di unità e coesione che forse non rappresenta la realtà. Ma intanto caratterizza la prima fase della campagna elettorale del Pd.
Mediaticamente parlando, questa partita Bersani l’ha vinta. Con un merito in più. Alla faccia delle lottizzazioni, ha tenuto fuori da Camera e Senato il portavoce Stefano Di Traglia e la fedelissima direttrice di Youdem Chiara Geloni. Ovviamente in caso di vittoria per loro potrebbero essere pronti ruoli di primo piano. Ma il messaggio che passa è chiaro. Il partito non è di proprietà del segretario. E forse anche per questo il simbolo del Pd sarà l’unico a non avere il nome del leader. Una scelta non banale. La comunicazione, l’immagine, acquistano un’importanza finora sconosciuta.
La metamorfosi del sito democrat è esemplare. Merito della giornalista Tiziana Ragni, che da ottobre è la nuova responsabile. Archiviati slogan e immagini di dubbia efficacia, si svecchia. Oggi, per gran parte della giornata, il sito si è aperto con la fotografia di un pedalò. I due posti sono riservati a Gianfranco e Pierferdinando. Sotto, una recente citazione di Matteo Renzi. «Pensare di innovare la politica italiana con Fini e Casini è come circumnavigare Capo Horn con il pedalò». Velata, ma nemmeno troppo, critica a Monti. E non è neppure la prima. Quando la cancelliera Angela Merkel si disse soddisfatta per un’eventuale candidatura del Professore, il sito del Pd commentò proponendo una galleria fotografica dei grandi successi calcistici della nazionale azzurra contro la Germania. Ora, mentre scriviamo, è apparsa la lepre: vabbè, nessuno è perfetto.
La campagna elettorale di Bersani sarà scandita dalla stessa creatività? I primi manifesti che in questi giorni ritraggono il segretario sui muri delle grandi città dividono. Per molti osservatori sono efficaci, per altri meno. Lo slogan “L’Italia giusta” funziona. L’immagine del segretario in giacca e cravatta è senza dubbio quella del nuovo presidente del Consiglio. Sereno, affidabile. Un po’ troppo démodé, storce il naso qualcuno. Con quel completo scuro e la cravatta rossa (quella del confronto tv con Renzi). Probabilmente sono gli stessi che qualche tempo fa si lamentavano per i manifesti di Bersani in maniche di camicia.