«È stata la peggior partita da quando alleno il Pescara». Nella conferenza stampa dopo partita, il tecnico degli abruzzesi Cristiano Bergodi offre la fotografia del match contro l’Inter perso 2-0. Eppure, l’ex difensore della Lazio non aveva pianificato male la gara, mettendo Weiss e Celik punte esterne a lavorare ai fianchi il centrocampo nerazzurro. Sarebbero bastate un paio di accelerazioni in più di uno dei due, per mettere in difficoltà le corsie esterne dell’Inter, che in difesa non sono granchè e in attacco si spingono raramente per saltare l’uomo. Questa considerazione tattica lascia aperti due scenari. Il primo: se l’Inter non avesse vinto sabato sera, contro un Pescara davvero abulico, sarebbero stati guai, per la classifica e non solo. Due: quanto ha ancora senso che Stramaccioni insista sul 3-5-2? Gli esterni Jonathan e Alvaro Pereira si impegnano, corrono, si propongono, ma non hanno i mezzi per andare via ai propri marcatori e metterla in mezzo, così i nerazzurri per vincere si sono dovuti affidare a due iniziative di Palacio (nella prima innescato da un Cassano ispirato) per metterla dentro. Guarin ha fatto una grande gara di corsa e tecnica, ma spesso resta troppo in avanti e lascia scoperto il centrocampo in fase di non possesso palla. A Stramaccioni è andata bene perché ha trovato nel giovane Benassi una valida alternativa. Il centrocampista ex Modena ed ex Primavera dell’Inter, all’esordio dal 1’ in campionato, ha azzeccato quasi tutto: posizione, interventi e una buona dose di personalità. Si sente però l’assenza di un regista che giochi palla a terra: il 77% di lanci lunghi dell’Inter lo confermano.
Un punto nelle ultime 2 gare, 2 gol fatti e 3 subiti ma soprattutto la Lazio a -3 in classifica. E’ lecito chiedersi se l’effetto Conte in casa Juve sia svanito. Certo è fisiologico che una squadra possa andare incontro a un calo, ma è diabolico che lo faccia quando non ci sono le coppe e quando si ha quindi la possibilità di sistemare a proprio vantaggio la classifica. E’ vero, la Juve aveva delle assenze importanti: Chiellini, Asamoah e Marchisio. Ma è proprio dalla gestione delle assenze che nasce il problema: il 3-5-2 del tecnico bianconero non può essere un dogma da seguire ciecamente, così come allo stesso tempo non ha senso spingere sempre e comunque alla ricerca del gol. Se giochi in uno stadio dove il Parma quest’anno non ha ancora perso, e che nella prima mezzora ti mette pure in difficoltà, perché insistere sulla difesa a 3 e su Padoin titolare quando puoi gestire la gara alzando la coperta con un 4-4-2? Perché insistere sulla difesa a3 senza Chiellini quando hai comprato Peluso (che non è un centrale) e hai Caceres che puoi fare anche il terzino (senza dimenticare De Ceglie)? Come non ha senso puntare sul gioco esterno sempre e comunque se hai un Lichtsteiner che non azzecca un cross. E poi, il filtro in mezzo. Puoi anche vincere il 65% dei contrasti, ma se poi prendi un gol uguale al secondo di Icardi della settimana prima, qualcosa al centro non quadra e non può essere solo l’assenza di Marchisio: centra l’atteggiamento tattico. In ultimo, a costo di essere ripetitivi, c’è l’annosa questione del top player. La Juve fa un gol ogni 7 tiri; Quagliarella cerca solo gol difficili mentre Vucinic e Giovinco sbagliano sempre troppo. Matri non pervenuto. In gare come queste, serve un attaccante di rapina che sblocchi le partite quando sei in difficoltà. Serve aggiungere altro?
Che la Lazio abbia vinto con un gol non limpido e con un autogol da Circo Togni è sotto gli occhi di tutti. Ma le statistiche suggeriscono anche altro. I biancocelesti hanno sofferto contro l’Atalanta solo il vantaggio territoriale (58 contro 62%). Per il resto, è tutto in favore della squadra di Petkovic: 54% di possesso palla, 4 tiri in porta a 1, 86% di passaggi positivi contro il 78%, 52% di contrasti vinti contro il 48%. Questo significa che durante le vacanze natalizie la Lazio non ha perso la sua caratteristica principale, cioè quella di essere quadrata e cinica e di non mollare mai. Un cinismo accompagnato da un centrocampo di piedi buoni (Hernanes, Ledesma, Mauri, Candreva) che permette a Petkovic di lavorare sulla squadra in corsa. Dopo che il 4-1-4-1 del primo tempo non dà frutti grazie a un’Atalanta che si copre a oltranza, nella ripresa la Lazio si trasforma prima con un 3-4-3, poi con un 3-5-2 con il quale risolve la gara. Certo c’entr la fortuna, ma si sa che questa va propiziata.
Se metà Roma sorride, l’altra da ridere ha poco. La Roma cade anche contro il Catania. Dopo 5 vittorie su 6 gare prima di natale, ora 2 ko consecutivi. Guardi i numeri del match e pensi che i giallorossi abbiano vinto facile: 61% di possesso palla, 53% di vantaggio territoriale, 25 cross a 15, 34 dribbling a 26, 501 passaggi a 313, 81% di passaggio positivi contro il 75%, 76 contrasti vinti a 67. E invece ha vinto il Catania. La Roma ha giocato un grande primo tempo, nonostante l’assenza di Totti, grazie a pressing e verticalizzazioni. Ma tre sono i peccati mortali dei giallorossi. Il primo: non avere coperto a dovere su Gomez, l’unico a fare davvero male tra i siciliani nel primo tempo. Non a caso è suo il gol vittoria. Due: dopo la rete subita, la squadra si è sfaldata. Serviva un uomo d’ordine, esperienza e aggressività a centrocampo. Dov’era De Rossi? In panchina. Zeman lo ritiene un incontrista (proprio quello che ci voleva!) che può giocare se c’è Pjanic, non se c’è Florenzi (che con i suoi inserimenti lascia mezzo centrocampo scoperto…). Tre: la squadra ha sprecato troppo in attacco, ma senza Osvaldo come punto di riferimento, per Destro è più dura.
Clamoroso in casa Milan: El Shaarawy ha deluso. Il talento italo-egiziano ieri sera a Genova ha giocato sotto i propri ritmi abituali e guarda caso il Milan non ha fatto gol. Allegri ha puntato su un tridente ‘sessantenne’: accanto al ‘Faraone’ c’erano Bojan e Niang. Il secondo non ha fatto male ma ha ancora pochi minuti nelle gambe, il primo è tanto se piglia 5 in pagella. E se El Shaarawy è giù di giri (può capitare, ci mancherebbe) il Milan resta a reti bianche. Ma ci resta anche perché il tridente non è ben rifornito: mancano i palloni, manca il gioco, ma manca anche l’ossigeno tolto dal pressing imposto ai rossoneri da Delio Rossi, con Poli e coprire e Obiang con il compito di tagliare in mezzo così come fatto allo Juventus Stadium. Il Milan può solo metterla sul possesso palla (60%) e sui passaggi (524 a 348), in attesa di un lampo: Niang ne accende un paio, Boateng in serata no sbaglia un gol clamoroso, Bojan convince di più come boa a centrocampo ma non incide. E’ ancora troppo poco, per poter sperare in un miracoloso terzo posto.
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