Cosa ne pensa il professor Monti degli scenari di probabilità? E dei costi che il sistema bancario impone a enti e imprese? In una parola, cosa ne pensa Monti del diritto alla trasparenza del cittadino-risparmiatore? Chiarire la sua posizione sul punto potrebbe dare concretezza alla sua agenda, fare chiarezza sulla sua collocazione come moderato, e stabilire addirittura un tavolo di lavoro comune con la Cgil, dove la Cgil è tutt’altro che conservatrice.
La polemica politica sta infuriando, e si sviluppa intorno al signor Rossi come lavoratore e pensionato, piuttosto che come risparmiatore e cittadino. L’esito è una discussione monca. C’è il signor Rossi che teme per il futuro del suo posto di lavoro e della sua impresa, per la sua pensione e la sua vecchiaia, per i suoi figli e il loro ingresso nel mercato del lavoro, per la pressione fiscale che lo attanaglia. Sono ovviamente le preoccupazioni principali di un uomo e della sua famiglia. Ma è facile vedere che se il discorso si ferma qui resta una lamentela, giusta, piuttosto che un programma politico.
La ricetta Fassina è ripartire dal lavoro. La ricetta Zingales è ripartire dalla concorrenza. Lavoro e concorrenza sono concetti alti, ma sono i fini, e non i mezzi, di un programma politico. Per Fassina il mezzo è l’intervento pubblico, per Zingales il mezzo è la mano invisibile. Ma l’intervento pubblico richiede che Fassina convinca l’Europa ad aumentarci la paghetta, mentre della mano invisibile dopo questa crisi si intravede ormai solo il dito medio. Insomma, sia che si riparta dal lavoro, sia dalla concorrenza, sia che decidiamo di ripartire tutti da casa mia, il problema di fondo è: dove sono i soldi?
Qui entra in gioco il signor Rossi come risparmiatore. I soldi per il suo futuro, e per il suo presente, possono venire dal mercato del capitale di rischio e di debito, che nel nostro paese è da sempre asfittico, o dall’intermediazione bancaria. Ma anche le banche oggi hanno più problemi di un punkabbestia a tirare su i soldi. E si sbattono con tutta la creatività di cui sono capaci per costruire fonti di finanziamento stabile. Senza questa stabilità non hanno la possibilità di finanziare l’economia, o hanno un buon alibi per non farlo.
Per trovare i soldi le banche hanno provato le suggestioni pubblicitarie di zucche e cerchi magici. Hanno utilizzato operazioni di ingegneria finanziaria quasi mistiche emettendo titoli e trasformandoli in depositi con l’offerta di patti di riacquisto: una sorta di miracolo di Canaan al contrario, in cui il mosto denso viene cambiato in acqua pura (liquidità, appunto). Ma alla fine della fiera c’è sempre lui, il signor Rossi, che deve investire su questi titoli e si chiede se queste operazioni siano magia bianca o magia nera. E nell’incertezza, il signor Rossi non investe la ricchezza che gli resta, e non investendo non trasferisce questa ricchezza ai propri figli. Per questo la questione della trasparenza è essenziale e solleva una domanda centrale a Monti e alla sua agenda: professor Monti, lei è d’accordo a richiedere che le banche e gli altri intermediari comunichino al signor Rossi la probabilità di perdita su un investimento e una stima della quantità di tale eventuale perdita?
Poi c’è il signor Rossi come cittadino di una comunità che fornisce (bene o male, e al momento più male che bene), servizi e realizza opere pubbliche. Ma al di là della qualità dei servizi e delle opere, c’è ancora il problema di come si tirano su i soldi. E anche qui l’alternativa è ricorrere alle banche, finanziate dal signor Rossi, o al signor Rossi direttamente. Ma in questo ultimo caso, i requisiti di regolamentazione, imposti principalmente per far sì che la politica non dirotti i fondi a usi impropri e/o trasferisca i debiti alle gestioni future, hanno complicato di molto le cose. E hanno richiesto l’intervento delle banche, nella qualità di strutturatori, collocatori e consulenti per il finanziamento degli enti pubblici.
Il risultato sono stati esempi di ingegneria finanziaria “nera”: prodotti nocivi, o nella migliore delle ipotesi prodotti “placebo” (prodotti finanziari inutili), in ogni caso piazzati a prezzi da capogiro. E, come in tutti i casi di magia nera, la fattura (che in questo caso unisce i due significati di maleficio occulto e “onorario”) può essere scoperta solo dai maghi, e alla fine spetta ai “babbani” come il signor Rossi pagarla.
Per consentire che anche su questo la magia bianca venga separata dalla magia nera, c’è un regolamento ministeriale che giace al Ministero dell’Economia ormai da quattro anni, e che prevede tra l’altro trasparenza dei costi e la comunicazione da parte delle banche della probabilità che un’operazione finanziaria aumenti il costo del debito, e di quanto eventualmente lo aumenti. Professor Monti, lei pensa che questo regolamento debba essere ripreso e emanato, o che debba essere abbandonato?
In conclusione, oggi il mondo dell’intermediazione finanziaria è molto più complesso del modello Monti-Klein che abbiamo studiato a scuola (e che abbiamo ammirato). Oggi per invogliare i miei studenti a seguirmi in una descrizione dell’intermediazione finanziaria, utilizzo una parafrasi che ricorda la savana: “ogni giorno uno strutturatore si sveglia e disegna un prodotto finanziario per un risparmiatore, ogni giorno un risparmiatore si sveglia e mette i suoi soldi su un prodotto finanziario: l’importante non è che tu sia strutturatore o risparmiatore, l’importante è che tu sia sveglio”. Ma essere svegli non basta. Ci vuole trasparenza. Nell’agenda Monti, il termine trasparenza compare cinque volte, ed è riferito ai costi e al funzionamento della politica.
Assicurare trasparenza ai costi della politica è un proposito di rilevanza esemplare; assicurare trasparenza nell’intermediazione finanziaria è un proposito di rilevanza sostanziale. Senza trasparenza nell’intermediazione finanziaria non è possibile distinguere la buona banca dalla banca cattiva. Senza trasparenza nell’intermediazione finanziaria il signor Rossi è scoraggiato a investire, perché non ha una percezione chiara dei rischi che corre. Insomma, senza trasparenza non si riparte da nessuna parte.
Professor Monti, ci dica se è d’accordo con il principio degli scenari probabilistici. Noi pensiamo di sì, e questo le consentirà di trovare un piano comune su cui sia lei che la Cgil sarete tutt’altro che conservatori. La Cgil, infatti, come documentato qui su Linkiesta da Lorenzo Dilena, si è già schierata, nei fatti, con la trasparenza: una Cgil non conservatrice, almeno su questo. Lo faccia anche lei. Ci dimostri che neppure lei è conservatore, neppure su questo punto. In attesa di un cortese riscontro, il signor Rossi ed il sottoscritto le porgono cordiali saluti.
*Umberto Cherubini è ordinario di Finanza matematica all’Università di Bologna. Contributo originariamente pubblicato sul suo blog.