Se un elettore di sinistra dovesse ascoltare la Finocchiaro proprio quel sabato sera che precede il grande giorno del voto (la placida domenica mattina in cui, come racconta Gaber, non piove mai), come si comporterebbe poi nel segreto dell’urna, tappandosi il cervello e votando comunque Pd, oppure optando per la vecchia, cara opzione Craxi che consigliava gitarella al mare con relativo spaghetto alle vongole?
Sono quelle scene che ti fanno girare immensamente le scatole. E che definiscono plasticamente quel territorio esclusivo, già patrimonio di un certo aristocratico Pci, in cui racchiudere ancora (e sempre) una certa sinistra italiana, alla quale è affidata l’impossibile impresa di coniugare il sentimento popolare anti-casta con la necessità di mantenersi snobisticamente distaccato dal medesimo. E quale sintesi più alta si potrebbe intercettare, secondo la presidente dei senatori Pd che a “Porta a Porta” si confronta amabilmente con la Gelmini sul ruolo delle deputatesse, se non che «qui stiamo parlando di parlamentari della Repubblica, mica di bidelle», ovviamente «con tutto il rispetto per un lavoro importantissimo»?
Da sottolineare, per prima cosa, lo scandalo in differita. Avviene un bel po’ di giorni fa nel salotto di Vespa e assume forma compiuta soltanto oggi, dopo che la Rete lo ha ben rimasticato, espellendolo come un nuovo nato ben sei giorni più tardi. Laterali, due considerazioni: la prima è che del maiale internet non butta nulla, quindi il “reato” non va mai in prescrizione, né morale né materiale, la seconda è che ogni forma di discriminazione, anche nel gioco lessicale delle espressioni più correnti, appare (più) insopportabile sulla bocca di un politico il cui credo fonderebbe su equità e rispetto sociale.
Qui forse sta il vero problema. È più insopportabile ascoltare Berlusconi che racconta delle “buone cose” di Mussolini, leggi razziali a parte, o sentire la signora Finocchiaro che sottolinea in maniera disinvolta la differenza (di censo e di casta) tra un parlamentare della Repubblica e una bidella
L’enormità del primo argomento non è ovviamente in discussione, dovendosi rapportare con il dolore e le atrocità della storia. Ma perdonate se faccio la tara sul mio, di comportamento. Mentre ho liquidato la faccenda Berlusconi con un conclusivo (almeno per il sottoscritto) «la solita coglionata già sentita…», mi sono chiesto più e più volte come potesse uscire da una persona molto intelligente come la signora Finocchiaro un’espressione così sgradevole. Perché considero il vivere il proprio tempo con consapevolezza, molto più importate che sparare giudizi avventati sulla storia.
Peraltro, la presidente dei senatori Pd non è nuova su questi schermi, già protagonista tempo fa di alcune foto in cui venne immortalata attorniata dalla sua scorta che le trascinava amabilmente il carrello in un grande magazzino.
Oggi, duemilatredici, mi faccio ancora questa domanda ingenua, forse finto ingenua, da totale sprovveduto, fate voi: ma a una persona di sinistra non andrebbe richiesto un surplus di sensibilità, un’attenzione quasi certosina alle disparità sociali, non gli toccherebbe l’onere di una certa qual responsabilità anche nel modo di parlare? E se vogliamo proprio stare all’episodio “incriminato”, ciò che appare davvero sorprendente – rispetto al sentimento dominante – è che Anna Finocchiaro non abbia capito che, anche solo per un egoistico ritorno d’immagine, sarebbe valso di più celebrare la fatica di una bidella che non metterla a confronto con l’inarrivabile carriera di una deputatessa.
Spunta una domanda finale, giudicate voi quanto inquietante. Ma non è che su certi aspetti (decisivi) della nostra vita, la sinistra non ha niente di diverso dalla destra?