Napoli ha la stazione della metro più bella d’Europa. Basta trovarla

Napoli ha la stazione della metro più bella d’Europa. Basta trovarla

Nella quasi immobilità dei mezzi pubblici napoletani, ce n’è uno che continua a funzionare con regolarità: la metropolitana. Certo, al netto degli allagamenti in caso di piogge appena appena abbondanti, o le corse a distanza di 20 minuti annunciate candidamente da altoparlanti e display. Ma funziona. Non solo: vanta dei piccoli gioielli che ci invidiano nel mondo. Un esempio? La Stazione Toledo. Nuova di zecca, meno di un anno di età e, però, non facilmente raggiungibile dato che non esistono cartelli o segnaletiche che mostrino a cittadini e turisti come fare a prendere il treno giusto per arrivarci. Misteri napoletani.

Situata sulla linea 1 della Metropolitana di Napoli, nel centro storico, la stazione Toledo è una delle cosiddette “stazioni dell’arte”. Il sito internet del Daily Telegraph di Londra l’ha definita la stazione più bella d’Europa. Progettata dall’architetto spagnolo Oscar Tusquets Blanco, e inaugurata nell’aprile 2012, è entrata effettivamente in funzione solo cinque mesi dopo per ritardi dovuti alla presenza di una falda acquifera sottostante: l’acqua è una delle caratteristiche di Napoli, insieme ai vuoti presenti nel sottosuolo di tufo.

Maestosa, nitida, stupefacente. All’ingresso, su via Diaz, campeggia la statua equestre ideata da William Kentridge, “Il cavaliere di Toledo”, alta sei metri e realizzata interamente in acciaio Corten. I passeggeri vengono accolti da tre strutture esagonali rivestite da piastrelle blu e ocra che fanno da lucernari all’atrio della stazione, anticipando le tonalità dell’interno. L’ascensore è rivestito da pannelli di vetro, la scala mobile ha una copertura ondulata, lungo tutto il tratto per arrivare ai treni sono sistemate sedute. Quasi al centro di via Diaz un quarto lucernario, cilindrico, decorato a mosaico e illuminato di blu.

All’interno, due grandi mosaici di Kentridge, opera di Costantino Aureliano Buccolieri. Il primo raffigura persone in movimento, tra cui lo stesso autore e San Gennaro e, sullo sfondo, riferimenti a Pompei e al Vesuvio, oltre a mappe topografiche della città. Nell’atrio sono state valorizzate e illuminate in modo suggestivo parti della struttura muraria aragonese rinvenute durante gli scavi. Scendendo le scale mobili, sulla parete di fronte, un secondo mosaico, raffigurante due persone che trainano un carretto: i simboli ricorrenti sono quelli della Repubblica napoletana del 1799. Sullo sfondo, stavolta, i progetti di bonifica di alcuni quartieri napoletani. 

Dopo le prime rampe di scale, ricoperte da mattonelle ocra che richiamano il tufo napoletano, si passa nella galleria del mare di Bob Wilson: un ambiente interamente mosaicato con motivi marini. L’effetto visivo è quello del mare in movimento, grazie anche ai pannelli laterali che riproducono la lentezza delle onde. Lungo le pareti della scala mobile, le fotografie di Achille Cevoli raffigurano i lavori di costruzione del tunnel della metropolitana. 

Lo spettacolo è suggestivo, molto. E la pulizia della struttura, complice l’anno di vita, fa il resto. Però. C’è un però, per nulla secondario. Da qualsiasi stazione prendi la linea 1 della metro, la stazione Toledo non è segnalata. Se sai dove scendere per prendere il treno che ti ci porta, bene, sennò l’unica cosa che ti resta da fare è chiedere, o procedere per tentativi. Non un cartello, un’indicazione, neppure attaccata con lo scotch sui pannelli che indicano il percorso e le fermate, non un display luminoso a segnalare come si arrivi alla stazione Toledo, la più bella d’Europa. Neppure all’esterno, in prossimità di via Diaz, sulla strada. Nulla. 

Faccio una prova fingendomi una turista. Prendo la metro dalla collina del Vomero, stazione Vanvitelli. Chiedo come si arrivi a Toledo: molti passeggeri neppure mi rispondono, non lo sanno. Intanto, in un piovoso venerdì di gennaio, si accodano a me quattro turisti, che prima di incontrarmi vagavano spaesati alla ricerca dell’indicazione giusta. Finalmente un controllore ci dice che la fermata giusta è l’ultima: Dante. Arrivati a destinazione, in prossimità del cartello che rinvia all’uscita, un miraggio, l’indicazione “Università”. Che non è Toledo, ma per chi vive a Napoli può lasciare intendere l’avvicinarsi alla zona universitaria, poco più giù di via Toledo, appunto. Ma solo se vivi a Napoli, altrimenti è come se ti indicassero Timbuctù.

La freccia dice di scendere un piano. Finalmente un pannello: sono indicate le fermate fino all’Università, e in mezzo c’è Toledo. Ma è grigia, non in evidenza. Il dubbio che il treno non ci arrivi o non ci si fermi mi assale. Sotto, sui binari continua a campeggiare solo la scritta “Università”. Chiediamo ai pochi studenti in attesa del treno e ci rispondono che Toledo dista solo una fermata. In lontananza, un treno giallo, di quelli già in uso sulla linea 1, non nuovo, insomma. All’interno, nulla. Non un’indicazione. Cioè, sì, ma sono quelle della linea 1, il solito pannello che riporta le stazioni da Piscinola a Dante, come se dopo Dante ci fosse solo l’inferno, oltre agli altri due gironi. Di “Toledo”, “Università” o altro, neppure l’ombra.

Una ragazza napoletana accanto a me se ne accorge e chiede spaesata se il treno arriva a Toledo. I passeggeri, annoiati, le rispondono di sì. Finalmente l’altoparlante: «Prossima stazione, Dante». Un brivido percorre le nostre schiene. Ma come Dante? Stiamo forse tornando indietro? No, stiamo andando nella direzione giusta, ma anche gli altoparlanti si riferiscono alla linea soprastante, la 1, che va da Piscinola a Dante e viceversa. E basta.

A Napoli funziona così: hai un gioiello? Lo butti nel dimenticatoio, che poi magari diventa spazzatura, sennò non vale. Intanto il treno si ferma. Sono a Toledo. Sulla banchina finalmente il pannello segnala che mi trovo nella stazione giusta. I miei occhi ringraziano. La stazione è stupenda. 

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