Olivero: “Noi cattolici? Decisivi come sempre”

Olivero: “Noi cattolici? Decisivi come sempre”

Dopo Todi II, sembrava che il mondo cattolico fosse destinato a un appoggio quasi trasversale all’agenda politica stilata da Mario Monti. Dopo l’annuncio della “salita” in politica del premier, tuttavia, l’arcipelago dei movimenti cattolici ha nuovamente tirato il freno a mano e da più parti sono arrivate prese di distanza dal progetto montiano, pungenti come stilettate. Andrea Olivero è stato dal 2006 al 2012 presidente delle Acli, una delle più articolate e influenti realtà ecclesiali in Italia. Oltre 997.000 iscritti, presente in tutte le regioni con 106 sedi provinciali, 7.486 strutture territoriali, 3.137 circoli. Si è dimesso a metà dicembre per candidarsi nella lista “Scelta Civica con Monti per l’Italia”.

Professor Olivero, perché si è già raffreddato il rapporto tra i movimenti cattolici e Monti? Non abbiamo mai pensato di ricompattare il fronte cattolico che, nella sua libertà, è composito e autonomo. A Todi alcune organizzazioni avevano posto l’attenzione su una serie di problemi del Paese, a partire da quelli sociali. Per noi l’urgenza era trovare soluzioni percorribili. Da qui la richiesta di dimissioni di Berlusconi e il sostegno all’incarico a Monti. Non si può dire che da quando quest’ultimo è salito in politica, i rapporti si siano raffreddati. Anzi, l’impegno per molti è divenuto diretto, come dimostrano le candidatura di esponenti di quelle organizzazioni che erano presenti a Todi e di responsabili di altre realtà cattoliche, da Luigi Marino di Confcooperative, al prof. Lucio Romano di Scienza e Vita, da Mario Sberna dell’Associazione delle famiglie numerose, a Giorgio Guerrini, che corre con l’Udc. Io stesso che sono capolista al Senato in Piemonte.

Lei ha da poco lasciato la presidenza delle Acli per schierarsi con la lista di Mario Monti, in coalizione con l’Udc e Fli. Pensa che la struttura organizzativa delle Acli sosterrà la sua candidatura e il progetto di Monti? Ho molto rispetto per le Acli, di cui sono stato presidente ma dalle quali mi sono dimesso ben prima di accettare la candidatura, e in generale credo nell’autonomia delle organizzazioni sociali. Non ho intenzione di chiedere nulla alla struttura organizzativa delle Acli. Mi basta – e ne sono certo – che abbiano capito le mie ragioni, il mio impegno in politica. Chiedo loro di spronarmi e seguirmi, col sostegno o con la critica. Entrambe sono utilissime per rinnovare la politica.

Il governo Monti ha fatto precise scelte in materia di mercato del lavoro, liberalizzazioni del commercio, pensioni. Misure molto lontane dall’entroterra culturale e politico delle Acli. Dove si incontrano le idee sul futuro del paese di Monti e di Olivero, ex presidente delle Acli?
Non ho risparmiato critiche, quando ero presidente, sugli aspetti che non mi convincevano dell’operato di governo, in particolare sul tema dell’equità, ma non ho riscontrato visioni opposte. Al contrario, abbiamo condiviso la scelta strategica della serietà e del rigore, per evitare al Paese – e quindi ai più poveri, ai salariati, ai pensionati – di vivere esperienze simili a quelle capitate ai cittadini greci. E sul mercato del lavoro abbiamo accolto con favore la scelta di spostare le tutele verso le giovani generazioni. Ciò che è mancata, piuttosto, è la progressività dei processi, a causa dell’urgenza imposta dalla crisi. Ma questa non è imputabile a Monti, quanto piuttosto all’ignavia di chi lo ha preceduto.

Non pensa che la base delle Acli sia più orientata a sostenere il Partito Democratico, così come è avvenuto sino ad ora?
La storia delle Acli è un po’ più articolata di come alcuni oggi la dipingono. I miei predecessori si sono candidati nella Dc per molti anni, fino agli anni Novanta, poi nel Partito Popolare, quando si opponeva alla gioiosa macchina da guerra di Occhetto, infine nella Margherita e poi nel Pd. Il cattolicesimo sociale si ritrova da sempre nel centrosinistra, ma la casa specifica può essere differente nelle diverse stagioni. La base associativa lo sa ed è sempre stata autonoma nelle sue scelte e giustamente gelosa della sua indipendenza.

I cattolici in Italia spostano ancora masse rilevanti di consenso? 
Masse di voti no di certo, ma i cattolici praticanti sono la parte dell’elettorato più mobile e sono stati decisivi in tutte le elezioni della Seconda Repubblica. Eppure veniamo da un lungo periodo di irrilevanza politica dei cattolici, che non credo abbia giovato all’Italia intera. La mancanza di un apporto specifico di culture politiche cattoliche, non di lobby confessionali – sia pure senza il partito unico, ormai tramontato – credo vada colmata.

I movimenti cattolici l’hanno delusa per la mancanza di coraggio in fatto di scelte puramente politiche in questa cruciale campagna elettorale?
Sono numerosi i credenti che partendo dalla società civile oggi si impegnano direttamente in politica, nella nostra lista o nelle altre. E questo è senz’altro un bene. Ovviamente ciascuno agisce secondo la propria coscienza, va da sé. Il fatto che altri scelgano la strada dell’impegno nel sociale e della formazione non vuol dire mancanza di coraggio, anzi. Ai cattolici compete far politica, ma non solo nelle istituzioni.

Perché il premier Monti ha deciso di non aggregare nella sua coalizione anche il Popolo delle Libertà? In fondo il Pdl è stato l’azionista principale del governo dei tecnici e lo stesso Silvio Berlusconi ad un certo punto ha chiesto a Monti di essere il federatore dell’area moderata.
Salvo poi repentinamente cambiare idea: Berlusconi ha poi criticato aspramente il professore cui aveva offerto il ruolo di federatore. A parte tutto, credo che il senatore Monti intenda scardinare il tradizionale asse destra-sinistra per privilegiare le componenti riformiste, quelle che vogliono il cambiamento del Paese. Evidentemente sia nella sinistra che nel Pdl sono moltissimi quelli che vogliono la conservazione dello status quo. Fin dal principio Monti ha chiarito che scelta civica non è la casa dei moderati, sempre che Berlusconi ed i suoi siano tali.

Il ministro Riccardi è uno degli esponenti più in vista dell’associazionismo cattolico. Così come il leader di Italia Futura, Luca Cordero di Montezemolo e Raffaele Bonanni, ha deciso di non candidarsi. Sono pezzi importanti di quella società civile che chiede il rinnovamento della politica. Perché non si sono candidati?
Guardi, il ministro Riccardi ha sempre detto che non si sarebbe candidato. Per motivi personali, non per ragioni politiche. Mi sembra però che non abbia mai fatto mancare il suo sostegno per il rinnovamento della politica anche in queste ultime settimane. Lui, come gli altri promotori del movimento civico, sono sicuro che non faranno mai mancare il loro appoggio.

Con “Fermare il Declino” di Oscar Giannino non avete trovato un accordo. Divergenze sul programma troppo liberale di Fid o questioni personali? 
Divergenze programmatiche, null’altro. In effetti il programma di “Fermare il Declino” aveva parti interessanti ed apprezzabili, ma su alcuni tratti mostrava elementi di liberismo non conciliabili con le culture presenti nella nostra lista.

Sarà Mario Monti a scardinare il ventennale bipolarismo muscolare sinistra contro Berlusconi? 
Questo è quello che Scelta civica auspica. Occorre che la politica smetta di lavorare per contrapposizioni e si concentri sulle esigenze del Paese. Si devono abbandonare le ideologie astratte e lavorare per l’Italia, per il bene comune. Non perché tutto sia uguale, ma perché solo con la sintesi coraggiosa tra culture diverse si cambia e si rimettono in moto l’Italia e l’Europa.

Se i numeri nelle due Camere costringessero ad accordi di grande coalizione post voto, troverebbe più difficoltà a governare con la sinistra di Nichi Vendola o con il centrodestra? 
L’indicazione l’ha data il senatore Monti quando ha detto: «Abbiamo presentato l’Agenda Monti proprio per verificare la capacità attrattiva che poteva esercitare sulle diverse forze politiche». In altri termini, noi non abbiamo nessun pregiudizio se non verso i populismi, in particolare anti-europei. Auspichiamo un confronto vero tra le proposte concrete. Per noi la bussola sono le idee, non gli schieramenti. E non è tattica, glielo assicuro.

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