Beppe Grillo gioca con le 5 Stelle sul camper utilizzato per il tour elettorale
BRESCIA e LECCO – Nel linguaggio dei militanti del Movimento 5 Stelle domina lo stupore. A loro questa nostra realtà fa schifo, e si stupiscono sempre che le cose non vadano come dovrebbero. Man mano che vanno avanti con l’impegno in politica, però, alla narrazione dello stupore deve affiancarsi – o sostituirsi – quella dell’esperienza. E se è stato e resta ovvio attaccare i grandi capitani – più o meno coraggiosi – dell’aziendalismo italico, il territorio umano dove devono catturare voti comprende anche le popolose fanterie di piccoli e medi imprenditori della provincia italiana, soprattutto al Nord. Gente delusa e inguaiata dalla crisi, a cui bisogna fare domande e saper dare risposte.
A Brescia il meet up locale ha deciso di provarci. Il 19 ottobre scorso uno degli attivisti, Flavio Firmo, ha annunciato in bacheca:
❝ Per avere una maggiore apertura mentale sui problemi della città vorrei proporre degli incontri con gli imprenditori. Abbiamo già fatto qualcosa in primavera, ma ora andrebbe perseguito con più forza. Questa sera in assemblea presenterò un paio di idee, ma se qualcuno vuol dare il suo contributo già sul meetup è sempre gradito.
In linea di massima ricordiamoci che raramente l’imprenditore vuole essere coinvolto in prima persona (e quando lo vuole è pericoloso). Semplicemente vuole esporre i suoi problemi e proporre delle soluzioni. La mia idea sarebbe di lanciare un paio di incontri dove noi stiamo semplicemente ad ascoltare. ❞
Gli incontri sono iniziati, un po’ rallentati da Parlamentarie, Regionalie e Firma Day. Il primo si è tenuto il 6 dicembre nella piccola sede bresciana del Movimento e questo sotto è il resoconto preparato per gli attivisti non presenti:
❝ Resoconto dell’incontro con gli imprenditori:
le osservazioni emerse sono state:
– eccessiva pressione fiscale (68%). Ormai le imprese non riescono più a sostenere questo carico.
Oltre a ciò il problema sta nella CONCORRENZA SLEALE di quelle imprese che non lavorano in regola ed offrono servizi a prezzi più bassi. Un’azienda che paga regolarmente le tasse, investe in formazione dei lavoratori e sicurezza si trova in difficoltà perché non riesce ad essere competitiva
La richiesta è quindi di ARGINARE LA CONCORRENZA SLEALE attraverso lo strumento del controllo;
è necessario inoltre un CAMBIO DI MENTALITÀ cioè pagare tutti le tasse per pagare meno.
Le imprese di fronte a questo carico fiscale finiscono per spostarsi in altri Paesi come ad esempio la Svizzera, dove c’è maggior controllo e mentalità diversa (tutti pagano le tasse), dove i servizi funzionano e le aziende possono godere di incentivi considerevoli per stabilire la propria sede come finanziamenti parzialmente a fondo perduto, sgravi fiscali per le assunzioni per 5 anni, una politica industriale seria.
– irregolarità nella concessione di permessi/appalti/concessioni da parte della pubblica amministrazione.
– problema legato allo smaltimento di imballi (fatto presente da un imprenditore del settore arredamento) il cui smaltimento rappresenta un costo.
– consumo energetico: l’Italia è un Paese energivoro, è necessaria una politica energetica, alla base di un piano industriale, che permetta alle imprese di investire in risparmio energetico ed abbassare così i costi.
– Investimenti in innovazione: gli incentivi permettono di alleggerire il carico fiscale; meglio quindi investire in innovazione piuttosto che pagare gli stessi soldi in tasse.
– con la “primavera araba” l’Italia ha perso negli ultimi anni un grande mercato di sbocco rappresentato dai Paesi dell’area Sud del Mediterraneo: Libia, Tunisia, Algeria, Egitto e Marocco.
– è necessario investire nelle ECCELLENZE. In Italia abbiamo delle eccellenze riconosciute in tutto il mondo che vanno valorizzate. L’impresa deve essere vista come un PATRIMONIO SOCIALE in quanto porta valore aggiunto all’intero Paese.
– Necessità di puntare sui GIOVANI, coltivando i nuovi talenti
– Manca un canale diretto tra domanda di lavoro da parte delle imprese ed offerta. Molte imprese cercano figure professionali specifiche e non riescono a trovarle. Inoltre bisogna recuperare determinate competenze che si stanno perdendo, attraverso la formazione mirata in base alle necessità del mercato del lavoro. ❞
Ed eccolo Flavio Firmo, bresciano classe 1969, grillino e imprenditore. Ha una ditta di infissi a Castel Mella, ex roccaforte leghista (leggi il reportage de Linkiesta da Castel Mella, ndr). Una piccola azienda con tre soci e sei o sette dipendenti che fa serramenti in alluminio e in pvc. A lui è venuta l’idea degli incontri con gli imprenditori e spiega: «Arrivano due tipologie di persone. Quelli che pensano “questi qui, bene o male, prendono un sacco di voti e dovremo farci i conti, quindi andiamo il prima possibile a farceli amici” e che hanno fatto così, nel tempo, con tutti i nuovi partiti, con la Lega e anche con l’Idv. E quelli delusi da tutti, schifati dai partiti, e quindi animati da curiosità vera nei nostri confronti».
Sulle ricette del Movimento 5 Stelle per l’impresa spiega: «Non esistono ancora, a livello nazionale, vere e proprie posizioni ufficiali. Si possono desumere a calata da posizioni più generali. Insomma, uno che inquina non è buono. Uno che fa energia verde si presta di più a diventare nostro amico. Ci accusano di dire sempre no. È falso. Ogni nostro no è un sì. Se diciamo no all’energia nucleare, diciamo sì alle energie pulite e rinnovabili. Se diciamo no al consumo di suolo, e quindi no a nuove concessioni edilizie, diciamo sì alle piste ciclabili, alle infrastrutture sostenibili, alle ristrutturazioni delle vecchie costruzioni (con tanto di miglioramenti tecnologici per ridurre il fabbisogno energetico), alle riqualificazioni degli edifici (ex industriali, ex caserme in dismissione). Vogliamo far ripartire con strumenti nuovi un’edilizia in crisi nera».
E per le Pmi promette «proposte creative, anche molto innovative». «Al momento», dice, «il programma è ancora un po’ indietro (leggi qua una parte del cantiere delle proposte economiche del M5S, ndr), ma dibatteremo alcune idee per condurre a un maggiore senso civico. Oggi se un imprenditore rispetta tutte le regole, spende molto di più di un collega disonesto. E – non nascondiamocelo – se si è spregiudicati, spesso conviene pagare l’eventuale sanzione: si risparmia comunque! Allora perché, per esempio, quella multa, invece di essere incassata dallo Stato e finire chissà dove, non viene vincolata a uno scopo e rimane sul territorio e finisce come sussidio (una specie di “multa positiva”) per chi invece le regole le rispetta?
Un altro imprenditore grillino che sta lavorando per creare un ponte con i colleghi è Francesco Orrù, 48 anni, di Lecco, in lizza per un posto da consigliere regionale lombardo. «Nel Movimento 5 Stelle porto la mia esperienza», spiega, «che viene da anni in una multinazionale (Microsoft) e da altri come imprenditore, con alle spalle varie start up sia nell’information technology che, più recentemente, nella mobilità elettrica su due ruote. In Microsoft seguivo proprio le Pmi e quindi conosco bene le loro problematiche. Tutti i partiti ne parlano in campagna elettorale, ma poi, una volta al governo, se le dimenticano e seguono gli interessi e l’agenda delle grandi aziende. E pensare che la stragrande maggioranza delle nostre ditte ha meno di 10 dipendenti, e quelle con più di 50 addetti sono pochissime».
Orrù batte soprattutto su una parola: start up. «La Gran Bretagna ha stanziato 60 milioni di euro per le start up. Il Cile 40 milioni di dollari per avere in tre anni almeno mille start up (dando 40 mila dollari l’una, insomma). In Italia abbiamo ottime iniziative, ma non azioni di sistema. Passera e i suoi collaboratori hanno lavorato su questo un anno, ma la montagna ha partorito un topolino. Lo scriva! Per le start up bisogna fare ancora di più. Se non lo fa Roma, allora facciamolo a livello regionale, in Lombardia. Facciamo una scommessa. Mi ci gioco una pizza. Vuol vedere che quando toglieremo il coperchio e metteremo dentro il naso, tra privilegi, sprechi, malversazioni riusciremo a trovare un tesoretto di svariati milioni di euro? Usiamo quelli come stimolo alle start up, a saldi invariati. Io sono stato tra i promotori della campagna Zero Privilegi, un progetto di legge popolare per il quale abbiamo raccolto ben 11mila firme in Lombardia. Solo andando a toccare quelle 80 persone (i consiglieri regionali) e i loro privilegi si potrebbero risparmiare 45-55 milioni di euro. In parte saranno da destinare a scuole e sanità, non così virtuose come si è raccontato negli ultimi anni, ma in gran parte diamoli alle start up per far ripartire il tessuto di imprenditorialità locale».
Sul tema, Orrù si infervora: «Un giovane, della possibilità di aprire una srl con un euro non se ne fa niente! È una pagliacciata! Quando hai il tuo business plan scritto su un foglio a quadretti, minimo minimo per partire devi cacciar fuori 30mila euro. Chi te li dà? Chi mette benzina nel motore? Dovremmo quanto meno dare a costo zero o a prezzi di favore le locazioni nella fase iniziale, ma anche i servizi legali e di consulenza del lavoro. Sapete quanto può essere complicata la gestione dell’Iva, o di un collaboratore? Basta sbagliare tanto così e partono delle sanzioni che ti stendono. O ancora… registrare un brevetto o un marchio è tutt’altro che semplice… Oggi ci sono bellissime eccezioni che ti aiutano. Noi vogliamo che diventi la regola».
Le risorse per le start up non andrebbero però trovate tutte nel pubblico, statale o regionale che sia. «In Italia», continua Orrù, «serve una innovazione di mentalità. Sarà perché sono cresciuto in una multinazionale dalla mentalità anglosassone, ma mi sembra del tutto logico che gli imprenditori concedano del credito ai loro pari. Secondo noi del Movimento 5 Stelle devono diventare linguaggio comune parole come crowd sourcing, “imprese che prestano alle imprese” e venture capitalism. Invece da noi, almeno a livello di comportamento diffuso, restano ancora fantascienza, e non possiamo accontentarci di poche realtà virtuose. Sono pochi quelli che credono in chi parte da zero, solo con la forza di nuove idee, e che sono disposti a finanziare (come accade in Gran Bretagna o in Israele) dieci progetti meritevoli, sapendo che otto o nove sono destinati a fallire. Ma che senza vergognarsi del fallimento (che non è uno stigma come da noi in Italia) sanno che il progetto che sopravviverà sarà destinato a ripagare anche quanto perso negli altri».
Orrù spinge sul fattore generazionale: «Nel Movimento 5 Stelle, la media di età è tra i 35 e i 40 anni. Se non incentiviamo noi l’imprenditorialità giovanile, chi può farlo? Di certo non lo faranno gli altri partiti. In Italia la cooperazione scuola/impresa fa ridere. Solo slogan. I cosiddetti poli tecnologici sono spesso solo riqualificazioni edilizie di zone da dove se n’è andata la grande industria novecentesca. Nel nostro paradigma generale, noi vogliamo non muoverci per ideologie, ma captare le istanze di chi fa; dei ceti operativi. Noi non siamo “i professori”. Noi non interpretiamo il Paese a tavolino. Andiamo direttamente ad abbeverarci alla fonte, sul territorio. Ci criticano spesso mettendo in contrapposizione da un lato valori e principi e dall’altra i compromessi che anche noi dovremo fare una volta eletti. Non è vero. Bisogna avere una visione sistemica, dove la politica fatta non è in contrapposizione con i valori enunciati; in cui le azioni sono coerenti con le parole. La Lombardia ha un enorme potenziale di crescita. Finora siamo stati saccheggiati dall’opportunismo di pochi».
Ma sulla crescita gioca il suo ruolo anche l’aspetto infrastrutturale. E il candidato governatore a cinque stelle Silvana Carcano ha scritto nelle sue intenzioni, al momento della pre-candidatura: «Favorirò la diffusione del modello della decrescita» e ha detto di voler «bloccare le nuove autostrade lombarde (Teem, Pedemontana, Rho-Monza)». «So bene», dice Orrù «che non ci sono solo i prodotti web, immateriali, come un nuovo algoritmo da vendere a Google. Ci sono anche frutti materiali dell’innovazione e dello sviluppo. E questi beni materiali devono essere traportati. Ma noi diciamo no alle grandi opere inutili come la Pedemontana che – intervistate gli imprenditori! – non serve a nulla o a poco per i loro bisogni. Servirà per un traffico preminentemente automobilistico, non ai tir. Non hanno senso queste direttrici orizzontali, ne servono semmai di verticali, verso il mare e verso il centro dell’Europa. Serve investire sul treno per ridurre il trasporto su gomma. Ma finora le scelte delle infrastrutture non ha mai tenuto conto delle reali esigenze delle imprese. Sono opere pensate oltre vent’anni fa. E perseveriamo su ipotesi superate, che alla base non hanno più senso intellettuale ed economico, ma solo interessi privati finanziari. Perché non favoriamo invece una sorta di chilometro zero industriale, di distretto, con trasporti locali che funzionino davvero, di modo che il denaro speso dalla piccola azienda brianzola resti sul territorio e ne rinforzi il tessuto e non se ne vada altrove. E poi ridiamo accesso al credito. Questo è un parere mio personale e non ancora discusso nel Movimento, ma credo che vadano alleggeriti i criteri di Basilea 2. Valutano in modo troppo algoritmico. Le banche non interpretano più il progetto imprenditorale, ma seguono parametri unicamente matematici, che favoriscono i patrimoni immobili più che le idee innovative».