Sembrava che le primarie per la selezione dei parlamentari, che si sono tenute il 29 e il 30 dicembre scorso, non avessero lasciato polemiche, e che fosse filato tutto liscio. D’altronde le dichiarazioni di alcuni big del Pd non lasciavano alcun dubbio. Anna Finocchiaro, prima classificata in provincia di Taranto, sprizzava di felicità: «Al di là del mio risultato personale molto positivo, quello che è importante sottolineare, mentre altri partiti si stanno scannando o si chiudono in interminabili vertici per scegliere i candidati, è che il Pd insieme a Sel ha dimostrato con queste primarie che c’è un modo sano e partecipato di fare politica». Sulla stessa lunghezza d’onda persino uno sconfitto di “lusso”, come l’ex segretario nazionale della Cisl Sergio D’Antoni, che ci aveva provato nel collegio di Palermo: «Un grazie a tutti quelli che hanno contribuito a realizzare questa grande festa della democrazia». Ma anche questa volta le polemiche non sono mancate, e si sono tradotte in ricorsi alle commissione di garanzia nazionale, che in queste ore sta svolgendo l’arduo compito di esaminare tutto quanto.
E se al nord la consultazione del Pd non ha creato malumori e polemiche (con l’unica e non irrilevante eccezione di Bologna), al Sud si sono verificati diversi episodi “discutibili” e “singolari”. Partiamo dal caso “Napoli”. Nel capoluogo campano partecipava alle primarie per il Parlamento Anna Maria Carloni, ai più conosciuta come la moglie dell’ex governatore della Campania Antonio Bassolino. Carloni ha raccolto 3.599 consensi, ma si è classificata al 16esimo posto, diversi posti sotto l’ultimo posto “utile” per accedere al Parlamento. Come fanno sapere a Linkiesta dallo staff della Carloni, «noi abbiamo presentato ricorso non perché vogliamo saltare da una posizione all’altra, ma perché è una questione politica». Il ricorso presentato da Anna Maria Carloni contesta «irregolarità che si sono verificate nel seggio di Giugliano», dove, come spiegano a Linkiesta, «il nostro rappresentante di lista non è stato riconosciuto, nonostante l’accredito, e dove ci sarebbero state più schede che votanti». Stesse anomalie si sono presentate anche nel collegio di Melito, in provincia di Napoli, e nel collegio di Ercolano che, stando ad una fonte de Linkiesta «è stato annullato dalla commissione di garanzia regionale». Eppure «la cosa incredibile resta il dato dell’affluenza record di Napoli città: la percentuale dei votanti alle parlamentarie sfiora il 90% dei votanti delle precedenti primarie per la premiership del centrosinistra. Un dato che cozza con la media nazionale del 29 e del 30 dicembre scorso. Nelle principali città italiane il dato definitivo sull’affluenza è rimasto fermo al 30% rispetto al ballottaggio fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi dello scorso 2 dicembre.
Spostandoci più a sud salta agli occhi il ricorso presentato e inoltrato da Mario Maiolo, candidato in provincia di Cosenza, che denuncia la non esistenza dell’albo degli elettori, né dell’elenco dei tesserati. Quindi, come spiega a Linkiesta lo stesso Maiolo, «i candidati non erano nelle condizioni di contattare gli elettori. Mentre il regolamento prevedeva che i candidati potessero contattare gli iscritti all’albo degli elettori». La commissione regionale di garanzia si è già pronunciata «ammettendo che non c’era l’albo – dice Maiolo a Linkiesta – e implicitamente avendo fatto le primarie ha individuato l’elettorato attivo». Ma Maiolo, che ha esteso il ricorso alla commissione di garanzia nazionale, lamenta anche che il dato sull’affluenza «risulta anomalo, avendo votato 26 mila persona in provincia di Cosenza: un dato gonfiato, enorme». Sempre in Calabria si sono verificate alcune anomale in provincia di Vibo Valentia, e in provincia di Reggio Calabria.
Francesco De Nisi, ex presidente della provincia di Vibo, e candidato alle primarie, non ha fatto alcun ricorso «perché non ho fiducia in chi valuta i ricorsi». Ma anche a Vibo Valentia e in provincia «non c’erano i registri degli aventi diritto al voto». E poi in alcuni comuni, come ad esempio a Fabrizia, «su un albo composto all’incirca da 100 elettori avrebbero votato più di 200 persone».
Scendendo ancora più a sud si arriva in Sicilia. Qui le polemiche e i ricorsi riguardano il collegio di Palermo, e quello di Caltanissetta. Nel capoluogo siciliano ha presentato ricorso la deputata uscente Alessandra Siragusa, che avrebbe riscontrato alcune anomalie nel comune di Godrano, in provincia di Palermo. Siragusa sottolinea come sia improbabile che un numero così alto di elettori si sia recato alle urne delle primarie e chiede l’accertamento calligrafico. D’altronde è un paese di 1.150 in tutto compresi i minorenni. «Come sia possibile – si domandano con Linkiesta – che abbiano votato 250 persone?».
Mentre in provincia di Caltanissetta Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro del governo D’Alema Totò Cardinale, ha presentato ricorso perché in un seggio di Gela «volevano riaprire un verbale, e ho chiesto l’intervento dei militari». E proprio nel collegio di Gela incriminato, raccontano a Linkiesta, si sarebbero verificato altre anomalie: «Poteva votare chiunque, anche senza documenti e anche senza essere iscritto al Pd. E a spoglio concluso sono spuntate dal nulla 50 schede tutte a favore dell’altro candidato Lillo Speziale. Una cosa allucinante. A questo punto perché farle le primarie?». Curiosità: non è la prima volta che si verificano episodi anomali in occasione delle primarie nel comune di Gela. Era già successo qualche anno fa per la scelta del candidato a sindaco quando si contendevano il posto Lillo Speziale, oggi sfidante della Cardinale, e Angelo Fasulo. E anche in quell’occasione non mancarono le polemiche con accuse che si sono rimpallate, di iscritti che avrebbero votato più volte per lo stesso candidato, o di extracomunitari pagati per votare ai gazebo, o ancora di un pacco di schede spuntate all’ultimo momento.
@GiuseppeFalci