«Abbiamo deciso di presentare un movimento con una forte immissione di forze nuove». È l’11 dicembre scorso. Intervenendo alla “Telefonata” di Maurizio Belpietro in una delle prime uscite della sua campagna elettorale, Silvio Berlusconi getta nel panico i parlamentari del Pdl. Negli stessi giorni a Palazzo Grazioli si stanno vagliando i curriculum degli aspiranti deputati e senatori pidiellini. Giovani, imprenditori, esponenti della società civile. L’ex premier ha deciso di fare piazza pulita a Montecitorio e Palazzo Madama. E non fa nulla per nasconderlo.
La rottamazione dei vecchi gruppi parlamentari è così ben avviata che in tv il Cavaliere dà persino le percentuali. «Il 50 per cento dei candidati verranno dal mondo del lavoro, dell’impresa, delle professioni. Il 20 per cento dagli amministratori locali che si sono comportati bene e sono stati rieletti» Spazio poi a «nuove persone dal mondo della cultura e dell’arte». Infine «il 10 per cento sarà scelto tra i nostri attuali parlamentari».
Nel partito scoppia il caos. Tanto che nel giro di un’ora l’ufficio stampa di Palazzo Grazioli deve intervenire per correggere, parzialmente, il tiro. I parlamentari uscenti del Popolo della Libertà non nascondo l’ansia. Il ricambio generazionale rischia di essere drastico. Dopotutto non è la prima volta che Berlusconi ammette candidamente di voler rivoluzionare le liste elettorali. Confermando solo il 10 per cento dei gruppi in carica.
Alla fine, per fortuna dei berlusconiani, la promessa del Cavaliere si rivela un bluff. Le liste elettorali consegnate ieri parlano chiaro. I rappresentanti della società civile che entreranno in Parlamento con il Pdl sono pochi, pochissimi. Volti nuovi? Difficile trovarne qualcuno. I futuri parlamentari del Pdl saranno, per la quasi totalità, gli stessi di prima. Alla faccia del rinnovamento.
Per avere conferma della falsa rottamazione pidiellina basta prendere le liste. Il Giornale di oggi elenca i circa 250 candidati reali. Quelli, cioè, con qualche possibilità di entrare in Parlamento. Un piccolo esercito diviso in tre categorie: i primi in lista, quelli sicuri di essere eletti. Quelli più in basso, la cui elezione è probabile. E gli incerti. Considerando solo questi nomi emerge con evidenza un dato. Al Senato oltre il 70 per cento dei candidati è composto da membri del Parlamento. La percentuale si impenna se vengono considerati solo i “sicuri”. Tra i berlusconiani che certamente entreranno a Palazzo Madama, l’84 per cento (48 su 57) è composto da chi è già senatore e deputato. Spiccano tra le fortunate new entry il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, il giornalista Augusto Minzolini. E con qualche possibilità in meno di entrare a Palazzo Madama, l’ex presidente della Federcalcio Franco Carraro.
Alla Camera dei deputati la storia è simile. Tra gli oltre 160 candidati reali, quasi il 70 per cento sono parlamentari. Prendendo in considerazione solo i primi posti in lista, il tasso di volti noti aumenta. Sono 90 su 104. L’86 per cento del totale. E gli altri? Non proprio tutti sono estranei al mondo della politica. È il caso della capolista in Lombardia 3 Daniela Santanchè e del portavoce pidiellino Daniele Capezzone (secondo in Piemonte dopo Angelino Alfano). Senza dimenticare la governatrice Renata Polverini, candidata al terzo posto nel Lazio, anche lei già certa di un seggio a Montecitorio.