Marzo 1976. Trentasette anni fa. Telemilano 58, la prima televisione del Cavaliere, diventerà una creatura riconosciuta sul territorio nazionale solo nel settembre ’78, ma sono già due anni che agisce in regime di «clandestinità». Sì, proprio quelle tv di quartiere che hanno fatto la storia sgarrupatissima di quegli anni irruenti. Solo che il quartiere, in realtà è un gioiellino residenziale, il «suo» gioiellino residenziale: Milano 2. E quella televisione da tinello nasce comunque con un sacco di pretese.
Marzo 1976. Trentasette anni fa. Un libro. Meglio, un «house organ» che racconta il sogno, la nostra, seconda, possibilità. Il titolo è «MILANO 2, UNA CITTA’ PER VIVERE», edito da Edilnord, l’impresa berlusconiana di costruzioni, e vuole incidere su quei cittadini sfibrati dalla metropoli che tutto fagocita, che inquina, che rende impossibili i rapporti sociali (uno dei redattori è Paolo Berlusconi!). Il fratello Silvio, splendido quarantenne (cit.), si carica sulle spalle l’idea meravigliosa e costruisce, mattone dopo mattone, un altro modo di vivere. Il «suo» modo di vivere, nelle intenzioni completamente autosufficiente – scuole, parco giochi, televisione, teatro, club house, impianti sportivi – insomma senza più la tirannia infernale di una Milano caotica e insopportabile.
Il libro è imperdibile. Oltre che (quasi) introvabile. Lo ha rocambolescamente (ri)pescato in un magazzino dimenticato un bravo gallerista di fotografia di Roma, Matteo di Castro, e sapendoci appassionati, ce ne ha fatto preziosissimo dono. E noi, sapendovi altrettanto appassionati all’individuo e alla sua storia, intendiamo condividerlo con chi avrà il piacere di seguirci in questo piccolo viaggio nell’aldiqua berlusconiano. Di questo libro, ne ha tratto un lungo articolo solo il Manifesto nel 2001. E appena un accenno ne fa Enrico Deaglio nel suo «Raccolto Rosso». Nessuna immagine, però, che qui invece possiamo offrirvi.
Nel libro troverete sorprese, conferme, e anche dolori. Questi ultimi riguardano noi, noi giornalisti, nella veste di «cantori» non si sa quanto involontari di un’impresa industriale. Appaiono come meteore due nomi straordinari che raccontano quello che sarà Milano 2, quello che intende essere e che indicano, appunto, un altro modo di vivere, per loro evidentemente convincente. Sono Natalia Aspesi e Gianni Brera, giornalisti di chiarissima fama e certamente lontani anni luce da quel coté politico che anni e anni dopo avrebbe caratterizzato la seconda esistenza del cavalier Berlusconi. E c’è anche una terza personalità che si profonde in lodi e suggestioni e parliamo di Enzo Siciliano, intellettuale e scrittore, uomo decisamente di sinistra, in anni più recenti addirittura presidente della Rai.
Ma torniamo a Telemilano, televisione da tinello. C’è un’intera pagina del libro aziendale Edilnord che ne decanta le proprietà, che ci spiega come quella gazzetta televisiva possa costituire per gli abitanti di Milano 2 un’opzione concreta per sentirsi parte di una vera comunità.
Il capitolo si intitola «MEZZI DI INFORMAZIONE» e dice: «Nella formazione di una nuova comunità urbana vengono a evidenziarsi moltissimi problemi di carattere organizzativo e sociale… Da questi problemi di interesse comune (che vanno dai rapporti tra gli stessi abitanti a quelli della comunità con gli enti pubblici e privati, alla creazione di gruppi associativi dai fini più disparati) sono nati a Milano 2 alcuni organi di informazione, che hanno come oggetto la vita del quartiere:
– “Il Giornale dei Residenti”, un mensile redatto da alcuni abitanti di Milano 2 che raccoglie esigenze, interventi e prese di posizione della comunità;
– “Sporting club Milano 2”, redatto a cura della direzione dell’omonimo club;
– “Milano 2 Notizie”, un periodico curato dall’Ufficio Comunicazioni dell’Edilnord.
E qui finalmente arriviamo alla ciccia. Il capitolo è «TELEMILANO, LA TV VIA CAVO DI MILANO 2». La politica non è nemmeno sullo sfondo, ma si può tranquillamente intercettare lo sforzo per tenere insieme un gruppo di persone che abitano quei luoghi attraverso il mezzo televisivo. Si distillano argomenti di vario genere, tra la cultura, il sociale, il cazzeggio e la cura di sé, particelle elementari di quel che sarebbe stato, qualche anno dopo, il vero core business berlusconiano.
«Oltre ai due programmi italiani – così inizia il capitolo – e a quelli della Svizzera Italiana e Capodistria (in bianco e nero e a colori), gli abitanti di Milano 2 ricevono un programma in più, quello di “Telemilano”, la prima TV via cavo con un regolare programma di trasmissioni televisive… Gli studi di produzione hanno sede a Milano 2 e sono dotate di telecamere fisse e mobili, di sale di registrazione e di regia, di un sistema completo di missaggio, videocinema e videoregistrazione… Fin dai primi mesi di vita, Telemilano ha registrato un’attiva partecipazione dei residenti alla elaborazione e alla realizzazione dei programmi. Sono state messe a punto trasmissioni dedicate alle scuole…si è favorito l’incontro tra scuola e quartiere…»
E poi si passa finalmente allo scarno ma pretenzioso palinsesto: «Numerose trasmissioni a carattere culturale (probabilmente molte di più di quelle dell’oggi, cioè zero, ndr), incontri con personalità del mondo politico e dello spettacolo, tavole rotonde, presentazioni di novità letterarie e via dicendo, forniscono in continuità agli utenti un quadro particolarmente vivo e aggiornato della realtà culturale milanese… Telemilano trasmette inoltre una serie di programmi per la donna, moda, cucina, cosmesi, ecc., e per i bambini». (Probabilmente a cura delle zie delle Parodi, Cristina e Benedetta).
«I programmi della durata di circa tre ore – conclude il capitolo – comprendono infine film e documentari di interesse artistico, culturale e ricreativo».
Andrà detto, con quel minimo di onestà intellettuale necessaria in questi casi, che Milano 2 come quartiere ancora «tiene». Nel senso che quel progetto di bastare a se stesso, di creare una condizione più umana, più a misura umana, quel tentativo di coniugare cemento e ambiente, insomma, possono dirsi riusciti. Il libro è naturalmente agiografico ma l’elemento costante, continuo, quasi ripetuto come un mantra per tutte le 200 pagine della pubblicazione, è che quelli che scelgono di vivere a Milano 2 hanno diritto a stare bene. Sembra una banalità, lo è decisamente, ma chi si sognerebbe di farne addirittura uno slogan, un inno costitutivo?
La questione bambini è giocata con forza nel libro. C’è un capitolo il cui titolo sembra essere una risposta diretta a ogni possibile restrizione metropolitana: «IL DIRITTO DI GIOCARE». Sottotitolo: «Dagli spazi sotto casa destinati ai più piccoli sino al grande parco giochi centrale, i bambini hanno a loro disposizione vaste aree completamente attrezzate dove giocare liberamente, lontano dai pericoli, in diretto contatto con la natura».
Di questo progetto, nel libro si trova anche una traccia che ci riguarda. Riguarda noi giornalisti. Quando lo scritto di un giornalista correda una pubblicazione aziendale, e non parliamo esattamente di controinformazione, è certamente un momento un po’ particolare, diciamo così, delicato. Ci si chiede il motivo di quell’iniziativa, se ne cercano le ragioni. Se poi, una vita dopo, la persona che all’epoca era titolare di quel “marchio” si trasforma nel politico più odiato, beh allora capirete che la faccenda assume toni anche un po’ imbarazzanti. La conseguenza da evitare è di trarne qualsiasi giudizio morale. Chi scrive queste righe, per esempio, sostiene serenamente che Milano 2, sotto il profilo architettonico e ambientale, è stato decisamente un buon prodotto. La Aspesi forse oggi maledirà quelle righe scritte su Milano 2 o magari, da vera donna dotata di ironia, se ne farà una grassa risata. Brera e Siciliano, purtroppo, non possono più dirci la loro.
Ci sono chicche, nel libro, che a distanza di anni assumono un profumo del tutto particolare. La distanza dal centro città, ad esempio, moloch di tutte le pubblicità dell’epoca: «A 15 minuti dal Duomo, a 3 dall’imbocco dell’autostrada…!» Qui, la cosa è assolutamente formalizzata: da Cascina Gobba (staz. MM2) km 0,8 e dunque 2 minuti, da piazzale Udine 4, da Loreto 8, dalla Centrale 13, da piazza S. Babila 18, Tangenziale Est 2, Aeroporto di Linate 12, Malpensa 60.
Ma l’apoteosi (postuma) la si può ritrovare alla voce «COLLEGAMENTI», dove si spiega che quello «principale con Milano è costituito dal prolungamento a doppia carreggiata della via Feltre che, partendo da P.le Udine si snoda attraverso il Parco Lambro e raggiunge Milano 2. Il quartiere è altresì collegato con Milano attraverso la Nuova Cassanese – Via Porpora, a sud, e attraverso il percorso Via Olgettina (!!!!!!!!!) – via Palmanova a nord».
Sul meretricio toponomastico risalente al 1976 non vi sono documenti certi e dunque ci attestiamo serenamente alle cronache dell’oggi per richiamare alla memoria i due Berlusconi del caso, l’imprenditore che fu e il politico che è stato (che è). Per concludere, grazie anche a un libro celebrativo, che proprio la sua idea di villaggio, di quello che poi divenne Milano 2, ci può raccontare in maniera plastica, decisamente più esaustiva di mille editoriali, di quale conoscenza dei suoi simili (pardòn, di molti dei suoi simili) potesse disporre. Fanno impressione certi capitoli, i cui titoli appaiono rivoluzionari rispetto alla corrente dominante. Basti pensare a un incredibile (per l’epoca, ma lo sarebbe anche oggi) «LA RIVINCITA SULLE AUTO», in cui si certifica l’assoluta indipendenza, la totale non-schiavitù rispetto al mezzo meccanico, dei “fortunati” abitatori di quei luoghi.
Un uomo che cerca di instillare la felicità per via imprenditoriale non poteva essere banalizzato in politica come molti, sventatamente, hanno fatto per molti e molti anni. La conoscenza minuziosa del suo popolo, delle sue debolezze, delle sue istanze immediate, dovevano poi partorire una televisione che ha solo proseguito la strada già tracciata con Milano 2.
E se proprio vogliamo cavalcare l’attualità, date bene uno sguardo alla gallery e ci troverete una banca, una cara, fidatissima banca, la sua prima banca…