«Non si può rivendicare di essere partiti del territorio e poi essere legati a filo doppio con Roma, e in particolare con Silvio Berlusconi». «Berlusconi ci vuole prendere voti e io credo che finirà che rosicheremo qualcosa noi a lui». «Signori elettori del nostro movimento e simpatizzanti, far vincere il centrodestra in Sicilia con qualcuno candidato presidente, vuol dire rilanciare Silvio Berlusconi candidato alla presidenza del Consiglio: non macchiamoci di questa colpa». Parola di Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione Sicilia, e fino a pochi giorni fa antiberlusconiano di ferro.
Una liason quella fra Raffaele Lombardo e l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che sembrava conclusa. D’altronde nel settembre del 2010 l’ex governatore della Sicilia, eletto nel 2008 con una coalizione di centrodestra di vecchio conio (Pdl-Mpa-Udc), prese le distanze dall’ex premier e dai berlusconiani di Sicilia stringendo un accordo “per le riforme”(all’epoca si chiamò così) con il Partito democratico e con quello che fino a qualche mese fa si chiamava “Terzo Polo” (Api-Udc-Fli). Ci fu un rimpasto, poi il Pd entrò al governo con i “tecnici”, e del modello “Siciliano” se ne tessero le lodi anche nel Palazzo romano. «Il modello siciliano è esportabile a Montecitorio e Palazzo Chigi», tuonava lo stato maggiore del Pd nazionale. «Il movimento di Lombardo ora è un’altra cosa. Lombardo ha relegato i cuffariani all’opposizioni. Ormai è tutto pulito», sussurravano a Palazzo dei Normanni diversi deputati regionali del Pd.
Per il Pdl invece l’ex governatore della Sicilia era diventato il demonio, l’avversario da annientare e da isolare, al punto da definirlo «il peggior governatore della storia della Sicilia». Gli insulti si sprecavano, e Angelino Alfano, siciliano doc, e primo segretario politico della storia del Pdl faceva sentire il suo peso: «Abbiamo un presidente della Regione eletto con il centrodestra che governa con la sinistra. Questo dice tutto. Se Lombardo fosse coerente dovrebbe dimettersi e ricandidarsi con la sinistra». E dopo qualche mese Angelino Alfano continuava a rincarare la dose: «È sotto gli occhi di tutti il disastro combinato da Raffaele Lombardo, un disastro che investe tutti gli angoli».
Poi nel luglio del 2012 ci furono le dimissioni dell’ex governatore, e, in occasione delle regionale dello scorso ottobre, Lombardo non stipulò un accordo con Rosario Crocetta ma sostenne il candidato alternativo a quello del Pdl, Nello Musumeci. E alla fine la mossa risultò decisiva perché consentì al centrosinistra di strappare una regione da sempre berlusconiana.
Dopo le regionali fu lo stesso Raffaele Lombardo a promettere in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano che si sarebbe ritirato in campagna: «I miei erano agricoltori, io ho la passione per l’agricoltura. E per le buone letture. Al liceo ero il primo della classe, all’università ho studiato Psichiatria forense, il mio libretto è pieno di 30 e 30 e lode. Dormo quattro ore a notte, e con le mani in mano non ci so stare. Qualcosa mi inventerò».
E invece “Arraffaele”, così lo chiamano gli (ex) avversari del Pdl,si mise allavoroin vista delle politiche del prossimo 24 e 25 febbraio. Partiva in continuazione alla volta di Roma per cercare di trovare una collocazione al suo movimento per l’autonomia (Mpa) che nel frattempo era diventato Partito dei Siciliani (Pds). «Ma sempre all’interno del centrosinistra», riferivano a più riprese i suoi fedelissimi.
Intanto il suo ex braccio destro, il senatore Giovanni Pistorio, abbandonava il movimento dell’ex governatore e approdava nell’Udc di Pierferdinando Casini. “Arraffaele” incontrava Tabacci e Donadi, leader del cosiddetto “centrodemocratico”, per stringere un’alleanza alla Camera, e ovviamente per sostenere Pier Luigi Bersani. Tutto ciò faceva comodo al centrosinistra soprattutto in chiave Senato perché «Lombardo in Sicilia ha il 10%, e ciò ci garantirebbe il premio di maggioranza al Senato nell’isola, la bellezza di 14 seggi, un tesoretto che può fare la differenza», assicura oggi un lombardiano di ferro. La trattativa era nelle cose. Agazio Loiero, ex governatore della Regione Calabria, e federato al movimento di Raffaele Lombardo, tentava di trovare la sintesi con il “centro democratico” di Tabacci e Donadi. Ma l’ex capogruppo alla Camera dell’Idv avrebbe fatto saltare la trattativa con Lombardo perché «un accordo con la forza politica di Lombardo sarebbe incompatibile con la linea di rinnovamento e di rafforzamento del bipolarismo che intendiamo portare avanti». D’altronde, come riferisce a Linkiesta un autonomista, «le richieste di Lombardo erano eccessive: voleva salvare soltanto i suoi».
E non appena è saltata l’intesa con il centrosinistra, Raffaele Lombardo non ha perso tempo, e ha immediatamente trovato un accordo con il Pdl di Silvio Berlusconi e con l’ex nemico Angelino Alfano. In questo modo riabbracciando l’ex governatore siciliano, Berlusconi si assicurerebbe il premio maggioranza in una regione chiave per la sfida al Senato. Il partito dei siciliani (Pds) farà lista unica alla Camera dei Deputati con Grande Sud di Gianfranco Micciché e con il Mir di Gianpiero Samorì. Al Senato correrà da solo, forte del 10% ottenuto alla ultime regionali, ma ovviamente sempre coalizzato con il Pdl di Silvio Berlusconi. E l’ex presidente del Consiglio, stando ad alcune voci che circolano con insistenza in ambienti autonomisti, avrebbe chiesto a Lombardo di fare il capolista al Senato. Ieri sul Corriere della Sera Lombardo ha smentito la candidatura: «Assolutamente no, il titolo non mi spetterà». Dobbiamo crederci?
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