UnipolSai, i troppi non-so di una fusione autocertificata

UnipolSai, i troppi non-so di una fusione autocertificata

A dispetto della quantità di carte bollate, relazioni, pareri e comunicati, la telenovela finanziaria Unipol-FonSai, in onda da un anno sugli schermi di Piazza Affari, non ha ancora svelato quale sia il valore dei due gruppi coinvolti nel matrimonio societario a suo tempo combinato da Mediobanca. Anche dopo che a ridosso di Capodanno si è aggiunto un migliaio di pagine dei documenti informativi sull’incorporazione di Premafin, Unipol Assicurazioni, ed eventualmente Milano Assicurazioni, in Fondiaria Sai, il mistero resta ben custodito.

Della decina di «advisor finanziari indipendenti e di comprovata professionalità ed esperienza in questo tipo di operazioni a fini della determinazione degli elementi economici della fusione» coinvolti nell’operazione, non ce n’è uno che si sia preso la responsabilità di asseverare i valori base su cui viene costruita la valutazione di una compagnia assicurativa: il patrimonio netto rettificato (“Anav”) per tenere conto di plus/minusvalenze di competena della compagnia; il Value in force business (“Vif”) – cioè il valore attuale degli utili stimati futuri, al netto di imposte, che si prevede saranno generati dal portafoglio polizze vita esistente di una compagnia –; il valore attuale del futura produzione vita; il valore delle riserve e l’avviamento del ramo danni. Eppure i concambi approvati dai cda delle società interessate lo scorso 20 dicembre sono costruiti su questi numeri, e in particolare sui primi due (Anav e Vif), che insieme formano il cosiddetto embedded value o valore intrinseco, internazionalmente ritenuta la misura più significativa del valore del business vita di una compagnia assicurativa.

Nessuno garantisce i dati su cui i concambi sono costruiti

Tutto poggia sul valore «fornito dalle rispettive società oggetto di fusione» (pag. 27 del documento in pdf di Fon-Sai), si legge testualmente nei documenti ufficiali, o sull’«analisi del valore del portafoglio in essere vita … così come elaborate e messe a disposizione dagli attuari vita interni di ogni società» (pag. 270 del pdf). I sofisticati calcoli dei consulenti sono stati fatti sul «valore del portafoglio polizze vita in essere e del patrimonio netto rettificato al 30 settembre 2012 di FonSai, Milano e Unipol Assicurazioni, preparato da ciascuna società» (pag. 119 del pdf), come precisa la fairness opinion di Goldman Sachs. Ma anche Jp Morgan, consulente degli amministratori indipendenti del gruppo Unipol, si è basato su un un valore del portafoglio polizze vita in essere «calcolato, validato e fornito dal management» di Unipol Gruppo, di FonSai, di Unipol Assicurazioni e di Milano (pag. 88 del pdf). Sempre Jp Morgan rileva che «un certo numero di previsioni, proiezioni econonomiche-finanziarie e informazioni attuariali utilizzate ai fini delle relative analisi ci sono state fornite e sono state approvate dalla società e dal comitato e non sono state esaminate da terzi indipendenti» (pag 86, del pdf). Lo stesso ha fatto Lazard, advisor del cda di Unipol Gruppo: «I valori dell’Anav e del Vif (e quindi dell’embedded value) per Unipol, Fon-Sai e Milano Assicurazioni sono stati determinati dal management delle tre società (…) sulla base di ipotesi omogenee e condivise». Mario Cattaneo, professore emerito di finanza dell’Università Cattolica, ha rilevato che «le metodologie di valutazione basate sulla stima di un embedded value (…) fanno riferimento a stime sostanzialmente interne» (pag 168 del pdf). La quantificazione di tali valori, ha scritto Paolo Gualtieri, docente dell’Università Cattolica e consulente di Unipol, si basa «informazioni di natura attuariale e analisi, non certificata da terzi indipendenti». Anche Angelo Provasoli, l’ex rettore della Bocconi incaricato dal cda della Milano di fornire un giudizio professionale sulla congruità e i limiti dei principi e metodi di stima adottati dall’advisor finanziario Rothschild, rileva che i dati utilizzati «non sono oggetto di una revisione esterna indipendente», e che «taluni dati economici rilevanti, quali le stime delle riserve sinistri e del Vif sono frutto di elaborazioni del management del gruppo e non sono oggetto di review indipendenti (pag. 132 del pdf)». 

Non solo. Poiché le valutazioni dipendono anche dalle riserve, «si è assunto che i piani industriali, approvati dai rispettivi consigli di amministrazione, incorporino ipotesi di riservazioni adeguate (v. pag 29)»: ancora una volta, manca un riscontro di un terzo esterno su un tema essenziale, quello delle riserve sia vita sia danni, su cui FonSai stava rischiando la sopravvivenza. E su cui peraltro l’autorità assicurativa Isvap ha avuto da ridire anche sui conti Unipol.  

Il messaggio, dunque, è inequivocabile: gli advisor mettono la firma sulla modalità di preparazione della torta (le metodologie e i calcoli che determinano i concambi), mentre la qualità degli ingredienti è garantita dal management. E quindi, a livello apicale, dall’amministratore delegato di Unipol, Carlo Cimbri, dall’amministratore delegato di Fondiaria Sai, sempre Carlo Cimbri, e dall’amministratore delegato di Milano Assicurazioni, di nuovo Carlo Cimbri.

Così fanno gli altri

Concorrenti e addetti ai lavori hanno notato la singolarità dell’assenza di un attuario o di un consulente attuariale indipendente (v. che cosa fa un attuario) in un’operazione della portata di quella fra Unipol e FonSai. Il nocciolo della valutazione di una compagnia assicurativa, infatti, è l’embedded value: se questo calcolo è inesatto, anche la valutazione complessiva perde di significatività, e i successivi concambi risultano ancorati ad «assunzioni» non verificate. Per prassi, le banche d’affari si dichiarano incompetenti in fatto di calcoli attuariali o di verifiche contabili; e a prescindere che i dati dell’embedded value siano certificati o meno,li usano come base di partenza, senza assumersene la responsabilità.

Struttura del gruppo dopo la fusione di Unipol Ass., Premafin, Milano Assicurazioni in Fon-Sai

La presenza di un valutatore attuariale indipendente è la miglior prassi consolidata a livello internazionale e anche in Italia, tanto più un’operazione di così enorme rilevanza per gli azionisti, per gli assicurati e per la stabilità del sistema finanziario. A tal proposito, vale la pena di ricordare che due delle banche d’affari oggi coinvolte, Jp Morgan e Goldman Sachs, qualche anno fa si ritrovarono assieme ad assistere il Sanpaolo Imi nella scissione di Fideuram Vita da Banca Fideuram. In quell’occasione l’embedded value e il valore del nuovo business (che insieme danno l’«appraisal value») venne certificato in modo indipendente da un esperto indipendente, la Tillinghast-Towers Perrin (v. pag. 5).

Nell’acquisizione della Toro da parte del gruppo Generali fu chiesta una valutazione attuariale a un terzo (v. pag. 16 del comunicato della Toro). Più di recente, in occasione dell’incorporazione di Alleanza nelle Generali, il «valore dell’embedded value delle attività del ramo vita di Alleanza al 31 dicembre 2008 è stato determinato dal management di Alleanza e sottoposto a verifica da parte di una primaria società attuariale» (v. pag 11). Ancora, quando il gruppo Intesa Sanpaolo compra il 50% di Intesa Vita da Generali viene nominato un esperto indipendente per stimare l’embedded value (v. pag 2).

Le domande sollevate della “tabella Goldman”

Il tema è anche rilevante perché fra maggio e giugno 2012 circolarono prima su Repubblica e poi sul Sole 24 Ore i dati estrapolati da una tabella riassuntiva in cui Goldman Sachs riepilogava le risultanze delle verifiche contabili che Unipol e FonSai avevano reciprocamente condotto sui propri conti. Linkiesta pubblicò successivamente la tabella completa di Goldmans Sachs, e anche il “Progetto Plinio”, ossia documento originale della due diligence condotta su Unipol dalla Reconta Ernst & Young, la società di revisione di FonSai. In quella tabella, emergevano clamorose differenze di valore nel calcolo dell’embedded value di FonSai e Milano, da un lato, e di Unipol Assicurazioni, dall’altro. Per E&Y, Unipol Ass. aveva un embedded value negativo di 26 milioni, dopo un aumento di capitale da 600 milioni. Secondo Kmpg, che allora era la società di revisione di Unipol, questa valeva 1,67 miliardi. Balla una differenza di 1,7 miliardi. I calcoli di E&Y, attribuivano a FonSai un embedded value di 1,6 miliardi, dopo un aumento di capitale di 1,1 miliardi; quelli della Kpmg un valore di 452 milioni; la differenza superava 1,1 miliardi. Scostamenti meno corposi ma sempre rilevanti (244 milioni) emergevano anche nella valutazione di Milano Assicurazioni. Difformità che attendono ancora chiarimenti.

È anche vero che la “tabella Goldman” fotografava un momento non conclusivo ma certamente avanzato, delle trattative, e che gli approcci per la determinazione dell’embedded value da parte di E&Y e di Kmpg differivano nel trattamento delle minusvalenze relative portafoglio titoli. Sulla valutazione del portafoglio titoli di Unipol, peraltro, è in corso una verifica da parte della Consob, e alla questione si è interessata la Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sul gruppo Ligresti. Da allora, comunque, la relativa stabilizzazione dei mercati finanziari e la riduzione del rischio Italia misurata dallo spread Btp-Bund, può certamente aver compresso le distanze soprattutto sulle valutazioni dei titoli. Tuttavia, anche a voler accantonare per un attimo la certificazione indipendente, restano aperte domande a proposito del modo in cui è stato calcolato il valore del portafoglio vita in essere e quindi l’embedded value.

A seconda dei metodi di valutazione usati (v. il paper esplicativo con cui il prof. Giuseppe Corvino dell’Università Bocconi aveva risposto a una richiesta di commento da parte de Linkiesta), le minusvalenze/plusvalenze su titoli possono essere attribuite o al patrimonio netto rettificato, come ha fatto E&Y, oppure al Vif, come sembrerebbe aver fatto i revisori di Kpmg, che però oggi è uscita di scena, mentre in campo resta solo una sua consorella, la Kpmg Advisory, che assisterà Unipol nelle dismissioni.  Il metodo seguito è sostanzialmente indifferente, a condizione però che poi si calcolino in modo coerente gli altri valori, e il Vif in particolare. Nella tabella Goldman, però, il Vif coincideva: si può allora supporre che almeno uno dei due valutatori lo aveva stimato in modo incoerente. Data l’enorme distanza delle valutazioni al riguardo fra E&Y e Kpmg, sarebbe stato auspicabile la presenza di un attuario o comunque di società con competenze attuariali in grado di fare chiarezza.

Il ruolo di Ernst & Young

Come lo spettro di Banquo, gli interrogativi sollevati dalla “tabella Goldman” restano sulla scena. Il 7 dicembre scorso il tribunale di Torino, la città dove Fondiaria Sai ha la sede legale, ha designato Reconta Ernst & Young quale esperto comune incaricato di redigere la relazione sulla congruità dei rapporti di cambio, come previsto dall’articolo 2501sexies del Codice civile. La società dovrà esprimere «un parere sull’adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato». Inevitabilmente, si porrà la questione della validità dei metodi seguiti in assenza di una certificazione esterna sui dati utilizzati come input della valutazione. Come esperto nominato dal tribunale, E&Y ha «il diritto di ottenere dalle società partecipanti alla fusione tutte le informazioni e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica». Le società di revisione di una compagnia assicurativa dispone di un proprio attuario incaricato previsto dal Codice delle assicurazioni, il cui compito  è di esprimere un giudizio professionale sull’adeguatezza delle riserve tecniche (cioè gli impegni verso gli assicurati) ma «non di definire l’importo da accantonare», come precisano le apposite linee guida dell’Ordine degli attuari

Interpellata da Linkiesta sulle ragioni dell’assenza di certificazione indipendente delle riserve e del valore del portafoglio vita, Unipol non ha fornito risposta. Per tirarsi d’impaccio, i cda dovrebbero trovare un consulente con competenze attuariali che certifichi i dati forniti da Cimbri per le tre compagnie di cui è amministratore delegato. Questa situazione ha qualche riflesso anche sulla posizione della società di revisione Reconta Ernst & Young, perché, nella qualità di esperto nominato dal tribunale, «risponde dei danni causati alle società partecipanti alle fusioni, ai loro soci e ai terzi». Certo, si potrebbe sempre assicurare. Inoltre, le indagini giudiziarie in corso a Milano, dove il pm Luigi Orsi indaga su un’ipotesi di aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza, e a Torino (inchiesta per farlso in bilancio) impongono massima attenzione. 

Per di più, Ernst & Young si troverà nell’imbarazzo di benedire una metodologia di calcolo dell’embedded value che segue l’approccio sposato da Kpmg nella famosa tabella Goldman. Dai documenti informativi sulla fusione, infatti, emerge che le minusvalenze su titoli relativi alle gestioni separate sono state considerate nel valore del portafoglio vita (Vif), come aveva fatto appunto Kpmg, e non invece nel patrimonio netto rettificato (Anav), che è la strada seguita a suo tempo da E&Y. È vero che la logica di calcolo, alla fine, è sostanzialmente neutrale: sommando i due valori, l’embedded value dovrebbe risultare più o meno uguale. Ma così non era. Almeno uno dei due revisori aveva sbagliato qualcosa. Ma se non si può fare affidamento sui calcoli dei revisori e nemmeno su quelli di terzi indipendenti, chi glielo dice ad azionisti e giudici che la fusione s’ha da fare sulla parola di Cimbri?

Twitter: @lorenzodilena

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