Ventimila voti persi. È quello che si rischia, all’incirca, se gli studenti italiani all’estero saranno esclusi dalle procedure di voto per corrispondenza, e non torneranno in Italia per votare. Ma c’è un’altra comunità che, di fatto, rischia di essere esclusa dalla prossima tornata elettorale del 24 e 25 febbraio. È quella degli studenti fuorisede, ovvero gli universitari italiani che risiedono in una città, ma studiano in un’altra. Secondo gli ultimi dati disponibili si calcola che siano 801.209 potenziali elettori che, se non torneranno nel comune di residenza, non potranno esercitare il loro diritto di voto. A questi bisognerebbe sommare tutti gli italiani che, pur lavorando stabilmente in una città diversa da quella natale, non hanno mai cambiato la residenza. Non sono state elaborate cifre in merito, ma si può ragionevolmente pensare che il totale tra studenti e lavoratori fuorisede supererebbe abbondantemente il milione di voti “persi”.
Per quanto riguarda gli Erasmus, l’unica soluzione è tornare in Italia a votare. Per i fuorisede in Italia, invece, sono previste agevolazioni su tutti i treni per recarsi a votare nel proprio comune di residenza, grazie alle convenzioni siglate tra Ferrovie e Ministero dell’Interno. I rimborsi, in questi casi, toccano anche il 60/70% del prezzo del biglietto, e sono validi per tutti gli elettori, quindi anche per i lavoratori residenti in una città, ma domiciliati in un’altra.
Eppure, se dal punto di vista economico sono previste delle agevolazioni, restano degli inconvenienti che, soprattutto per gli studenti, diventano ostacoli insormontabili sulla strada verso il voto di febbraio. Li raccoglie tutti “Io voto fuori sede”, la community degli studenti universitari fuorisede. Coincidenza tra sessioni d’esame ed elezioni, e costo del viaggio sono le due ragioni principali per cui gli studenti, spesso, rinunciano a tornare nella città dove risiedono, e quindi non votano. Il problema si pone da sempre, perciò la community, nata per promuovere una petizione sul tema, è riuscita anche a mettersi in contatto con alcuni parlamentari, per cercare una soluzione al problema.
Voto per corrispondenza e voto per delega sono state le richieste avanzate da “Io voto fuori sede”, puntualmente riformulate in due progetti di legge presentati alla Camera e al Senato, e ancora fermi al palo, soprattutto dopo la fine prematura della legislatura. Ma dopo il caso degli studenti Erasmus, qualcosa sembra muoversi. «Stiamo cercando una strada per risolvere il problema» ha detto il sottosegretario all’Istruzione Elena Ugolini, mentre numerose sono state le prese di posizione sul tema da parte di quasi tutte le forze politiche, dal Pd a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Oltre alla richiesta di un decreto ad hoc del Governo per permettere il voto per corrispondenza, in molti pensano che la soluzione possa essere quella di un rimborso totale del viaggio per chi si reca a votare, mentre altri vorrebbero consentire il voto in un seggio diverso da quello della città di residenza.
Esattamente ciò che accadde in occasione delle primarie del centrosinistra. Durante il doppio turno del 25 novembre e del 2 dicembre 2012, Pd e Sel consentirono a tutti i lavoratori e gli studenti fuorisede di scegliere il candidato Premier nella città in cui vivevano, senza fare ritorno in quella di residenza. La procedura prevedeva la registrazione online sul sito della coalizione Italia Bene Comune, presso una delle sedi cittadine di Pd e Sel, oppure attraverso l’invio di una email al comitato provinciale in cui si desiderava votare. Un documento d’identità e un numero di cellulare erano tutto ciò che serviva per essere assegnati in un seggio diverso da quello di residenza, e per essere avvertiti con un sms con l’indirizzo del seggio in cui recarsi a votare.
Le polemiche sulle regole e sull’apertura delle Primarie a nuovi elettori non toccarono questo aspetto, da molti apprezzato per l’opportunità offerta a tanti elettori di centrosinistra che altrimenti, con molta probabilità, avrebbero rinunciato al loro diritto di voto. Proprio ciò che rischia di accadere il 24 e 25 febbraio, quando più di un milione di cittadini potrebbero essere esclusi, o perlomeno fortemente disincentivati ad esercitare il loro diritto di voto.