«Come dite voi a Roma figura di merda? Noi in Toscana si dice figura di merda». Ricorderà, il direttore operativo di Alitalia, Giancarlo Schisano, il mitico Cipollino nella parte del cuoco toscano che prendeva amabilmente in giro altri dialetti del Paese. Ecco, noi Massimo Boldi lo abbiamo un po’ rimodellato ad uso e consumo di quel che è accaduto l’altra sera a Fiumicino, ma insomma, la morale è sempre quella, in cui lo stile va sotto le scarpe e l’ex compagnia di bandiera ci rimette a faccia. Per quel che riguarda le questioni tecnico-organizzative, qui si rimanderà a un dotto pezzo di Giovanniello su LK che spiega bene il rapporto che lega Alitalia a queste compagnie straniere.
Noi vogliamo limitarci alle questioni, non meno banali, del rispetto che ogni azienda «deve» ai suoi clienti o, come in questo caso, a quelli che credono di essere suoi clienti e invece sono clienti di una misteriosissima compagnia romena di nome Carpatair. (Misteriosissima perché il volo è tutto interno, è un Pisa-Roma, volo AZ1670, e il comune mortale s’immagina di volare nella più totale serenità Alitalia).
Illuminante, sotto questo cielo, è l’intervista su Repubblica a uno dei passeggeri dell’Atr72, la signora Lina, la quale racconta serenamente: «Ero convinta di essere su un volo Alitalia, tanto che l’esterno e l’interno dell’aereo avevano le sigle della compagnia…» Neppure in fase di prenotazione, era sorto il minimo dubbio: «Avevo prenotato online proprio sul sito di Alitalia e non c’era scritto nulla, se ci fosse stata un’indicazione diversa lo avrei sicuramente notato. D’altronde anche il biglietto è Alitalia. Quello che è successo è vergognoso , credo che nessuno degli altri passeggeri sapesse di viaggiare con una compagnia straniera».
Se pensate di essere mediamente più esperti della signora Lina, capaci dunque di “sgamare” l’inghippo, anche in questo caso è utile la lettura di Ettore Livini sempre su Repubblica: «Alitalia si è mossa nel mondo del wet-lease con un po’ di coda di paglia, come se avesse qualcosa da nascondere, inventando, solo per risparmiare cinque milioni, il miracolo in versione andata e ritorno: prima, ad aprile 2012, ha preso in affitto i due aerei Carpatair completi di equipaggio, manutenzione e assicurazione. E con una semplice magia – leggi una ripassata di vernice – ha provveduto a trasformarli in velivoli Alitalia per non spiazzare i passeggeri, addobbandoli con il tricolore, vendendoli come voli Az ma nascondendo la loro carta di identità a chi comprava i biglietti dietro l’anonima sigla (V3) del partner di Bucarest affogata nei dettagli del contratto».
A questo punto, sempre per rientrare nella questioncella banale del rispetto nei confronti del cliente, vorremmo addentrarci nello Schisano-pensiero. Per vedere se le parole, le giustificazioni, le teorie, del direttore operativo di Alitalia possono convincere sulla bonta dell’azienda. E cominciamo proprio dallo sbianchettamento notturno, operazione di sbalorditiva velocità che ha trasformato il vettore Alitalia in un anonimo ammasso di lamiera.
Alla eccezione della giornalista di Repubblica che adombra un tentativo di nascondere la responsabilità di Alitalia, Schisano offre una risposta insuperabile. Gustatela sino all’ultima virgola: «Sciocchezze. Alitalia responsabilità non ne ha e proprio per questo non voleva danneggiare la propria immagine. È una pratica diffusa (quella dello sbianchettamento, ndr), lo fanno tutte le compagnie. Per quale motivo dovevamo lasciare lasciare in mezzo alla pista un relitto con i colori Alitalia? Tutti avrebbero pensato che quello è ciò che accade quando si viaggia con noi.» Ma va?
Ora, allacciate le cinture: «Peraltro, oltre il danno la beffa: quello non era nemmeno un nostro aereo. Era di Carpatair. Loro il mezzo, loro l’equipaggio e loro l’eventuale errore. Sarebbe stato da stupidi lasciare la nostra livrea: avremmo bollato l’incidente con il nostro nome. E invece noi non c’entriamo nulla».
Già, sarebbe stato da stupidi. Quando gli stupidi forse siamo noi che immaginiamo di avere ancora a che fare con Alitalia, la nostra, vecchia, cara, Alitalia, gentile Schisano. Si rende conto che sta sostanzialmente certificando una turlupinatura ai danni del cliente? Nel senso che lei pone nero su bianco la distanza più assoluta tra quell’aereo e Alitalia. Benissimo. Ma allora come mai lo avevate bell’e che dipinto con i colori della compagnia, era forse uno scherzo di Carnevale, una chiacchiera nel cielo, un ghiribizzo nello spazio? Una cosa è separare nettamente le responsabilità tecniche di Alitalia da quelle di Carpatair. E fino qui ok. Ma un’altra è separare il vostro interesse commerciale dal loro. In quell’operazione siete un corpo solo. E se su quell’aereo campeggiava la vostra livrea è perché sapete benissimo che la serietà conclamata che l’azienda si è conquistata nella sua storia ha un peso non indifferente nelle scelte della clientela. Il vostro marchio fa ancora la differenza, caro Schisano, nell’attirare i clienti, altro che sbianchettarlo appena possibile solo perché rischiate una figuraccia planetaria!
Nel commercio il vostro comportamento ha un nome e un cognome e si chiama pubblicità ingannevole.
Facciamo così, gentile direttore operativo. Facciamo che noi clienti per un po’ ci prendiamo una pausa di riflessione da Alitalia e voliamo diversamente. Quando le cose saranno più chiare per tutti, magari ci si ritrova (o magari no). Cosa ne dice?