Nella controversa acquisizione di Fondiaria Sai da parte di Unipol, scoppia ora la grana sul destino dei lavoratori coinvolti nell’operazione intrapresa dal gruppo finanziario controllato dalle Coop emiliane. Ieri, l’assemblea dei dipendenti che si è tenuta a Milano ha approvato un pacchetto di otto ore di sciopero. Altre assemblee si terranno oggi e nei prossimi giorni in tutte le sedi del gruppo.
Una parte dello sciopero sarà effettuata prima delle elezioni politiche del 24-25 febbraio, anche se le modalità sono ancora in discussione. Giovanni Cavalcanti, responsabile del settore assicurativo della Fisac-Cgil, ha anticipato che la prossima settimana ci saranno già due ore di astensione dal lavoro. La sovrapposizione di date con la campagna elettorale e le tensioni crescenti all’interno stanno provocando imbarazzo ai vertici di un gruppo che ha dichiarato di voler realizzare «gli obiettivi del piano industriale in condizioni di equilibrata sostenibilità sociale, nel contesto più ampio e condiviso dei valori caratterizzanti la responsabilità sociale d’impresa». Valorizzazione del lavoro e sostenibilità occupazionale sono anche il portato culturale delle Coop rosse emiliane, il mondo in cui il gruppo Unipol è nato ed ha trovato buona parte delle risorse finanziarie di cui ha avuto bisogno per crescere.
Dopo il primo incontro con i vertici del gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Cimbri, lo scorso 4 febbraio, i sindacati del mondo assicurativo hanno subito lamentato l’assenza di «garanzie fondamentali», dall’esclusione di licenziamenti collettivi all’applicazione del Fondo esuberi all’attività delle sedi dove verrano creati i poli specialistici. Soprattutto, dicono, «mancano elementi di chiarezza su tutto il piano industriale». Dalla fusione, l’ultimo aggiornamento del piano prevede 350 milioni di sinergie, di cui 180 milioni da riduzione di costi operativi.
«Gli obiettivi di UnipolSai prevedono un volume di 15,6 miliardi premi nell’anno 2015 ed un correlato organico di 5.925 addetti, con una contrazione degli attuali organici complessivi stimata in 2.240 unità», si legge nel preambolo del verbale di accordo proposto dall’azienda bolognese, che dovrà cedere circa 1,7 miliardi di premi a seguito di accordi presi con l’Antitrust. Unipol considera, quindi, un aggregato di dipendenti coinvolti nella fusione di 8.165 unità, relativo alle quattro società direttamente coinvolte nella fusione (Unipol Assicurazioni, Premafin, Milano Assicurazioni verranno incoporate in Fondiaria Sai, ridenominata UnipolSai) e a due società di servizi. In particolare, su 8.165 lavoratori, 2.531 provengono da Fondiaria, 1.480 dalla Milano, 21 da Premafin, 168 da FonSai Servizi, 135 da FonSai Servizi tecnologici, 3.671 da Unipol Assicurazioni e 159 verranno trasferiti dalla capogruppo Unipol a UnipolSai.
Queste cifre anziché chiarire l’ambito della trattativa sindacale hanno aperto un giallo sul reale numero lavoratori “da esodare”, attraverso gli strumenti più svariati: licenziamenti incentivati (circa 200), cessione di dipendenti attraverso «assegnazione a ramo d’azienda» destinato alla cessione secondo le indicazioni dell’Antitrust, prepensionamenti (circa 900) e cassa integrazione con il fondo esuberi di categoria, dismissione di attività non strategiche (v. Atahotels). «Non si sa cosa succederà ai lavoratori delle altre società», ha detto a Linkiesta Silvano Pricoco, sindacalista della Fna-Milano Assicurazioni.
Nei bilanci di fine 2011, il gruppo Fondiaria Sai dichiarava infatti 7.591 lavoratori, di cui 1.662 in carico alle controllate estere, principalmente la compagnia serba Ddor. Nella presentazione della prima versione del piano industriale del 22 giugno 2012, Unipol calcolava 6.900 «dipendenti assicurazioni» del gruppo FonSai, al netto delle persone attive in altri business (alberghiero, agricolo, immobiliare, etc). Dal lato Unipol, invece, venivano conteggiati 4.800 lavoratori, numero che includeva anche un migliaio di dipendenti delle società del gruppo bolognese non coinvolte nella fusione (Linear e UniSalute).
Il totale fa 11.700 lavoratori coinvolti e si confronta con l’aggregato di 8.165 unità che Cimbri ha indicato pochi giorni fa come punto di partenza nella trattativa. Al netto di Linear e UniSalute, lo scostamento è di oltre 2.500 unità. Ma sale a più 3mila se si considera tutto il personale di Premafin, Fondiaria Sai e Milano Assicurazioni. Interpellato da Linkiesta, il portavoce di Unipol non è stato in grado di fornire spiegazioni. Probabilmente, il vertice della società bolognese non ha ancora chiaro il destino delle altre società del gruppo, anche perché non è stata definito il perimetro delle dismissioni.
L’ammontare complessivo degli “esodati” supera invece 5.500 unità e si confronta con i 5.925 dipendenti previsti a regime (2015) per UnipolSai. Fra licenziamenti incentivati, prepensionamenti, cessioni di rami d’azienda e dismissioni di società ancora da individuare, insomma, la metà di tutti lavoratori interessati sulle due sponde della fusione sarà messo alla porta. Renato Pellegrini, responsabile del settore assicurativo della Uilca-Uil, parla di «una gestione alla Marchionne» dell’aggregazione. Parole che danno la misura del clima, e che impongono un chiarimento sui numeri da parte dell’azienda.
L’esito occupazionale dipenderà dalla quantità di dipendenti che saranno assegnati ai rami aziendali in via di cessione. Un passaggio questo non semplice alla luce del fatto che tali rami oggi non esistono e la giurisprudenza recente della Cassazione è piuttosto restrittiva. Cimbri stima di poter assegnare 1.333 dipendenti ai rami aziendali costituiti spacchettando i premi assicurativi da cedere (1,7 miliardi di euro). Sempre che si trovino compagnie assicurative disposte a farsene carico. Basti considerare che nel 2015 UnipolSai prevede un rapporto premi per dipendente di 2,6 milioni di euro contro un valore più basso (1,5 milioni a testa) per i rami aziendali da cedere.
Twitter: @lorenzodilena