Tempi duri per i tifosi dell’Inter. La Juve va a +12, ma soprattutto il Milan ha completato l’operazione aggancio in classifica. Berlusconi compra Balotelli (ex nerazzurro) che segna una doppietta all’esordio, l’Inter prende Schelotto e 3 gol dal Siena. Si dice che l’acquisto di Super Mario sia stato elettorale, giusto per prendere un po’ di voti in più tra i milanisti. Nel caso volesse prenderne pure fra i nerazzurri, Silvio potrebbe pure rimodulare la sua proposta-choc: cari nerazzurri, al primo consiglio dei ministri vi rimborso i soldi dell’abbonamento dopo l’ultimo mercato.
È evidente che, al momento, tra le due squadre di Milano c’è un abisso e le uniche due cose che le accomunano sono i 40 punti in classifica. Cominciamo dal Milan. Certo, il destino ha aiutato i rossoneri: prima la contrattura di Pazzini nel riscaldamento che lascia il posto a Balotelli (2 gol, 8 tiri, 2 dribbling azzeccati su3), poi il rigore in pieno recupero che non è che proprio ci fosse. Per il resto, tutti i meriti sono della squadra di Allegri. Innanzitutto un po’ di numeri: 66% di vantaggio territoriale, 20 tiri di cui la metà nello specchio (contro i 6 totali dell’Udinese), 31 cross (a 7), 30 dribbling (a 11), 82% di passaggi azzeccati, 73% di contrasti vinti. Che sia chiaro, il Milan non è perfetto: lo si vede in occasione del pareggio, quando arriva puntuale il black-out difensivo. Ma questa squadra è l’espressione della volontà di Berlusconi: gioco e spettacolo. Che si vedono dopo 40 secondi, quando Niang e Balotelli dialogano su un pallone che esce di un nulla. Le tre creste lì davanti sono un piacere per gli occhi e la cosa bella è che El Shaarawy non si fa oscurare da Mario. Anzi, gli serve pure l’assist per l’1-0. Da rivedere c’è la gestione immediata del pareggio, con la trama del Milan spezzata, anche se Allegri è stato bravo a mettere Bojan per Nocerino e il passaggio dal 4-3-3 puro al 4-2-3-1, per dare più fluidità alla manovra. Il lavoro di Allegri comincia a dare i suoi frutti: sta dando forma a un oggetto misterioso (e prima francamente bruttino) come Constant e sta facendo maturare i giovani (El Shaarawy e Niang su tutti) dopo un periodo di doveroso apprendistato. Se il Milan avesse un difensore con la d maiuscola e riuscisse a mettere la testa a posto a Mario, in questo stato di forma potrebbe davvero lottare per il titolo. L’unico a non sorridere è Pazzini. Tempi duri per lui, come per l’Inter.
La partita dei nerazzurri a Siena è stata un disastro. I numeri sono inquietanti: 7 punti in 6 partite, 5 gol incassati nelle ultime 2. Il disastro coinvolge tutti gli aspetti: quello tattico, quello caratteriale e quello delle scelte di mercato. La tattica: Stramaccioni continua a fare cambi di modulo in continuazione mandando la squadra in confusione. E’ chiaro che la squadra ha bisogno di essere rimodulata, perché è ormai lapalissiano che il 3-5-2 non può funzionare, soprattutto con questi esterni. Il 4-2-4 visto contro il Torino non ha dato gli effetti sperati e con l’unica certezza di Guarin, ora Stramaccioni sta costruendo la squadra intorno a lui. A siena va di scena il 3-4-1-2, con Nagatomo e il nuovo Schelotto sulle fasce. Niente da fare: il mister nerazzurro insiste sulle fasce quando queste in pratica non ci sono. Il giapponese è francamente inguardabile: sì corre, ma al momento di crossare zappa il terreno. L’italo-argentino è stato preso per avere un giocatore esterno in grado di saltare uomo: missione non compiuta. L’ex atalanta è totalmente fuori forma e dalla sua parte il Siena trova la tavola apparecchiata: sull’1-0 e sul 2-1, Schelotto è introvabile. E allora, non resta che affidarsi a fortunosi gol (Cassano) o a gente che deve predicare nel deserto (Guarin). Perché poi il problema è pure là davanti. Palacio non è Milito. Il ‘Principe’ è un bomber, Palacio lavora più per la squadra. Ma la squadra stessa tratta Palacio come Milito: chiaro che poi i gol non arrivano sempre. E allora, l’Inter è come un motore che gira a vuoto. Stanco, molle, senza benzina e con numeri che ingannano: 69% di possesso palla e 40% di vantaggio territoriale, uniti a 27 passaggi dribbling (a 12) e 530 passaggi (a 238) dicono nulla se poi non la butti dentro e non vinci: l’Inter non lo fa in trasferta da quella ‘maledetta’ vittoria di Torino.
Ha da passà gennaio. Ed è passato, per fortuna della Juve, che vince e convince – come si suol dire – in questo inizio di febbraio. Convince Matri, autore di una prestazione da attaccante vero. E’ tutta l’azione de primo gol ad essere bella, con Vidal che inventa e il numero 32 che si libera bene del difensore e la piazza lì dove di solito la piazzano i grandi bomber. Fa bene anche Giovinco, che deve limare ancora qualcosa sotto porta, ma poi manda in rete Liechtesteiner. La Juve sta tornando a pieno regime e lo sarà al 100% quando rientreranno Chiellini e Asamoah. Ieri però i bianconeri hanno tenuto bene, soprattutto con un gran primo tempo. Fondamentale il rientro di Pirlo, sempre importante in chiave propositiva ma anche nei recuperi (9 in tutto). I numeri sono tutti dalla parte della capolista: possesso palla al 56%, 515 passaggi a 387, 56 palle recuperate a 49. L’impressione, che può forse suonare come una bestemmia calcistica, è che Alessio utilizzi molta più duttilità tattica di Conte. A Verona la Juve non si è infatti vergognata di difendere quando doveva farlo: prima con l’inserimento di Padoin sulla linea difensiva, poi con Isla per Matri, infine con un 4-5-1 che chissà da quanto tempo i tifosi bianconeri non vedevano. Con Conte, almeno.