TORINO – «Non si può andare da qualche parte tranquillamente. Siamo iscritti al partito abbiamo il diritto di entrare», sbotta un signore con L’Unità e La Stampa sotto braccio. Torino, piazza Castello, nove e trenta del mattino. Ci sono un centinaio di persone circa davanti l’ingresso del Teatro Regio per il convegno sul “Renaissance for Europe” al quale prenderà parte anche il candidato premier del centrosinistra, Pier Luigi Bersani.
Ma «è già troppo tardi, non si può entrare», spiega un uomo della sicurezza a un militante del Pd. La base democrat non ci sta. «Siamo diventati troppo borghesi, le manifestazioni si fanno in piazza». «Noi abbiamo ricevuto l’invito a casa. Per questo motivo siamo qui oggi. Non potete impedirci di entrare». Un trentenne, militante del Pd, che di mestiere fa l’informatico, non ha pace. Si è svegliato alle 8 «per vedere il mio segretario, il mio candidato premier. A me quando hanno chiesto 2 euro per le primarie, non mi sono tirato indietro, e ho votato. Però pretendo di potere entrare». Altri militanti rincarano la dose: «Bisogna aprirsi alla gente. E poi parlano di disinteresse della politica. Mi hanno convinto: voterò Vendola». Ma Vendola è con Bersani. «Ma cosa c’entra, è pur sempre un segnale…».
A questo punto si crea la ressa davanti a uno degli ingressi riservati ai militanti. E per chetare gli animi interviene una dirigente di uno dei circoli di Torino: «Dovete calmarvi, presto si risolverà. Anche il sindaco di Collegno è in fila. Forse si sarebbe dovuto optare per una location più grande. Però considerate che ci sono 1.400 posti a sedere. Ma c’è sempre la paura di floppare». Poi, aggiunge sempre la dirigente, «se fosse stata una manifestazione del Pdl, avremmo detto: che figo, è strapieno». In fila si intravede anche la bionda Marianna Madia, già deputata del Pd e oggi ri-candidata in posizione utile nel Lazio 1.
Alle 10 e 15 si diffonde la voce che «non c’è alcune speranza di entrare». «Andate a casa e guardatela su Youdem», dice un volontario. «Ma c’è gente che ha preso il treno per venire qui», replica un signore di mezza età. No, non si può: «I vigili del fuoco hanno detto espressamente che non devono entrare più persone». C’è delusione fra i militanti del Pd. Anche un signore di 90 anni, accompagnato da una badante, supplica la sicurezza: «Mi guardi, ho 90 anni, mi metto un angolo, e ascolterò il segretario». Non c’è verso: «Adesso devo riprendere il taxi e tornare a casa». Il novantenne sussurra una cosa all’orecchio della badante, e va via con il capo chino. Ma andranno via, oltre al novantenne bersaniano, almeno un centinaio di militanti, curiosi, e potenziali elettori del Pd.
Dopo la polemica iniziale, varchiamo l’ingresso del Teatro Regio. Non c’è un posto a sedere. Nelle prime file c’è tutto lo stato maggiore del Pd piemontese: dall’ex presidente della Regione Mercedes Bresso, a Cesare Damiano, capolista in Piemonte, passando per tutti i candidati alle politiche del 24 e 25 febbraio. La scaletta della giornata prevede che a chiudere i lavori sia proprio il segretario nazionale del Pd, Pier Luigi Bersani.
Cittadini all’esterno del Teatro Regio
Ma prima spetta ad alcuni leader europei fare un appello pro Bersani in nome dei progressisti/socialisti europei. Il più duro è Martin Schulz, famoso per esser stato etichettato da Silvio Berlusconi come “Kapò”. E Schulz non la manda a dire: «Il 27 gennaio i nostri pensieri erano rivolti alle vittime. Invece altri pensavano ai dittatori e ai carnefici. E questi personaggi non sono degni di governare il vostro Paese». Applauso scrosciante. Infine Schulz si augura che Bersani vinca le elezioni del 24 febbraio prossimo: «A partire del 25 febbraio costruiremo l’Europa con il formidabile contributo di un amico, del grande uomo, del grande leader, una bellissima persona. Siamo tutti qui per sostenere il futuro presidente del Consiglio italiano Pier Luigi Bersani». I leader europei che si alternano bacchettano velatamente il governo dei tecnici e le politiche di austerity, ma si scagliano violentemente contro il ritorno sulla scena politica del leader della destra italiana Silvio Berlusconi. Il presidente della Repubblica francese, Francoise Hollande, non è presente, ma invia un messaggio video evocando «la rinascita dell’Italia» con la vittoria di Pier Luigi Bersani.
Finalmente alle 12 e 30 è il turno dell’ospite d’onore, Pier Luigi Bersani. In sala il silenzio è assordante quando “Pier Luigi” si alza per prendere il microfono. Il candidato alla presidenza del Consiglio del centrosinistra inizia ricordando che «il Pd è il primo partito in Italia. Un partito giovane-giovane, che sta bene all’interno delle forze progressiste europee». Oltretutto, continua Bersani, «noi siamo quella forza che ha avuto il coraggio di reintrodurre la parola “partito”. E siamo diventati un partito radicato sul territorio, un partito contro il populismo perché siamo un partito popolare». Poi rilancia sull’appoggio del Pd al governo tecnico presieduto da Mario Monti: «Io ho riferito che l’affidabilità e la serietà, recuperata con il governo Monti, sono un punto di non ritorno. Però adesso dobbiamo metterci un po’ di equità e di lavoro». D’altronde «se alla fine di una rinuncia del genere vince Cameron», chiaro riferimento all’accordo raggiunto ieri dall’Ue sul bilancio, «vuole dire che le altre sono vittorie di Pirro».
Mostra sicurezza il leader del centrosinistra. Si sente a casa sua in quel di Torino. «Avremo il 40% delle parlamentari donne. È questa l’Europa. È per questo che noi siamo europei». E oggi «abbiamo visto che non siamo soli. Questo ci dà forza, stimolo. Noi vogliamo vincere perché l’Italia sia all’altezza dell’Europa che avremo. È questo il nostro obiettivo». Tutto il teatro Regi si alza in piedi, e lo applaude. E parte la canzone di Gianna Nannini, inno ufficiale del Pd. C’è l’abbraccio fra Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, e c’è un bagno di folla per quello che a Torino considerano già il “nostro Presidente del Consiglio”.
Ma per i torinesi la giornata nel segno del Pd non è finita. È arrivato in soccorso il sindaco di Firenze. «Matteo è già a Torino», sussurra uno dello staff di Bersani fuori dal Regi. Bersani e Renzi pranzeranno insieme, faranno un giro in un mercato di Torino per mostrare il legame e la forza del Pd e poi vedranno il match Juventus-Fiorentino.
Alle 15 e 30, mentre Bersani continuerà il giro nei mercati, il Gam in Corso Galileo Ferraris 30 è un bagno di folla per Matteo Renzi. Lì ci sono tutti gli ultras di Renzi, quelli che al primo e al secondo turno delle primarie hanno votato per “Matteo”. Un’altra platea: meno apparato, ma più giovani e donne. Ci sono anche gli antiberlusconiani: «È vent’anni che dice che vuole togliere l’Irap». E poi c’è una signora che parlotta con un’amica al bar antistante la sala del Gam, che dice la seguente: «Se Bersani dovesse perdere è opportuno che la nomenclatura vada tutta a casa».
In sala è un continuo borbottare: «La sinistra fa sempre gli stessi errori. Prima Bertinotti, poi Mastella, oggi Vendola… Io votai Berlusconi, ma oggi mi turo il naso e voto Bersani. Con la speranza che il prossimo sia Matteo…». È un pubblico informato quello del Gam, un pubblico che segue i talkshow, che legge i giornali. In tanti hanno sotto braccio il giornale della città, La Stampa. Del giornale di partito, L’Unità, qui non c’è traccia.
Nel frattempo passano i minuti. Anche in questo caso non c’è un posto a sedere, e in piedi ci saranno almeno un centinaio di supporter. Al punto che un organizzatore arriva a dire: «Sarebbe stato il caso di organizzare in un teatro, come stamane». Alle 15 e 45 si ferma tutto, e parte la musica. Renzi entra dall’ingresso principale. Camicia bianca, maglione blu a V e giacca. Gli applausi si sprecano. Renzi non perde tempo e parte: «Oggi per me è un giorno difficile. Bersani mi ha chiesto una prova d’amore. Uno può perdere le primarie, ma perdere con la Juve no….». Il monologo renziano dura mezz’ora: tiene tutta la sala con il fiato sospeso, alternando emozioni a battute tipiche del suo repertorio. Ricorda le primarie: «Abbiamo fatto una bellissima battaglia. Noi abbiamo fatto una battaglia a viso aperto. Abbiamo preferito dire tutto prima che il giorno dopo le politiche».
Ma adesso, è il ragionamento che segue il sindaco di Firenze, bisogna pensare alle elezioni del prossimo 24 e 25 febbraio. «Il problema di questa campagna elettorale è che tutto il dibattito è concentrato su una tassa, l’Imu». E Renzi su l’Imu alla boutade berlusconiana risponde come meglio sa fare: «Io sono uno di quelli che dice che è una proposta fattibile quella della restituzione dell’Imu. Basterebbe andare a riprendere il denaro che la Lega non fece pagare per le quote latte». Applausi a non finire.
La platea annuisce a ogni suo colpo: «Io voglio avere un Paese che possa restituire l’Imu, ma voglio anche un Paese che restituisca la speranza». E poi: «Non ci dobbiamo preoccupare di rincorrere Berlusconi, noi dobbiamo pensare a far diventare l’Italia la più bella start up del mondo». E agli indecisi, a quelli che dicono «quasi quasi voterei Berlusconi, dobbiamo semplicemente dire: che con Berlusconi è aumentata la spesa pubblica, e la Salerno-ReggioCalabria è rimasto un plastico all’interno degli studi di Bruno Vespa». E infine l’appello finale: «Io voto convintamente Bersani perché trai candidati in campo credo sia quello che ha più chance». Ore 16 e 30 Renzi conclude il suo monologo. La folle lo assale. Una signora lo abbraccia e lo ringrazia. Alcuni gli chiedono una foto. Lui, Matteo, è affettuoso con tutti. Saluta e abbraccia chiunque. Poi esce da una porta secondaria. Ma i sostenitori restano ancora qualche minuto per commentare il pomeriggio: «È proprio bravo, peccato non sia il nostro leader… Ma probabilmente lo sarà presto…».
Il meeting di Matteo Renzi a Torino
Twitter: @GiuseppeFalci