C’è una donna che sta turbando i sonni di Mario Monti, il presidente del Consiglio che ha deciso di appoggiare Gabriele Albertini alla presidenza di regione Lombardia. Si chiama Ilaria Buitoni Borletti, è capolista alla camera per la Lista Monti, ma invece di seguire le indicazioni “regionali” del professore della Bocconi ha deciso di premiare il voto disgiunto, («come De Mita e Pomicino» copyright Roberto Maroni), annunciando persino su twitter che voterà per Umberto Ambrosoli, candidato di centrosinistra.
Va ricordato che Ilaria Buitoni Borletti, ex presidente Fai, autosospesa nel consiglio superiore di Banca d’Italia, aveva annunciato il suo appoggio all’avvocato milanese già domenica scorsa, durante un incontro a casa del finanziere Francesco Micheli insieme con Ambrosoli. Poi lo ha ribadito con un tweet («Ha ragione Ambrosoli, ipotesi utile per la Lombardia») che non solo ha fatto infuriare Albertini, ma pure la maggior parte del giro montiano tra Lombardia e Veneto.
Tra i più infastiditi pare ci sia Alberto Bombassei, patron della Brembo, in corsa lo scorso anno contro Giorgio Squinzi per la presidenza di Confindustria, che in queste ore si affanna a rispondere a telefonate di elettori che gli chiedono conto dei motivi di questo «improvviso appoggio per la Cgil» da parte della «dottoressa Buitoni Borletti». Non solo. Nell’ambiente montiano si fa notare come Piero Ichino, candidato al Senato, ex Pd, già sostenitore di Ambrosoli alle primarie civiche, «abbia almeno il buon senso di stare in silenzio in questa fase della campagna elettorale».
La questione non è di poco conto, perché oltre a colpire la candidatura di Albertini, l’uscita della Buitoni Borletti ha creato più di un problema proprio in quell’area di centro che non vuole avere nulla a che fare con «Ingroia, la Fiom, la Cgil e Nichi Vendola». Ma tant’è, questa è la situazione. E il silenzio di Monti su tutta la vicenda non sembra aiutare i «civici» sostenitori di Albertini. A parlare invece è stato proprio Pier Luigi Bersani, segretario democratico e candidato a premier, che a poco meno di 24 ore dall’uscita della Buitoni Borletti, ha spiegato alle agenzie di essere disponibile «a discutere con forze moderate e centrali, come quelle di Monti». Idem ha fatto il presidente del Consiglio, che però continua a trovarsi in casa la grana lombarda.
Ma in realtà sembra esserci molto di più dietro all’uscita dell’ex presidente del Fai, grande amica di Giulia Maria Crespi, ex proprietaria del Corriere della Sera nonché già organizzatrice di risottate insieme con Ambrosoli nella casa di corso Venezia, tra i quadri del Canaletto e del Tiziano. La campagna di comunicazione di Ilaria Buitoni Borletti è curata da Ad Hoc Comunication, di Mario Pelegatta e Giorgio Zambeletti. I due, rinomati nell’ambiente per essere due veri professionisti che non guardano in faccia nessuno, hanno un passato da consulenti per la comunicazione di Luca Cordero di Montezemolo, ma soprattutto sono sempre stati molto vicini a Romano Prodi, ex leader del centrosinistra.
Pellegatta è stato nel consiglio di amministrazione di Nomisma dal 1992 al 1995, ma è soprattutto un grande amico di Giovanni Bazoli, il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Banca Intesa che in queste elezioni si ritrova una famiglia più che mai disunita politicamente. Gregorio Gitti, il genero sposato con Francesca Bazoli, è candidato con la lista Monti alla Camera. Allo stesso tempo Alfredo Bazoli, figlio di Luigi fratello di Giovanni, è invece candidato con il Pd. Si vocifera che Francesca stia dando una mano proprio ad Ambrosoli in Lombardia, come peraltro ha scelto di fare Chiara Bazoli, figlia di Giovanni, anche lei l’altra sera alla cena di Micheli a Milano.
In questo groviglio centristra, tra prodiani, bazoliani, montiani, banchieri e politici, le parole della Buitoni Borletti sembrano aver rasserenato gli animi di casa Bazoli. Ma non quelli di Albertini o del Partito Popolare Europeo, dove hanno già annotato la scelta di questa montiana di ferro. «Dire come ha fatto Lei» ha detto Albertini «sono nella Lista Monti e poi proporre di votare per un candidato, Ambrosoli, che ha nella sua squadra componenti assolutamente antisistema, come Sel, Fiom, Cgil, Camusso, Ingroia ecc., significa in realtà dire: beh a questo punto tutti i voti moderati finiscano o nel Pdl, Partito Della Lega, o addirittura nel Pd». E soprattutto l’ex sindaco di Milano paventa ripercussioni nel breve periodo a Bruxelles e Strasburgo: «Quindi il problema non è tanto del Movimento Lombardia Civica, ma della lista Monti, quantomeno alla Camera. Noi, come ha detto il Presidente Monti, siamo per il Partito Popolare Europeo».