Ecco il pezzo de Linkiesta:
La febbre dello spread è passata ai mercati ma non alla politica. Continuano a susseguirsi dichiarazioni e calcoli in libertà sui risparmi o i costi dello spread sotto questo o quel governo. Il fact checking di Link Tank e lavoce.info mette queste affermazioni alla prova dei fatti.
Ecco la replica di Renato Brunetta:
Agli ottimi ricercatori de Linkiesta ricordiamo come la prima qualità di un fact-checker sia quella di essere chiari, verificabili e corretti. E, se di mezzo ci sono dei numeri, quella di spiegare le metodologie di calcolo.
Diamo solo un esempio di come si fa fact-checking in maniera seria.
1. Silvio Berlusconi: “L’aumento dello spread ci è costato poco meno di 6 miliardi”.
Ecco il calcolo (tutti i dati sono del Mef, dipartimento del Tesoro). Confrontando il totale titoli pubblici, di ogni categoria e durata, emessi nel 2011 (421 miliardi di euro), a un rendimento medio ponderato del 3,61% (media che comprende la prima fase virtuosa, fino a giugno, e la seconda parte febbrile, fino a fine anno), con il totale titoli emessi nel 2010 (467 miliardi), a un rendimento medio ponderato del 2,10%, emerge che il servizio del debito nel 2011 è costato 15 miliardi di euro a fronte di un costo di 10 miliardi nel 2010. Dunque una differenza di oneri per lo Stato pari a 5 miliardi di euro per un periodo medio di 6-7 anni.2. Silvio Berlusconi: “Il governo Monti in 16 mesi non ha diminuito lo spread; ha pagato uno 0,20% di più di quello che noi abbiamo pagato negli ultimi più difficili mesi del mio governo (Berlusconi, nda)”.
Innanzitutto in questa affermazione il presidente Berlusconi faceva riferimento ai 13 mesi di governo Monti (da novembre 2011 alle dimissioni di dicembre 2012) e non 16 mesi (pur con tutti gli sforzi di volontà, dovremmo trovarci a marzo 2013 per parlare di 16 mesi di Monti). Ciò detto, riportiamo con precisione ai fact-checker, evidentemente poco attenti, il ragionamento completo: quello che rileva ai fini delle finanze pubbliche non è lo spread, che attiene al mercato secondario, ma sono i rendimenti dei titoli di Stato nelle aste mensili (mercato primario).E nelle 13 aste di Btp decennali, quelli che si prendono come termine di paragone rispetto al Bund tedesco, che si sono tenute quando Mario Monti è stato presidente del Consiglio, i rendimenti sono stati pari al 7,56% a dicembre 2011; 6,98% a gennaio 2012; 6,08% a febbraio; 5,50% a marzo; 5,24% ad aprile; 5,84% a maggio; 6,03% a giugno; 6,19% a luglio; 5,96% ad agosto; 5,82% a settembre 2012; 4,92% a ottobre; 4,45% a novembre 2012 e 4,48% a dicembre 2012. Anche in questo caso tutti i dati sono del Mef, dipartimento del Tesoro. Ponderando per le quantità assegnate, il rendimento medio relativo ai Btp decennali emessi da dicembre 2011 a dicembre 2012 (che è risultato pari a 5,73%) è superiore al rendimento medio dei Btp decennali assegnati tra luglio 2011 e novembre 2011, i mesi più “caldi” del governo Berlusconi (che è risultato pari a 5,53%) dello 0,20%. Con le relative conseguenze in termini di servizio del debito.
3. Mario Monti: “Con 100 punti di spread in meno si avrà un risparmio di 20 miliardi a regime”.
I ricercatori de Linkiesta danno per vera questa affermazione “da matita blu” del senatore a vita Monti. Falsa che più falsa non si può. I numeri non sono quelli esposti da Monti, che infatti dopo questo grave scivolone non ha più trattato l’argomento, anzi ha dovuto riscrivere l’intera agenda.Innanzitutto, come abbiamo già detto, non è lo spread a generare risparmi nelle casse dello Stato, bensì il tasso di interesse (lo spread riguarda il mercato secondario, vale a dire transazioni tra privati che non influiscono direttamente sulla finanza pubblica, mentre l’effettivo costo per lo Stato deriva dalle aste mensili attraverso le quali si rinnovano i titoli del debito sovrano). In secondo luogo, 100 punti di tasso di interesse valgono 20 miliardi solo se si calcolano sullo stock, che è poco più di 2.000 miliardi, e non sulle aste annuali, che sono poco più di 400 miliardi. Monti induce a calcolare il risparmio sull’intero stock del debito, e non, come si deve, sulle effettive emissioni, come abbiamo già detto, su base annua. Ripetiamo: lo stock è pari a poco più di 2.000 miliardi, mentre le emissioni sono di poco superiori a 400 miliardi ogni anno. Monti induce maliziosamente, quindi, a calcolare un risparmio che è 5 volte quello effettivo.
4. Renato Brunetta: “Monti ha detto che 100 punti di spread valgono 20 miliardi sullo stock del debito senza contare che si rinnovano 400 miliardi l’anno e sono circa 30/35 miliardi per ogni asta”.Vale ancora la risposta di cui al punto precedente.
Prima di fare fact-checking bisognerebbe studiare un po’ di più.
La risposta di Link Tank
Nel testo di fact checking di Link Tank e Lavoce.info sono spiegati i parametri della simulazione, che confronta il differenziale di rendimento – tipologia di emissione per tipologia di emissione – fra il periodo 2011Q3-2012Q4 e quello precedente 2010Q1-2011Q2. Da lì provengono le simulazioni sul costo dell’aumento del rendimento fra questi due periodi, che sono una stima per difetto esattamente per le ragioni spiegate nel testo. La dichiarazione del Sen. Mario Monti è invece stata confrontata con la stima “a regime” (con tutti i limiti interpretativi, opportunamente commentati nel testo, rispetto all’uso di questa assunzione controfattuale) e le aste annuali non c’entrano quindi con un calcolo di questo tipo (nessuno di noi può ambire al Nobel per l’Economia, ma la definizione di “steady state” non ci sfugge). Resta un dubbio politico: se lo spread non ci costa davvero niente, perché preoccuparsi tanto dei complotti anti-italiani delle banche tedesche?