Casini in campagna elettorale a Milano, ma niente manifesti di Albertini

Casini in campagna elettorale a Milano, ma niente manifesti di Albertini

MILANO – «Qui se va bene siamo al 2%. Altrimenti non avremo deputati dell’Udc…». Milano, ore 18, all’Ata Hotel Excutive, a pochi metri dal grattacielo di Unicredit, i seguaci milanesi dello scudo crociato milanese attendono l’arrivo del leader maximo Pier Ferdinando Casini. Un siciliano di nome Luigi, da sempre democristiano, e trasferito a Milano da circa 15 anni per motivi di lavoro, parla al cellulare con un amico dell’isola ricordando quella che fu la Dc: «Ah quando ero in Sicilia. La “democrazia” faceva il pienone. Qui a stento riusciamo a riempire una saletta di un albergo».

Nella hall dell’Ata Hotel ci sono pochi giornalisti, qualche telecamera, e Salvatore Pasquale, ex consigliere comunale di Milano, oggi candidato alla Camera in Lombardia 1, che presenzia all’ingresso: saluta “amiche” e “amici”, ed è un po’ agitato perché Casini è leggermente in ritardo. I sostenitori di Casini e dell’Udc sono già tutti in sala, che si trova al piano inferiore del noto hotel milanese. C’è anche un buffet, che delizierà gli udiccini dopo il sermone dell’ex Presidente della Camera.

Ore 18:30, in sala si diffonde un brusìo che scandisce la parola “C-A-S-I-N-I”. «Sta per scendere dalle scale il Presidente…». La platea è avanti con l’età, pochissimi i giovani, contati sulle dita di una mano, e tantissime signore di mezza età ben vestite. È tutto pronto per l’ingresso di “Pier Ferdinando”. Memo Remigi, candidato al consiglio regionale, dice: «Attorno a me ci sono persone che mi dicono: “Ma chi te lo va a fare?” La prima cosa che farò se dovessi essere eletto sarà quella di adottare una famiglia».

Entra “Pier Ferdinando”. I sostenitori sono tutti in piedi. Casini saluta tutti: «Buonasera Signori, buonasera Signore». I giornalisti lo seguono, ma lui non ne vuol sapere di rilasciare dichiarazioni a margine. Una signora bionda si avvicina ai giornalisti, e spiega: «Inizierà subito il Presidente». «Ma come?», si domanda una giornalista di una agenzia di stampa. «Niente dichiarazioni a margine?». No, niente da fare: si parte.

Prima l’Inno di Mameli. Si alza tutta la platea e canta a squarciagola. Apre per qualche minuto Salvatore Pasquale: «Casini è qui per traghettarci nel mare di tempesta di questi mesi». Parte l’applauso. Il padrone di casa, Pasquale, annuncia: «Pier Ferdinando Casini». «Allora cari amici, care amiche, ringrazio tutti: il segretario regionale, Salvatore Pasquale, tutti i candidati, mi fa piacere essere qui in una giornata di lavoro tra l’Emilia e la Lombardia».

Per prima cosa, Casini risponde «alle domande che mi chiedono continuamente i giornalisti». Prima risposta: «Cari italiani, vi dico di non farvi ingannare dalle promesse di Silvio Berlusconi». Casini conosce la platea che ha davanti, sa che ha davanti uomini e donne che non voteranno mai la Lega e il Pdl: «Abbiamo votato per l’abolizione delle province, abbiamo votato contro il federalismo, abbiamo votato contro le ronde. Tutto ciò è il progetto del Pdl e della Lega». La platea si surriscalda.

La seconda domanda che gli pongono continuamente i giornalisti riguarda l’eventuale alleanza larga post-voto con l’asse Pd-Vendola: «Noi vogliamo dar vita ad un governo che continui il processo delle riforme». E poi precisa: «Noi non saremo mai la stampella di un governo che dirà sì alla Tav, che vuole abolire la riforma delle pensione. È Vendola che propone delle cose contro il processo delle riforme».

Si cambia pagina, si passa al governo Monti dell’ultimo anno: «Se non ci fosse stato il simbolo dell’Udc, oggi non ci sarebbe il simbolo della “Scelta Civica di Monti”». Come dire, siamo stati noi i big sponsor del governo Monti, senza “noi” il governo Monti non sarebbe mai nato. Poi si rivolge alla stampa: «Chi ha salvato l’Italia non deve essere un peso. Monti è una persona che siamo andati a cercare. Altrimenti ci sarebbe finita peggio della Grecia». E, spiega ai giornalisti, che «la causa della nascita del governo Monti sono loro che hanno governato 8 degli ultimi 10 anni». Riparte l’applauso caloroso. Oltretutto, Casini vuole scaldare ancor più la platea antiberlusconiana, «se c’è l’Imu è perché si è tolto l’Ici causando un buco nelle casse degli enti locali».

Il discorso di Casini dura circa trenta minuti, passa in rassegna i punti salienti del programma casinian-montiano: «Il primo passo potrebbe essere la dismissione realistica del patrimonio pubblico e la riduzione di 1% dell’Iva». E poi «difendiamo la detrazione per le famiglie». Si rivolge ai giovani: «Oggi 60.000 ragazzi sono stati costretti ad abbandonare l’università. Facciamo un prestito d’onore ai ragazzi meritevoli che vogliamo continuare gli studi». E infine fa un breve passaggio sulle regionali lombarde: «Noi sosteniamo convintamente Gabriele Albertini. Ambrosoli è una brava persona, ma dietro si nasconde la grande ammucchiata che ha sostenuto Filippo Penati alle scorse regionali». In questo passaggio finale la platea non si scalda, forse perché rassegnata, forse perché in sala non c’è un manifesto pro Albertini, ma soltanto cartelloni che ricalcano le schede elettorali con il simbolo dell’Udc alla Camera o al Senato. 

@GiuseppeFalci

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