Caso Saipem, l’Eni rischia una maxi multa negli Usa

Caso Saipem, l’Eni rischia una maxi multa negli Usa

Eni rischia grosso negli Stati Uniti. Assieme a Paolo Scaroni, il Cane a sei zampe – in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società – è stato iscritto nel registro degli indagati per presunte tangenti in cambio di appalti pubblici in Algeria. Una sorte che il gruppo di San Donato potrebbe subire anche al di là dell’Atlantico, essendo quotato a Wall Street. Il Foreign corrupt practices act (Fcpa), infatti, prevede l’apertura di un’indagine penale in presenza di ipotesi di corruzione avvenuta anche in una giurisdizione diversa da quella statunitense. «È una sorta di legge 231 con qualche appiglio in più», spiega Leonardo Borlini, ricercatore in Diritto internazionale all’Università Bocconi e studioso di temi legati alla corruzione. «Le sanzioni di solito sono di importo elevato, ma quasi sempre si arrriva a una conciliazione», osserva Borlini. 

Paolo Scaroni non finirà nel mirino della giustizia americana, in base al principio giuridico del ne bis in idem (cioè l’impossibilità di essere giudicati due volte per il medesimo stesso reato). Eni ha avuto a che fare con i giudici americani nel 2010, come si legge nella sezione della Sec dedicata al Fcpa. La società e la controllata olandase Snamprogetti B.V. pagò in via extragiudiziale 125 milioni di dollari alla Sec e altri 240 al Dipartimento di giustizia. Nel documento si parla di «molteplici violazioni del Fcpa in un piano corruttivo che comprendeva valigette piene di soldi e autoveicoli a funzionari governativi nigeriani per vincere appalti» a Bonny Island, nel Paese africano. 

Una vicenda per la quale lo scorso settembre, informa un comunicato di Eni, il Dipartimento di giustizia ha rinunciato all’azione penale «in conseguenza dell’effettivo adempimento da parte di Eni e Saipem degli impegni assunti nell’ambito dell’accordo stesso, tra i quali lo sviluppo di un efficace programma anti-corruzione all’avanguardia che Eni ha adottato e ha richiesto di applicare alle proprie società controllate. Negli ultimi due anni Eni ha assunto a livello internazionale un ruolo di riferimento per l’elaborazione di pratiche e programmi anti-corruzione». Spetterà ai magistrati Usa stabilire se alle parole sono seguiti i fatti.

Intanto, a novembre la Sec e il Dipartimento di giustizia hanno pubblicato un documento di 130 pagine che chiarisce le condotte da tenere in situazioni limite, dove la cortesia e le spese di rappresentanza rischiano di sconfinare nella corruzione. Nel documento, rileva il Wall Street Journal, ci sono anche dei veri e propri consigli su regali e viaggi premio. «È difficile immaginarsi uno scenario in cui i caffè, i taxi, o i viaggi promozionali tradiscano un’intenzione corruttiva». Stesso discorso per quanto riguarda «un piccolo regalo o un attestato di gratitudine». Peccato che, in questo caso, il “regalo” valga 200 milioni di euro.