Contro il voto utile, va bene persino mettere una X su Ingroia

Contro il voto utile, va bene persino mettere una X su Ingroia

Mettiamo il peggio, così ci capiamo. Mettiamo che abbiate deciso, in un momento di vera, autentica, debolezza, di votare il giudice Ingroia. E che, saputa la notizia, molti dei vostri amici abbiano cominciato una sottile opera di demolizione o, nella migliore delle ipotesi, messo in piedi quell’antipatico riflesso catto-borghese che porta direttamente al senso di colpa. Come dire: se voti il barba-giustizialista fai vincere il Caimano. Perché togli voti al Partito Democratico, bla, bla, bla.

Di queste situazioni, se ne possono immaginare millanta e anche di diverso colore ma tutte riconducibili a quell’espressione antica della politica che è il cosiddetto «voto utile», cioè mettere la tua X su uno che non ti convince tanto per far perdere uno che non ti convince per niente. Sarebbe a dire che proprio nel momento più alto per un cittadino e cioè l’esercizio del voto, il medesimo dovrebbe abdicare alla personalità (politica, etica, civile) che si è formato sino a quel momento, per abbracciarne un’altra, più utilitaristica, meno libera, meno trasparente. 

Non il voto per, ma il voto contro. In sostanza, da uomo trasformarsi in mezz’uomo. 

Ai sostenitori del voto utile, peraltro, andrebbe ricordato che i momenti della vita sociale in cui esercitare sino in fondo, sino all’ultima goccia di consapevolezza, il proprio ruolo sociale si contano – forse – sulle dita di una mano e la consultazione nazionale ne è, senza ombra di dubbio, il suo punto definitivo. Con quale coraggio, con quale senso sotterraneo delle istituzioni, si può immaginare di scipparne l’essenza ai cittadini?

In questa tornata elettorale, poi, l’aberrazione è ai suoi massimi livelli. C’è addirittura una formazione politica, è Scelta Civica del professor Monti, che vive addirittura il conflitto del “voto utile” proprio al suo interno! Siamo al punto che, per esempio, il fortunato elettore di Lombardia potrà allegramente e convintamente recarsi al seggio, consapevole di aver blindato le sue convinzioni (e di conseguenza il suo voto) avendo in lista persone scelte proprio da Monti, mentre invece nelle regioni del Sud i sostenitori del Professore si ritroveranno come capolista il tristissimo elefante democristiano Pierferdinando Casini. A quel punto, l’elettore si troverà a un bivio: votarlo lo stesso «utilmente», pur di concorrere alla causa più grande, o mandarlo a quel tal paese salvaguardando così la propria integrità politica (e anche umana).

In questa condizione, la pretesa della politica di piegare il cittadino a una real politik fuori dal tempo e dalla storia è persino insultante. I cittadini hanno mille motivazioni per presentarsi alle urne: per istinto, per passione, per disciplina di partito, anche per convenienza. E altrettante, per evitarle: disamore, indignazione, pessimismo, mancata offerta soddisfacente. Sono tutti sentimenti “forti”, non riconducibili a calcolo meschino, ma più semplicemente alla declinazione naturale di un’anima civica. Ecco, proprio le ragioni dell’anima sono quelle più appropriate per dettare la nostra agenda politica.

Non dobbiamo cedere. Non ci facciamo abbindolare da qualche paradiso che non c’è. Votiamo solo ciò che ci piace, solo ciò che ci convince. Concediamoci, almeno per una domenica, una moratoria dai compromessi. Andremo al seggio con il cuore più leggero, torneremo a casa convinti di aver fatto una cosa buona.

(anche votando Ingroia).