E alla fine “gargamella” è costretto a chiedere il sostegno di Beppe Grillo. Triste epilogo elettorale per il segretario Pd Pier Luigi Bersani, beffardamente soprannominato dal leader a Cinque Stelle come il cattivo dei Puffi. Del resto il voto ha consegnato al Paese un Parlamento ingovernabile. E così, pur di evitare la riedizione di un’alleanza con il Popolo della libertà, il Pd è costretto a tentare l’impossibile. Persino l’intesa con il Movimento di Grillo.
Come gestire la difficile situazione lasciata in eredità dalle elezioni? Governissimo, larghe intese, grandi coalizioni, strane maggioranze. Alla ricerca del termine più calzante, la politica italiana si interroga sul dopo voto. L’obiettivo, per la maggior parte dei partiti eletti in Parlamento, è quello di evitare un ritorno alle urne. I veti e le aperture reciproche scandiscono il dibattito. C’è chi è pronto ad aprire una fase di confronto con gli avversari, come il Pdl di Silvio Berlusconi. Chi si schiera compatto contro ogni ipotesi di “inciucio”. Ma anche chi – è il caso di Bersani – vuole provare a governare, magari tentando di coinvolgere le indecifrabili forze grilline.
Commentando i risultati elettorali con evidente ritardo – il segretario ha atteso oltre ventiquattro ore dopo la chiusura dei seggi – Bersani detta la linea al centrosinistra. Senza mai nominarli troppo, il candidato premier si rivolge pubblicamente ai grillini. Ammette di non aver vinto le elezioni, pur assumendosi tutte le responsabilità di chi ha ottenuto più voti alla Camera e ha «la maggioranza relativa al Senato». Insomma, nella gestione della difficile fase politica «la prima parola tocca a noi».
Il segretario immagina un governo di scopo. Un esecutivo «di cambiamento» da costruire attorno a pochi «punti fondamentali». Un programma essenziale che preveda riforme istituzionali e della politica, partendo dai principi della moralità pubblica e privata e dalla difesa dei ceti più deboli. Un progetto che strizza l’occhio al Movimento Cinque Stelle. Non è il momento di alleanze strutturate. Piuttosto è giunto il tempo di un impegno comune. L’interlocutore ovviamente non è Silvio Berlusconi. Né Mario Monti, destinato a non avere alcun peso specifico nel prossimo Parlamento. «Finora hanno detto tutti a casa – Bersani si appella ai grillini – Adesso o vanno a casa anche loro o dicono quello che vogliono fare per questo Paese. Che è anche il loro Paese».
Gli alleati di Sinistra Ecologia e Libertà sono con Bersani. «Un governo di cambiamento, aperto al contributo dei grillini, è quello che chiedevamo anche noi» spiega al telefono Nicola Fratoianni, braccio destro di Nichi Vendola, appena eletto alla Camera. C’è un dato di partenza che mette tutti d’accordo: mai più con Berlusconi. Il motivo è evidente. Una nuova esperienza di governo aperta a centrosinistra e centrodestra verrebbe scontata alle prossime elezioni. In quel caso Grillo potrebbe raggiungere percentuali ben più alte di quelle – pur altissime – attuali.
L’ex comico per ora non risponde. Decideremo provvedimento per provvedimento, spiega Grillo (sarà lui a incontrare il presidente Giorgio Napolitano durante le consultazioni al Quirinale). Nessuna preclusione a votare in linea con un governo a guida centrosinistra, «se ci sono proposte che rientrano nel nostro programma» specifica il blogger genovese ai giornalisti. Per ora guai a parlare di accordo raggiunto. L’ipotesi di una grande intesa in Parlamento fa infuriare Grillo. Che sul suo profilo twitter boccia il progetto. «Faranno un governissimo pdmenoelle – pdelle. Noi siamo l’ostacolo. Contro di noi non ce la possono più fare, che si mettano il cuore in pace». Eppure qualche apertura al progetto di Bersani esiste. Non è un caso, forse, se nel pomeriggio l’ex comico ha definito «meraviglioso» il modello Sicilia. L’esperienza di governo locale dove il M5S ha più volte sostenuto la giunta di Rosario Crocetta, pur non facendo parte della maggioranza.
Dall’altra parte del fronte politico c’è Silvio Berlusconi. «Dovremo riflettere tutti con grande responsabilità – ha spiegato stamattina – Questa Italia non può non essere governata». Il sogno del Cavaliere resta un governissimo aperto ai principali partiti. Una sorta di riedizione dell’esecutivo Monti, magari con un profilo politico più accentuato. Alle urne il centrodestra ha appena conquistato un risultato incredibile. Tornare al voto in tempi brevi rischierebbe di vanificarlo. Meglio restare in Parlamento. E conservare una posizione di forza da far pesare al momento di votare la nuova legge elettorale e le riforme più urgenti.
Tutti concordi nel Popolo della Libertà. D’altronde chi aveva criticato la nascita della strana maggioranza e il sostegno al governo Monti è già uscito. Sono i transfughi di Fratelli d’Italia. La piccola pattuglia parlamentare guidata da Giorgia Meloni. Loro hanno già assicurato che si opporranno a qualsiasi progetto di grandi intese.
Poi c’è la Lega di Maroni. Alleati fino a un anno fa, il Carroccio e il Pdl avevano preso strade diverse al momento di sostenere il governo Monti. Tornati assieme in campagna elettorale, in caso di grande coalizione sono pronti a dividersi un’altra volta? Difficile. A via Bellerio qualcuno immagina un governo di “salvezza nazionale”. Un esecutivo con un mandato limitato e una lista di riforme da portare a compimento in tempi brevi. Magari sotto la guida di una personalità lontana dalle attuali logiche di partito (meglio se d’area centrodestra). Forse proprio quel Corrado Passera che alla Lega hanno iniziato a guardare con interesse.