Non è una remunerazione sul diritto d’autore – la cosiddetta Google Tax – come avrebbero preferito gli editori, ma è comunque un accordo, quello firmato ieri all’Eliseo da François Hollande e Erich Schmidt in persona, che in molti oggi definiscono «storico».
Il sito più visitato del mondo, la piattaforma che cataloga e indicizza contenuti non suoi, pagherà gli editori francesi per poter visualizzare sulle sue pagine le anteprime dei loro articoli. E lo farà versando 60 milioni di euro a un fondo destinato ad aiutare la «transizione al digitale» della stampa francese di informazione generalista, sia cartacea che online. Il fondo finanzierà anche la «trasformazione dei modelli economici» degli stessi giornali. L’accordo prevede inoltre che gli editori possano accedere alle piattaforme digitali di Google a prezzi più bassi, e gli ingegneri della società americana metteranno le loro capacità tecniche a disposizione delle testate.
A governare il fondo ci sarà un consiglio di amministrazione formato da personalità indipendenti e da rappresentanti delle controparti. Durerà più anni, ma l’accordo non prevede che sia automaticamente rinnovato una volta esauriti i 60 milioni di euro. Quando i soldi finiranno, ha spiegato il presidente François Hollande, «apriremo un nuovo tavolo con gli editori».
La soluzione trovata dalla Francia, grazie soprattutto alla mediazione di Marc Schwartz, il consulente nominato dal governo Hollande, era già stata sperimentata in Belgio. Dopo una battaglia durata sei anni, nel dicembre 2012 editori e Google hanno finalmente trovato l’intesa. In Belgio come in Francia, alle proteste degli editori, Google aveva sempre risposto con una minaccia: «Se ci costringete a pagare i diritti d’autore, non indicizziamo più i vostri articoli», ribattevano da Mountain View.
La battaglia sulla Google Tax continua in Germania. Ma forse ora l’accordo francese farà da modello al governo Merkel e anche a quello italiano.