Viva la FifaIl Milan e Balotelli si astengono nel derby elettorale

La Juve batte il Siena, ma ancora una volta produce tante azioni e poche conclusioni

Ci sono due modi per spiegare il primo tempo dell’Inter nel derby. O Stramaccioni è un elettore del Pdl, o i nerazzurri erano disposti in campo molto male. Optiamo per la seconda, non conoscendo l’orientamento politico del tecnico romano. L’Inter ha completamente sbagliato l’approccio alla gara, scendendo in campo con un 4-2-3-1 con Guarin sulla fascia (?) e Nagatomo a dover attaccare sulla sinistra (!). Allegri, che con il Barcellona ha dimostrato che non è che proprio capisca un casso sul piano tattico, tiene il pressing alto soprattutto sulle fasce: basta questo a mandare in tilt l’Inter, che fin da subito comincia a subire la pressione dell’ottimo De Sciglio sulla corsia del giapponese. Oltre che sulla fasce, il problema è la davanti. Fateci caso: nessuno dei 4 in attacco fa quello che dovrebbe fare. Guarin e Alvarez galleggiano sugli esterni e nella cosiddetta fase di non possesso palla l’Inter dovrebbe ritrarsi a fisarmonica in un 4-4-2: il problema è che entrambi i sudamericani non rientrano e fanno imbarcare acqua quando il Milan attacca. E poi ci sono Cassano a fare la prima punta (non lo è) e Palacio a sostegno: dovrebbe essere viceversa.

I dubbi sulle scelte di Strama riguardano anche le esclusioni di Kuzmanovic e Kovacic: la praticità del primo e la freschezza del secondo avrebbero potuto giovare, a una squadra fiaccata dalla batosta sul campo della Fiorentina e dalla partita di Cluj. Il Milan così non ha difficoltà e può persino permettersi di fare i primi 10 minuti con il motore a giri bassi. Poi alza il baricentro (quello medio sarà di 56 metri, contro i 49 dell’Inter) e deve solo attendere l’affanno nerazzurro, che arriva al 19’, quando il centrocampo interista perde palla, Nagatomo non riesce a contenere El Shaarawy neanche con il lazo e 1-0 Milan.

In questi mesi abbiamo spesso giustificato Stramaccioni, affermando che in fondo si è spesso ritrovato a fare con poco. Ma è un peccato mortale rendersi contro dopo 45 minuti che qualcosa non quadra. Troppo. Bastava invertire la fasce con Zanetti al posto di Nagatomo. Detto, fatto, ma in mezzo c’è un tempo in cui l’Inter soffre da matti e si salva grazie ad Handanovic. L’altro cambio è quello di posizione di Guarin, che va in mezzo, con Schelotto che lo rileva sulla corsia destra. E così: crossi di Nagatomo, gol dell’oriundo. Il Milan cala, le tossine della Champions si arrampicano sulle gambe dei rossoneri. Finisce 1-1, ma la sensazione generale è che il Milan abbia gettato al vento un match che avrebbero potuto ammazzare nel primo tempo. I numeri sono dalla parte del Milan: 56% di possesso palla, 87% di passaggi utili.

Numeri che sono anche dalla parte della Juve (56% possesso, 87% passaggi positivi), che a differenza del Milan ha però vinto. Il Siena ha ripetuto l’errore che fanno certe squadre quando entrano alla Juventus Stadium: si mettono cioè in testa di voler giocare scoprendosi con la difesa a 3 e 2 mezzepunte. Lo sanno ormai anche i muri che a Torino vale la pena coprirsi e colpire in contropiede. L’errore dei toscani è doppio, perché permettono a uno come Vucinic di ricevere palla, girarsi verso la porta e fare quello che vuole. E poiché il Siena ha la difesa a tre e due centrocampisti bassi, l’ex attaccante della Roma galleggia libero e felice in un quadrilatero tattico entro il quale fa quello che vuole. Prima però del gol di Liechtsteiner, è la solita Juve: tanti ricami, pochi tiri. E allora la rete dello svizzero, la 4° in campionato, unita a quella di Pogba deve rappresentare un monito per i bianconeri: bisogna beccare di più la porta. Ecco spiegati i fischi del pubblico.

Chissà se Zeman ha visto la partita della Roma a Bergamo. E se sì, chissà se ha notato che sul 2-2 i giallorossi si sono coperti e hanno vinto, conquistando 3 punti che sanno di beffa per l’Atalanta. Che i giallorossi abbiano più equilibrio è sotto gli occhi tutti, il tutto dentro una cornice fatta di duttilità tattica. Andreazzoli si è addirittura permesso di cambiare 3 moduli in 90 minuti: una trasformazione dal 3-4-2-1 al 3-5-2 che passa per il 5-3-2, con un Torosidis che resta con un giocatore con un piede così così ma con due polmoni notevoli che gli permettono di arrivare fino all’area avvresaria e fare pure gol. Pjanic fa sia il regista che la mezzala e sul 2-2 il successore di Zeman decide che è l’ora di alzare la coperta: fuori l’ottimo Marquinho e dentro Perrotta. Resta però da registrare qualcosa in difesa, perché Livaja riesce a fare due gol e a prendere a sportellate un po’ tutti. Maluccio l’Atalanta, che è uscita indebolita dal mercato invernale: Contini dietro è un disastro e sulle fasce, zona in cui i bergamaschi sono abituati a fare gioco, qualcosa non gira per il verso giusto.

Vedi Udine e poi lasci lo scudetto. Sarà perchè l’Udinese è bianconera, ma alla vigilia dello scontro diretto contro la Juve, la squadra di Mazzarri vede i fantasmi e lascia al Friuli 2 punti e forse pure 2 rigori. Ma questa non è sede di polemiche. Sia chiaro: il Napoli meritava di vincere per la mole di gioco creata e imposta all’avversario. Un paio di numeri tanto per capirci: gli azzurri hanno creato il 59% di possesso palla, il 49% di vantaggio territoriale e azzeccato l’80% di passaggi sui 441 effettuati. Però ha pure fatto 0-0. Perchè Guidolin è uomo di calcio e ha creato densità a centrocampo con Basta, Pereyra e Badu ad aggredire, chiudere e ricucire gli strappi in mezzo. Ma l’intensità non basta se nella ripresa arretri Hamsik escludendolo di fatto dalla fase offensiva dopo un ottimo primo tempo in avanti. E non basta se Cavani è alla 5° partita consecutiva senza gol. Chissà, magari se li sta tenendo tutti per venerdì sera. 

Twitter @ale_oliva84

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