La tempesta perfetta si abbatte sulla candidatura di Roberto Maroni in Lombardia in meno di ventiquattr’ore. È simile a un incontro di pugilato, iniziato con un diretto destro della magistratura per le indagini su Finmeccanica e terminato con un montante sinistro per l’inizio della tour elettorale di Matteo Renzi insieme con Umberto Ambrosoli.
È un “uno due devastante”, per chi conosce i corridoi di via Bellerio, sede della Lega Nord, dove in queste ore c’è preoccupazione dopo l’arresto di Giuseppe Orsi e soprattutto per le indagini su Roberto Formigoni, alleato di Maroni nella corsa al Pirellone. Spaventato sembra pure Silvio Berlusconi, preoccupato per la ricadute che le inchieste avranno sui giornali nei prossimi giorni. Ma a fare male è soprattutto Renzi – capace da sempre di parlare all’elettorato di centrodestra – che ha iniziato ad aggirarsi per le valli bergamasche e bresciane, su tutta la fascia Pedemontana, per convincere i lombardi a votare Ambrosoli.
Il sindaco rottamatore di Firenze ha iniziato il suo tour da Orzinuovi, paese di Mino Martinazzoli, storico leone della Dc lombarda, passando poi per Paderno Franciacorta, comune di poco meno di 4mila abitanti in provincia di Brescia, zona del manifatturiero in crisi. In piazza della Libertà ha riempito pure gli angoli, parlando un linguaggio forse più semplice per il “profondo” e “produttivo” nord, abituato ai comizi di Umberto Bossi e dello stesso Berlusconi.
Non è un caso che proprio il sindaco di Paderno lo abbia ricordato in apertura. «Ricordavamo i comizi di un altro Umberto che sparava frottole, ora invece ascoltiamo le parole vere di Umberto Ambrosoli e Renzi». Battute, simpatia e qualche affondo contro i leghisti (“Stiamo pagando ancora per le quote latte” chiosa) Renzi, stimato sia dalla Lega e sia dal Cavaliere (lo chiama Matteo ndr), porta la “rottamazione” in Lombardia, per una battaglia su due fronti sia nazionale sia regionale.
Ma a quanto pare al Partito Democratico importa di più il Pirellone. O almeno così la vede Enrico Letta, vicepresidente dei democratici, esperto di questione settentrionale, che ha spiegato di come la «Lombardia sia più importante». Sulla stessa linea il primo cittadino fiorentino: «È fondamentale che vinciamo questa sfida – ha detto Renzi – e non ci accontentiamo di una campagna fatta di promesse, spot e slogan. Si corre il rischio grande di trasformare i cittadini in consumatori, ma noi, prima di essere utenti, siamo donne e uomini».
Il sindaco di Firenze ricorda a tutti di «votare Bersani» e spiega il suo percorso da competitor alle primarie a sostenitore di «Pier Luigi» rievocando il momento in cui aveva detto che se avesse perso non avrebbe fondato un suo partito e che non si sarebbe candidato a livello centrale: «questa – ha fatto notare – è una questione di credibilità, perchè si può anche perdere una partita, ma non si può perdere la faccia».
Renzi, quindi insiste sull’importanza della sfida lombarda, spiegando che si tratta di dover fare una scelta «tra chi mette in campo le solite facce e chi, come Umberto, fa proposte. Se scegliete il campo della cittadinanza – ha detto agli elettori presenti nella piazza di Paderno di Franciacorta – avete un’occasione unica, avete davanti un calcio di rigore».
Tra le fila del Carroccio sono ore concitate. C’è il rischio che una sconfitta possa mettere per sempre la parola fine alla Lega Nord facendo saltare persino Pondita in aprile. Non solo. Molti leghisti lamentano la gestione dell’affare Finmeccanica da parte di Maroni, che continua a minacciare querele a destra e manca. In questo contesto, poi, s’inserisce lo scandalo Formigoni, l’ormai ex governatore rinviato a giudizio per associazione a delinquere. Insieme con lui sono finiti sotto accusa pure Nicola Sanese, il potente direttore generale romagnolo, e Carlo Lucchina, deus ex machina della Sanità, arrivato ormai alla quarta indagine.
Sono tutte vicende che potrebbero andare a impattare sul voto e a regolare soprattutto i rapporti di potere tra Pdl e Lega. Formigoni pare sicuro di sè: «Siamo avanti tre punti». Ma Renzi, che pure a Firenze vanta rapporti trasversali tra destra e sinistra, persino negli stessi ambienti formigoniani, non fa sconti: «A parte Daniela Santanchè ed Emilio Fede – ha concluso – le persone normali sono deluse» e il centrosinistra dovrà convincerle raccontando «non solo i limiti del governo del centrodestra ma anche che cosa vogliamo fare noi».
Ambrosoli ne è sicuro: «Maroni parla della Lombardia che ha in testa mentre noi abbiamo in mente una Lombardia alla testa dell’Europa. In Regione c’è stata una deriva etica e morale, perchè qualcuno ha pensato che il potere potesse essere gestito per i propri interessi». E intanto Maroni inizierà la sua serie di incontri con i pidiellini, dalla Santanchè fino a Ignazio La Russa, per terminare con Silvio Berlusconi. L’incontro è ancora in corso, ma i destri di Ambrosoli e Renzi iniziano a farsi sentire su un Bobo che si sente ancora forte.