Da una parte Vendola, dall’altra Monti. In questi giorni il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani ha i suoi grattacapi. L’idea di una maggioranza che tenga insieme Sel e centristi fa venire il mal di testa solo a pensarci. Eppure sembra che non ci siano alternative: il sistema elettorale obbliga il centrosinistra all’innaturale sintesi.
Certi di mettere in difficoltà l’avversario, i berlusconiani hanno iniziato a cavalcare il tema. «È pollaio» titolava stamattina il Giornale. «A sinistra litigano già prima di cominciare a governare» ironizzava il candidato premier Angelino Alfano. Berlusconi, poi, non perde occasione per gridare scandalizzato «all’inciucio». Siamo proprio sicuri che al centrodestra convenga questo gioco? Come strategia elettorale forse è anche convincente. Ma assomiglia pericolosamente a un boomerang: potrebbe presto tornare indietro e ritorcersi contro chi l’ha lanciata. Dopotutto se c’è una coalizione male assortita è proprio quella del Cavaliere.
L’ultimo scontro nel centrodestra ha visto come protagonista Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Dopo l’ennesimo invito del Cavaliere a non votare per il piccolo movimento, l’ex ministro della Gioventù è sbottata: «Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi cominciano a essere di cattivo gusto. Stiamo percorrendo l’Italia in lungo e in largo, lealmente, per la coalizione di centrodestra, ma siamo continuamente colpiti dal fuoco amico, dai suoi appelli a votare addirittura il Pd piuttosto che noi. Un messaggio incredibile e innaturale». Al presidente del Pdl il difficile compito di ricucire lo strappo con il partito degli ex An e di Guido Crosetto. Lo stesso movimento – si noti bene – che da tempo chiede con insistenza il pensionamento di Berlusconi.
Non è l’unico problema. Come valutare altrimenti l’anomalia berlusconiana? Il centrodestra è l’unica realtà in cui il capo della coalizione non è in corsa per la premiership. Il Cavaliere assicura che il passo indietro l’ha fatto lui. Vuole andare al ministero dell’Economia, visto che «in Italia il presidente del Consiglio non ha alcun potere». Non è così. In realtà la sua mancata candidatura a Palazzo Chigi è stata imposta dalla Lega Nord. Altro fedele alleato. Era una delle condizioni avanzate da Maroni per siglare un’accordo elettorale con il Pdl. Alla faccia della sintonia.
I disaccordi con i leghisti sono quotidiani. Il sindaco di Verona Flavio Tosi, braccio destro di Maroni, l’ha spiegato un paio di giorni fa al Corriere veneto: «Siamo diversi tanto dal Pdl quanto dal Pd». D’altronde «l’alleanza tra noi ed il Pdl è un matrimonio d’interesse, come lo sono tutti i patti elettorali». I vertici del Carroccio sono d’accordo. Per avere una conferma basta tornare indietro di pochi giorni. Lunedì il Cavaliere ha lanciato l’idea del condono tombale. La seconda grande grande proposta “shock” dopo l’ipotesi di restituire l’Imu. La reazione degli amici? Sembrava quella di Bersani. «Il condono non mi piace – il commento istantaneo di Maroni – Nessun colpo di spugna». Della serie: non ci siamo messi d’accordo neppure sul programma di governo.
Curiosità, il candidato premier della Lega è Giulio Tremonti. Proprio lui, l’ex titolare di via XX Settembre. La convivenza con il Cavaliere si preannuncia complessa. I due sono stati grandi avversari durante l’ultima esperienza di governo, spesso e volentieri ai ferri corti durante le riunioni del Consiglio dei ministri. Da allora poco è cambiato. Berlusconi e Tremonti restano in disaccordo, continuano a non sopportarsi. Ma sono ancora alleati. Il segno della ritrovata intesa? «Tremonti in Lombardia ha preso lo 0,9 per cento – così il Cavaliere pochi giorni fa a La7 – Non avrà grande voce in capitolo». Quando si dice la stima.
La Lega, Tremonti, gli ex An. E non è tutto. Per vincere la concorrenza del centrosinistra Berlusconi ha imbarcato nella sua coalizione un bel po’ di partiti. Piccoli, forse. Ma numerosi e in cerca di spazio. Se dovesse tornare a Palazzo Chigi, al Cavaliere l’arduo compito di trovare un’intesa di governo con la Destra di Storace e il Grande Sud di Miccichè. Senza dimenticare l’amico Vittorio Sgarbi e la sua Intesa Popolare. Oppure il Mir di Giampiero Samorì e i Pensionati di Fatuzzo.