L’inviato speciale dell’Onu per il Sahel, Romano Prodi, impegnato in Italia nella campagna elettorale per il Pd e in quella personale per il Quirinale, canta vittoria parlando dell’offensiva militare franco-maliana nell’Azawad. «I terroristi sono semplicemente spariti», dal Mali, «senza combattere», ha spiegato a Radio 24. Secondo Prodi la «vera, grande battaglia in Mali non c’e’ stata» e «nel nord del Paese non ci sono stati feriti». L’ex premier e leader del centro-sinistra italiano si è posto infine «l’interrogativo che è riuscire a capire dove siano finiti i terroristi». Prodi, che è stato nelle scorse settimane in diversi paesi del nord Africa tra cui la Mauritania, parla genericamente di fuga in Libia o in Tunisia senza mai menzionare il paese che ha il peso maggiore in questa vicenda, l’Algeria, e senza mai fare riferimento alle tante collusioni tra alcuni paesi dell’area ed i gruppi islamici.
Effettivamente nella loro offensiva per la riconquista del nord del Mali, iniziata a fine gennaio, le truppe franco-maliane sono riuscite in due settimane a riconquistare le principali città dell’Azawad senza incontrare resistenza. A spiegare però cosa sia effettivamente successo ci ha pensato il deputato maliano Moussa Diarra in un colloquio con Linkiesta. «Tutti i capi e i miliziani più importanti delle varie formazioni jihadiste presenti in Mali sono fuggiti poco prima che iniziasse l’offensiva nei paesi vicini», ha rivelato. Il politico maliano, che si trova in questi giorni a Rabat in qualità di presidente dell’associazione di amicizia tra Mali e Marocco, ha aggiunto che «nei mesi successivi all’offensiva militare i capi dei gruppi terroristi hanno avuto tutto il tempo di cercare un rifugio sicuro dove poter scappare sapendo bene che i loro uomini non potevano competere con la tecnologia dei caccia francesi e la preparazione delle loro forze speciali».
Facendo una mappa delle vie di fuga utilizzate dai capi dei vari gruppi jihadisti Diarra ha spiegato che «ad esempio i capi di al Qaeda nel Maghreb islamico, come Mokhtar Belmokhtar, e gli altri si sono divisi in parte sui monti dell’Ifoghas, dove si ritiene siano nascosti gli ostaggi occidentali ancora in mano al gruppo. Altri invece si trovano nel sud della Libia e in Tunisia». Belmokhtar, noto per essere la mente per l’attacco all’impianto petrolifero algerino di In Amenas avvenuto lo scorso mese, nel quale hanno perso la vita 32 ostaggi e 19 terroristi, ha trascorso molto tempo in Libia dove ha comprato alla vigilia dell’offensiva militare le armi per al Qaeda essendo lui un esperto trafficante.
Diversa invece è la scelta che avrebbero fatto gli uomini di Ansar Eddine, gruppo ribelle tuareg di estrazione islamica che insieme ad Movimento di Liberazione nazionale dell’Azawad avevano conquistato il primo aprile scorso l’intera regione settentrionale del Mali. In base alle informazioni possedute da Diarra «il leader di questo gruppo, Iyad Ag Ghali, sarebbe nascosto a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso». Questo paese, insieme all’Algeria, ha tentato in ogni modo di scongiurare l’offensiva militare francese avviando una serie di trattative con i capi di Ansar Eddine che non hanno portato a nulla ma che hanno permesso ai gruppi armati di organizzarsi in vista dell’arrivo delle truppe africane.
Più complessa invece è la situazione dei terroristi del gruppo Monoteismo e Jihad in Africa occidentale (Mujao), noto in Italia per aver rapito la volontaria Rossella Urru più di un anno fa nel campo profughi saharawi di Tinduf, nel sud dell’Algeria. «Sappiamo – ha aggiunto il deputato maliano – che a fine gennaio molti dei suoi uomini, di origini saharawi, sono fuggiti nel sud dell’Algeria». Proprio in quel periodo infatti il sito “Polisario confidentiel”, rivelava che a Tindouf circolavano voci secondo le quali intorno al 20 gennaio erano arrivati «una decina di pick-up trasportando a bordo combattenti venuti dal fronte nord maliano. La maggioranza di questi elementi – aggiunge il sito – sono abitanti saharawi originari dei campi di Tindouf, accanto ad una presenza di elementi stranieri».
Inoltre, secondo altre informazioni apparse sui giornali nordafricani all’epoca, si sosteneva che tra i miliziani scappati nel sud dell’Algeria vi fosse anche Hamada Ould Khairou, alias “El Sicario”, leader del Mujao sposato con una donna d’origine saharawi. Non a caso subito dopo l’offensiva dell’Esercito maliano, il giornale algerino el Khabar ha annunciato che le truppe di Algeri avevano chiuso le frontiere con il Mali, proprio per prevenire qualsiasi infiltrazione di terroristi. Analoga iniziativa è stata presa nelle scorse settimane dalle autorità libiche, in concomitanza con l’anniversario della rivoluzione contro Muammar Gheddafi. In Tunisia infine le autorità avevano lanciato nelle scorse settimane l’allarme per il possibile ritorno nel paese dei jihadisti che erano partiti per combattere in Siria e in Mali, grazie anche all’ultimo messaggio audio del leader salafita locale, il latitante Abu Ayadh, il quale aveva chiesto ai suoi uomini di non partire per questi due fronti del jihad non avendo bisogno di altri uomini.
La presenza di jihadisti in fuga dal Mali è confermata dal fatto che il 6 febbraio scorso l’esercito algerino ha circondato un gruppo di jihadisti lungo il confine tra i due paesi africani. Secondo quanto riportava il quotidiano algerino Ennahar, i militari avevano individuato il commando terrorista nella zona di al Khalil, nell’estremo sud dell’Algeria, e ritenevano che tra loro ci fossero anche alcuni capi di al Qaeda feriti durante i raid aerei francesi nell’Azawad. Tra i terroristi entrati in Algeria ci sarebbero in particolare i capi del gruppo di Ansar Eddine che temevano di finire nelle mani delle truppe franco-maliane. Questi ultimi avrebbero inviato dei mediatori del Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad (Mnla) ad al Khalil per convincere i capi di Ansar Eddine a consegnarsi spontaneamente.
Dieci giorni dopo le forze armate algerine hanno arrestato due miliziani di al Qaeda nella regione di Ellizi, nel sud del paese, mentre altri tre terroristi che li accompagnavano sono stati uccisi. Secondo quanto riferiva il quotidiano algerino Echourouk, l’esercito algerino ha tenuto un agguato nella notte tra sabato 16 e domenica 17 febbraio nella zona di Sellat, in pieno deserto, lungo il confine con la Libia fermando un commando di terroristi che tentava di entrare nel paese del territorio libico. Uno dei terroristi uccisi è l’egiziano Abu Dawd mentre il secondo è un libico. I due si trovavano in Libia in una zona dove si sono rifugiati numerosi terroristi di al Qaeda fuggiti dal Mali.
Infine altri capi dei gruppi jihadisti potrebbero trovarsi al sicuro anche in Qatar. La stampa algerina ha infatti parlato di due aerei del Qatar che sarebbero atterrati all’inizio del mese nel nord del Mali per salvare i capi dei gruppi islamici, minacciati dall’offensiva delle truppe franco-maliane nella regione. Secondo quanto riferiva il quotidiano algerino Le Temps d’Algerie, il 6 febbraio scorso, ci sono dei report dell’intelligence che spiegano come mai, nonostante i raid aerei francesi e l’offensiva di terra, i capi di al Qaeda nel maghreb islamico e del Mujao non siano stati arrestati o uccisi.
«Eppure sono passate settimane dall’inizio dell’offensiva militare francese e la riconquista di diverse città del Mali come Kidal, Timbuctù, Gao e Monti». Ha spiegato Eric Denécé, direttore del Centro francese di ricerche sull’Intelligence che «questa informazione è circolata di recente». Il Qatar non ha confermato né smentito questa notizia. Doha è sempre stata contraria all’offensiva militare nell’Azawad essendosi proposta come mediatore tra le parti. Il capo della Croce Rossa a Kidal, Mickael Sibdiga, ha invece confermato la notizia della presenza di quattro operatori umanitari qatarioti nella zona, i quali sarebbero arrivati senza informare il Comitato internazionale della Croce Rossa.
Il deputato maliano, Diarra, non si dice stupito affatto che i capi di Ansar Eddine possano trovarsi in questo momento in Qatar. «Ricordo – ha affermato il parlamentare di Bamako – che un ex ministro qatariota, considerato un personaggio molto importante a Doha, era grande amico di Iyad Ag Ghali. Quello che è certo è che con questa guerra non si sono risolti i problemi dell’Azawad. Ora tocca al governo maliano fare la propria parte avviando un processo di decentramento e di federalismo. Queste guerre si fanno per cercare petrolio. L’unica soluzione è quella di accelerare il processo di regionalizzazione dando vita a nuovi regioni autonome che nell’Azawad dovranno essere almeno quattro».
Dopo la conquista delle principali città dell’Azawad, come Timbuctù e Gao, era iniziata all’inizio del mese la seconda fase dell’offensiva delle truppe franco-maliane nel nord del Mali. Questa volta l’attività dei soldati era tesa all’uccisione mirata dei capi di al Qaeda nel Maghreb islamico e degli altri gruppi jihadisti. Secondo quanto riportava il quotidiano algerino el Khabar, a questa fase dell’operazione avrebbero partecipato anche forze algerine. Dopo aver conquistato le città e le principali vie di comunicazione, le forze francesi hanno puntato ai capi dei gruppi islamici e alla distruzione dei depositi di armi. La Francia ha chiesto l’attuazione degli accordi di Temanrasset del 2010, che prevedono la condivisione con il Mali delle informazioni che riguardano i terroristi islamici attivi nel Sahara. Finora però nessun risultato è stato ottenuto in questo senso.