La Sanremo del Festival vive la crisi della nautica

La Sanremo del Festival vive la crisi della nautica

«Se cerchi i veri ricchi vai in Costa Azzurra, qui c’è solo gente stanca». Portosole, Sanremo. La recessione qui si sente più degli altri anni. Nonostante il Festival della canzone italiana, qui le facce sono tirate. Pochissime persone, barche ferme, assenti gli ospiti venuti appositamente per la settimana più celebre della Riviera dei Fiori. Chi è disposto a parlare lo fa perché è stanco, stufo di essere tassato e preso per evasore. «Per la maggior parte delle persone siamo considerati dei ladri, degli evasori. Ma le nostre imposte le paghiamo tutte, e sono sempre di più», afferma con notevole irritazione Roberto, proprietario di barca nel porto sanremese. L’altra faccia di Sanremo è questa.

«Guarda, guarda tu stesso», spiega uno dei broker che chiede di non rivelare il nome perché poi «non vendo nulla, qui tutti stanno zitti e io potrei passare per uno che si fa pubblicità». Lo spettacolo colpisce più delle canzonette. «Ci sono solo barche in vendita. Anzi, in svendita. Prezzi tagliati del 20-30% delle quotazioni di mercato», dice. In effetti, passeggiando per i tanti moli che compongono uno dei maggiori porti turistici del Mediterraneo, non si possono non notare i cartelli affissi alle barche. «Non ci sono stime ufficiali, ma circa il 35% delle imbarcazioni qui è in vendita», continua il broker.

In tanti sono quelli che sono già andati in Costa Azzurra, o in Croazia. Meglio in trasferimento piuttosto che essere vessati per quella che è una passione. È questo ciò che dicono quasi tutti i piccoli armatori. I costi sono elevati, data la congiuntura. «Per il posto si pagano circa cinque-seimila euro l’anno, a cui bisogna pensare di spendere, per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’imbarcazione, circa 19.000 euro per anno. Il tutto per una barca a vela da 40 piedi, circa 12,19 metri», dice un altro broker. Sono cifre che se fino ad alcuni anni fa potevano essere spese con alcune accortezze da buona parte della classe media, ora sono diventate proibitive. Complici le altre imposte, il tesoretto di molte famiglie che preferivano la barca a vela si è assottigliato sempre di più.

Mancano i diportisti amatori, mancano i vip. Mai come quest’anno ci si accorge della quasi totale assenza dei grandi yacht, quelli oltre i 30, 40 metri. Non è solo colpa della crisi, della recessione che erode i risparmi e costringe tutti ad abbassare il proprio vincolo di bilancio. Chi ha la possibilità di comprare (e mantenere) un bestione da 40 metri risente di meno della crisi. Il problema sono altri: servizi, ospitalità e controlli. Portosole non manca di servizi all’avanguardia, come wifi gratuito in tutti i moli e varie amenità. Ma tutto questo ha un costo. Meno barche ci sono, più elevate sono le tariffe per ormeggiare. «Se i francesi tagliano del 10% le tariffe e hanno gli stessi nostri servizi, dove pensi che vadano i diportisti?», dice uno dei portuali. La risposta è semplice. Vanno dove possono avere di più a meno. Questo significa il secondo problema, l’ospitalità della città.

Sanremo non è una città facile. Austera, nobile, figlia di un’aristocrazia lontana, quella russa che ancora oggi viene ricordata dalla chiesa ortodossa vicino al Casinò. La Riviera dei Fiori è Sanremo. E viceversa. Ma la città sembra cristallizzata. È come uno di quegli attori che rimane imprigionato nel suo personaggio più famoso. L’innovazione è sconosciuta. E il risultato è che alla fine tutta la città soffre, anche nella settimana più importante di tutto l’anno. Piazza Bresca, ovvero il centro della movida che da quando esiste il festival ha animato le notte sanremesi, è sempre più vuota. Dice Matteo, titolare di uno dei ristoranti più celebri della piazzetta: «Non c’è nessuno, alla serata della vigilia del Festival abbiamo tirato su circa 350 euro. Negli altri anni, in media, facevamo dieci volte tanto. Poi, dal 2005 tutto è cambiato, le spese si sono ridotte e ora faremmo prima a stare chiusi», spiega.

Infine i controlli. Capillari, approfonditi: esagerati secondo i più. A Portosole le pattuglie di Carabinieri e Guardia di finanza ci sono ormai tutti i giorni. «Guarda, stanno arrivando anche oggi. Prendono un caffè e poi passano in rassegna i moli», dice uno dei baristi del porto. Cercano le auto più lussuose. Peccato che non ce ne siano, a eccezione di una Morgan e di una Jaguar. Tutto il resto è come le barche: piccolo cabotaggio. «Nonostante questo, nonostante siamo ormai un porto di persone abituali, hanno intensificato i controlli con il festival», dice. Nell’arco di una giornata, la media è di una o due, anche tre come oggi, ronde. Il redditometro è lo spauracchio di tutti. Come Francesco, agente di commercio di Cuneo. Una passione smodata per il mare, per la vela. Dopo cinque anni di risparmio, ha preso un 38 piedi a vela di terza mano. «L’ho pagato si e no 50.000 euro, ho fatto fatica, ma alla fine ho realizzato un sogno», ci dice. Un sogno che però è destinato a finire. «Colpa della crisi, ormai non si riesce nemmeno ad affittarla tramite i broker», spiega. L’opzione estrema (in molti casi è anche l’unica) è venderla. O meglio, svenderla.

Il silenzio del porto è rotto solo dal vento e dalle voci dei pochi presenti. Di auto e scooter nemmeno l’ombra. Eppure, fino a qualche anno fa in questa settimana era tutto un via vai di equipaggi: dagli yacht sul supermarket e ritorno, in attesa delle feste del dopo Festival. Ora sembra di essere in un porto fantasma. Poco più in là, fra Ariston e Palafiori, la festa durerà per una settimana, poi i riflettori si spegneranno. Sia sulla crisi della nautica sia sulla città dei fiori.