«Tutta mia la città…» E solo quella. Bisogna scomodare gli Equipe 84 per descrivere la sconfitta di Umberto Ambrosoli in regione Lombardia contro Roberto Maroni. Il candidato di centrosinistra – sostenuto da Partito Democratico, Sel e una Lista Civica – va forte solo nei capoluoghi, nei centri urbani dove a vincere è il cosiddetto voto di opinione. «Nei salotti della buona borghesia», chiosa qualche maligno di centrodestra.
In provincia invece, tra i ceti produttivi, nel popolo delle partite Iva e degli artigiani, è il segretario federale della Lega a sfondare. È un’immagine nitida, che però segnala quello che molti sostenitori di Ambrosoli temevano alla vigilia del voto: il giovane avvocato non ha convinto nelle valli e nelle zone più “rurali” della Lombardia dove è la pancia a rispondere e non la borghesia. O meglio, per dirla come i leghisti: «Ovunque Ambrosoli pensavano fosse quello del miele».
Del resto, su 12 province sono 10 quelle in mano a Lega Nord e Popolo della Libertà. Il centrosinistra regge solo a Mantova e Milano, raggiungendo un buon risultato proprio nel capoluogo lombardo (48,9%) dove il Pd si conferma prima forza cittadina: tra la Lega e la lista civica di Ambrosoli ci sono quasi 30mila voti di differenza. E la stessa cosa avviene negli altri capoluoghi.
A Pavia città Ambrosoli strappa il 43,7%, mentre Maroni resta al 39,1. Così succede a Brescia, Bergamo, Monza, Lecco e Mantova. Ovunque la distanza tra il centrosinistra e il centrodestra è di circa 10 punti. Ma il dato s’inverte a livello di provincia, nelle aree extraurbane dove dappertutto invece si afferma il segretario federale del Carroccio.
Il segretario del Pd lombardo Maurizio Martina è sicuro: «Bisognerà fare una valutazione con calma, perchè si è evidenziato uno scarto nel voto tra le città e le aree più periferiche della provincia». Non solo. I democratici sono convinti che «la lista civica presentata a sostegno di Ambrosoli ha dato un segnale interessante – ha concluso – e si è rivelata un valore aggiunto». Purtroppo, però, dati alla mano, è la Lista Civica di Maroni quella che ha davvero colmato il crollo evidente di Lega e Pdl in Lombardia: tra le due liste c’è un vantaggio di 3 punti a favore dell’avvocato di Lozza in provincia di Varese.
Del resto, già i dati nazionali di ieri avevano spento entusiasmo e ottimismo tra le fila del centrosinistra. E il voto disgiunto è stato l’ultimo appiglio in cui credevano i sostenitori di Ambrosoli, fra cui Ilaria Buitoni Borletti, candidata con la Lista Monti alla Camera. In tutte queste ore è sempre stata presente Annalori, la madre di Umberto Ambrosoli, sempre sorridente nonostante una vita segnata dai lutti, visto che oltre al marito ha perso anche un fratello e un figlio: «E stata una sfida passionale e coinvolgente, comunque vada questa sfida sarà utile per mio figlio», ha spiegato all’Ansa.
E «comunque sia è solo l’inizio», ha detto Ambrosoli, sottolineando il risultato positivo della sua lista civica e di una coalizione «che ha superato di dieci punti il dato del centrosinistra alla Camera». Ma anche «andando oltre i partiti» e scegliendo un candidato «civico» il centrosinistra ha perso, aprendo le consuete riflessioni su una coalizione che andava da moderati fuoriusciti dall’Udc fino a esponenti della Federazione della sinistra.
Non solo. Gli stessi esponenti del Movimento Cinque Stelle hanno preferito votare la candidata Silvana Carcano, piuttosto che premiare in massa Ambrosoli. Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano, ne esce con le ossa rotte. Ma Mario Mantovani, coordinatore regionale pidiellino non lo attacca e anzi gli tende una mano: «Invito Gabriele Albertini a tornare nel Pdl e a riflettere sulla scelta che ha fatto. Lui e Mario Mauro – ha concluso – dovrebbero tornare nel Pdl e lasciare perdere l’idea di un centrismo senza futuro».