La lettera della bocconiana Nausica Palazzo a Monti:
Caro Presidente del Consiglio,
lo scorso novembre, quando assieme al presidente della Bce Mario Draghi, ha inaugurato l’anno accademico dell’Università Bocconi, noi eravamo lì in platea ad ascoltare e a fare tesoro, tra i tanti, di un consiglio inaspettato. “Siate irriverenti!”, lei ci disse. Sappia che l’abbiamo presa sul serio e che ce l’abbiamo messa tutta perché crediamo che l’irriverenza sia una formula felice che restituisce dignità ai nostri pensieri, che sia “attività di riappropriazione” che intendiamo intraprendere.Per andare subito al punto: non abbiamo potuto fare a meno di notare una buona dose di contraddizione in chi si erge a fautore, quasi “santo protettore”, del progressismo e contestualmente si allea con un partito ancorato alla tradizione che più non potrebbe, con un simbolo che esibisce gli antichi fasti dello scudo crociato e che incarna una tradizione partitocratica malfunzionante. Non si può, inoltre, fare a meno di notare come l’Agenda che porta il suo cognome, oltre ad essere ricca di buoni propositi ed intenti programmatici, abbia anche qualche lacuna programmatica: non si fa menzione di temi che, chissà perché, la tradizione, sempre quella, vuole attribuire alla sinistra, come se la dignità dell’uomo fosse una foto fatta di profilo e sempre dallo stesso lato.
Non capiamo, ad esempio, come possa un Presidente del Consiglio in pectore nutrire così poco interesse per la situazione delle carceri, per l’assenza diritti dei cittadini stranieri, per gli amori dello stesso sesso, per l’abbandono delle famiglie italiane che versano in uno stato d’indigenza cronica, e che sono state duramente colpite dalle precedenti manovre. Non capiamo, in particolare, come abbia fatto a dimenticare il necessario sostrato delle sue riforme, ossia l’uomo, che di metafore non ne dovrebbe avere e che invece, scopro, Lei ripetutamente definisce “capitale umano”. Siamo dunque sicuri che questo famigerato risanamento dell’economia possa avvenire soltanto mettendo all’angolo tutte le istanze sociali più innovative, belle, mi passi il termine, coraggiose del ventunesimo secolo? Il futuro può essere soltanto rimandato nella sua realizzazione, in fondo: c’è un Paese pulsante, in fibrillazione, dietro l’angolo delle sue riforme che rivendica attenzione e converge sull’avanzamento. Non dimentichiamolo.
Dovremmo codificare il diritto di ambire a dell’altro – quando qualcosa non ci sta del tutto bene o non ci sta bene del tutto: misure alternative della pena che prendano il posto delle nostre orripilanti carceri e, perché no, puntino a bypassarlo del tutto almeno per i reati meno gravi, altre forme di cittadinanza che siano in perfetta armonia proprio con il suo concetto di integrazione sovranazionale, altre forme di famiglia, che nulla tolgano alle famiglie esistenti, altre forme di disposizione della propria esistenza, ad esempio norme sul fine vita, altre forme di tassazione che siano indulgenti con chi ha poco ed intransigenti con chi può, in attuazione del principio di progressività e lontane da derive di terrorismo tributario: ci piacerebbe, ad esempio, che si rendesse conto della profonda ingiustizia dell’attuale livello di tassazione delle transazioni finanziarie. Crediamo che l’alternativa rispetto a ciò che non piace sia un obiettivo da concretizzare e da pensare alla portata di tutti e crediamo infine anche nella speranza che il dissenso che qui stasera siamo venuti a manifestare possa diventare l’ortodossia di domani.