Che il Pd fosse partito all’attacco lo si era compreso già ieri: al comizio di Pier Luigi Bersani a Palermo: «Il M5S ha portato dei temi che ci interrogano, poi è stato caricato di elementi di protesta anche generici. Io contesto dove lo sta portando Grillo. Noi, invece, ci mettiamo all’ascolto». Prima l’ascolto, e poi il dialogo: sarà questa la strategia di Pier Luigi Bersani e del centrosinistra all’indomani del 25 febbraio, quando si scoprirà se il centrosinistra avrà o meno la maggioranza nei due rami del Parlamento? A Largo del Nazareno, sede nazionale del Pd, il centrosinistra è dato in vantaggio sul centrodestra, ma la compagine del premier Mario Monti non decolla. E potrebbe addirittura non raggiungere l’8% in alcune regioni. E il vantaggio (risicatissimo) potrebbe non bastare.
Bersani vuole spianarsi la strada in vista dei difficili equilibri parlamentari che si profilano dopo il voto, ed ecco perché ha sguinzagliato due fedelissimi per iniziare a flirtare con i grillini. Stamane sul Corriere della Sera Nico Stumpo, salito alla ribalta delle cronache per aver guidato la macchina organizzativa delle primarie dello scorso 25 novembre, si è pronunciato così: «Non prevediamo discussioni con il Movimento 5 Stelle, ma con i singoli futuri eletti. Il M5S rappresenta il termometro del malcontento italiano». Chiaro, no?
È stato più diplomatico lo storico Miguel Gotor, capolista del Pd al Senato in Umbria, che al Fatto Quotidiano dice: «[…] Ma i deputati del Movimento 5 Stelle hanno il diritto e il dovere di essere valutati per i loro comportamenti. Dovranno eleggere i loro capigruppo, fare dichiarazioni di voto, assumersi come responsabilità e questo sarà un bene: inizia una nuova fase di quel movimento». E ancora: «A pelle, preferirei un grillino, o per meglio dire, un esponente del M5S». Anche qui, c’è poco spazio all’interpretazione.
In sostanza, l’obiettivo del centrosinistra a guida Bersani sarebbe quello di coinvolgere il M5S sui grandi temi: da una legge sul falso in bilancio, alle norme anti-corruzione, passando per la diminuzione del numero dei parlamentari e per una legge sul conflitto di interesse. Dal quartier generale di Beppe Grillo, il capolista del M5S in Lombardia al Senato Vito Crimi (e prima già candidato a governatore della regione Lombardia) rilancia, corregge il tiro ma di fatto non esclude una convergenza sui grandi temi: «Se vogliono dialogare dovranno farlo con il M5S, non con i singoli parlamentari. Se faranno proposte serie di buon senso che vanno verso il miglioramento noi ci saremo».
Se ci si pensa bene, i precedenti ci sono già. Al Nazareno guardano con interesse al cosiddetto “modello Crocetta”. All’indomani della vittoria alle elezioni regionali siciliane Rosario Crocetta ha subito aperto al M5S, e oggi il governatore della Sicilia ne parla come se fossero alleati del centrosinistra: «Io li ho sempre considerati politici, nel mio modo di vedere le cose li considero persino alleati, nonostante i partiti che sostengono il governo li guardino magari con diffidenza. Ma io sono stato il primo ad aprire ai grillini, quando per esempio gli altri partiti volevano fare un accordo per lasciarli fuori dalle cariche parlamentari io ho detto no». Fino ad oggi su tutti i provvedimenti approvati all’Ars c’è stata massima convergenza fra la coalizione guidata da Crocetta e i grillini di Sicilia. Tant’è che Rosario Crocetta prova ad indicare la rotta ai grillini che entreranno in Parlamento: «Credo che i grillini siciliani possano essere un esempio da seguire per il Movimento Cinque Stelle nazionale». Ecco perché anche Massimo D’Alema nel corso di un dibattito a Roma sulla presentazione del suo libro Controcorrente aprì nettamente al M5S, «si deve discutere con loro», evocando il «modello Crocetta» in vista del prossimo governo di centrosinistra.
Insomma, non sarebbe una novità per il centrosinistra. C’è già un precedente storico. Nel 1946 quando in Parlamento entrarono i “qualunquisti” di Guglielmo Giannini, una compagine populista per eccellenza, Palmiro Togliatti aprì al movimento, nonostante due anni prima Giannini aveva definito Togliatti un «verme, farabutto, e falsario». Oggi Grillo insulta i vertici del Pd, e li vuole fuori dal Palazzo. E dal 26 febbraio cosa dirà?