Il caso è esploso la scorsa settimana, dopo la decisione della procura di Trani di aprire, sulla base di un esposto dell’Adusbef, un’indagine su possibili omissioni nella vigilanza di Consob e Banca d’Italia, ipotizzando i reati di truffa e manipolazione del mercato. Un’iniziativa che ha suscitato irritazione nelle procure naturalmente competenti a indagare sui reati che coinvolgono le due autorità di vigilanza. Milano, che indagava per manipolazione del mercato, e che si era già spogliata della sua inchiesta inviando gli atti a Siena. E Roma, competente su tutto ciò che coinvolge via Nazionale.
Non a caso piazzale Clodio, pochi giorni dopo, ha a sua volta aperto un’inchiesta per manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza dopo la denuncia di un’altra associazione dei consumatori, il Codacons. Una mossa che molti hanno letto come un palese tentativo di sbarrare la strada ai colleghi pugliesi. I quali, dopo gli attacchi del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati («Ci sono uffici dove sembra che la regola della competenza territoriale sia un optional») e del vicepresidente del Csm, Michele Vietti («C’è qualche iniziativa estemporanea dettata più dall’esigenza di inseguire la notorietà che da un coerente e responsabile esercizio dell’azione penale»), e la decisione di Palazzo dei Marescialli di aprire una pratica per valutare eventuali modifiche alle norme sulla competenza, il 4 febbraio si sono decisi a inviare gli atti a Siena.
Resta ancora da sciogliere il nodo della competenza a indagare di Roma. Dove le inchieste su Mps, al momento, sono almeno tre. I primi due fascicoli, secondo quanto risulta a Linkiesta, sono stati aperti lo scorso novembre, dopo le denunce di due investitori, e affidati al procuratore aggiunto Nello Rossi, capo del pool per i reati economici, e al pm Michele Nardi. Si tratta del magistrato che si occupa dell’Idi, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata (che fa capo alla Congregazione dei figli dell’immacolata concezione) con un buco nei conti di 600 milioni. La scorsa estate l’inchiesta ha rischiato di innescare una crisi diplomatica con la Santa Sede dopo una perquisizione della Guardia di Finanza in via della Conciliazione, in territorio vaticano. Nardi si è anche occupato di malasanità. Lo scorso ottobre, dopo la morte di un paziente a causa di un’infezione al Policlinico Umberto I, iscrisse nel registro degli indagati, per omicidio colposo, 107 tra medici e infermieri, praticamente l’intero staff sanitario.
Da novembre a oggi i due fascicoli su Mps non avrebbero fatto molti passi in avanti. Procede invece spedita la terza inchiesta, quella avviata dopo l’esposto del Codacons. Anche in questo caso le indagini sono coordinate da Rossi, affiancato dal pm Giorgio Orano, noto soprattutto per l’inchiesta sul tentativo di scalata all’As Roma nel 2009 del fantomatico gruppo societario che faceva capo all’agente Fifa Vinicio Fioranelli (che ha patteggiato, gli altri imputati sono a processo). Da tempo Orano indaga per truffa anche sui “Punti verde”, le aree degradate della Capitale recuperate a verde e date in concessione ai privati.
A marzo dello scorso anno sono stati effettuati i primi arresti di imprenditori e funzionari del Comune e entro qualche settimana arriveranno le prime richieste di rinvio a giudizio per uno dei filoni d’indagine. Per Monte dei Paschi, Rossi e Orano hanno già recuperato tutta la documentazione di Consob e Bankitalia e ascoltato i funzionari che si occuparono dell’acquisizione di Antonveneta e delle successive ricapitalizzazioni di Rocca Salimbeni. Dalle carte fin qui acquisite sembrerebbe emergere senza ombra di dubbio che la competenza a indagare è di Siena. È lì che sarebbe stato commesso il reato più grave, la manipolazione del mercato, punito con la reclusione fino a 12 anni. Ed è quindi lì che, in base alle regole della competenza, saranno attratti tutti i fascicoli aperti su Mps.
Le stesse carte dei pm toscani Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso parlano chiaro al riguardo: è da Siena che gli ex vertici della banca, dal 2008 e fino a marzo 2009, avrebbero diffuso false informazioni per nascondere al mercato che il bond Fresh da 1 miliardo stipulato con Jp Morgan nell’ambito dell’operazione Antonveneta, e sottoscritto per 490 milioni dalla stessa fondazione Mps, non era una reale ricapitalizzazione in quanto il rischio non era stato trasferito pienamente sui sottoscrittori del titolo. I, particolare, i pm accusano l’ex presidente Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e l’ex direttore finanziario Daniele Pirondini di avere «con più azioni consecutive del medesimo disegno criminoso, partecipato e contribuito alla predisposizione della complessa operazione finanziaria denominata “Fresh 2008”, diffondendo al mercato notizie false idonee a determinare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione Mps».
A Roma resterebbe solo la competenza a indagare per ostacolo alla vigilanza di Bankitalia. Ma ancora una volta la questione è tutt’altro che pacifica. Perché il reato può realizzarsi tramite l’occultamento di notizie rilevanti e con la comunicazione all’autorità di vigilanza di false informazioni. Anche in questo caso l’occultamento, che ai fini del radicamento della competenza a indagare va considerato prevalente, sarebbe stato commesso a Siena. Ragione per la quale, già nelle prossime ore l’aggiunto Rossi e i pm Orano e Nardi potrebbero decidere di inviare tutte le carte in Toscana.
Resterà invece nella Capitale l’indagine sugli incontri per l’acquisizione di Antonveneta dal Banco Santander da parte di Mps che, secondo quanto rivelato al Corriere della Sera da una fonte riservata d’Oltretevere, si sarebbero svolti allo Ior tra il direttore Paolo Cipriani, monsignor Piero Pioppo e Andrea Orcel, il banchiere di area cattolica, vicino al numero uno del Santander Emilio Botin e a Ettore Gotti Tedeschi. Nel 2007 Orcel seguiva banca Santander nella scalata ad Abn Amro e subito dopo venne nominato advisor di Montepaschi per l’affare Antonveneta.
Secondo il supertestimone, all’epoca furono aperti allo Ior almeno 4 conti, tutti appoggiati sulla filiale di Banca del Fucino di via Tomacelli a Roma. In uno, il 779245000141, il 21 novembre 2009 sarebbero stati depositati 100mila euro in contanti, a cui sarebbero seguite altre tre tranche da 400mila euro, per un totale di 1,3 milioni. Soldi che sarebbero finiti ai manager che organizzarono l’acquisto di Antonveneta. Della vicenda si stanno occupando, oltre all’aggiunto Nello Rossi, i pm Stefano Fava e Stefano Pesci che già indagano per riciclaggio su altre operazioni che coinvolgono lo Ior.
Dopo avere ascoltato Paolo Mondani, il giornalista autore dell’articolo apparso sul Corriere, i pm hanno inoltrato al Vaticano una serie di rogatorie per conoscere i nomi degli istituti religiosi a cui risultano intestati i quattro conti e i reali beneficiari. Il tutto a dispetto delle smentite del direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che nega categoricamente qualsiasi coinvolgimento della Santa Sede e dello Ior nella vicenda.
I pm Fava e Pesci vantano una lunga esperienza in materia di reati finanziari. Il primo ha alle spalle un sfilza di inchieste per bancarotta, riciclaggio e corruzione, quasi sempre concluse con la condanna degli imputati. È il pm delle indagini per bancarotta a carico di Vittorio Cecchi Gori (che alcuni giorni fa, per il crac Safin, è stato condannato in primo grado) e che tre anni fa ha messo in serio imbarazzo il Vaticano con il sequestro allo Ior di 23 milioni di euro (tre dei quali movimentati, guarda caso, proprio sulla Banca del Fucino) che è costato l’iscrizione nel registro degli indagati per il mancato rispetto della normativa antiriciclaggio all’ex presidente Gotti Tedeschi e al dg Cipriani. Pesci ha al suo attivo, tra le altre, l’inchiesta sul fallimento di Alitalia che vede imputati Giancarlo Cimoli e altri sei ex dirigenti della compagnia aerea (a giorni il gup si pronuncerà sulle richieste di rinvio a giudizio), quella per appropriazione indebita all’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, già rinviato a giudizio, e quella per peculato sull’ex capogruppo dell’Idv nel Lazio, Vincenzo Maruccio.
L’ultima novità dell’inchiesta su Mps arriva dalla procura di Forlì. Che, indagando sulla Cassa di Risparmio di San Marino (il procedimento è alla fase dell’udienza preliminare) si sono imbattuti in quelle che potrebbero rivelarsi ulteriori scorie dell’acquisizione di Antonveneta. I pm hanno scoperto che su un conto corrente, il 4370-56 acceso dalla Cassa di Risparmio di San Marino presso la filiale di Forlì di Mps, dal 2004 al 2008 è transitato oltre un miliardo di euro. Il procuratore capo di Forlì Sergio Sottani e il pm Fabio De Vizio hanno già provveduto a consegnare tutti gli atti relativi a questo filone dell’indagine ai colleghi di Siena per i necessari approfondimenti. L’ipotesi, ancora tutta da verificare, è che proprio quel canale possa essere stato usato per per fare transitare per il Titano provviste destinate a soggetti coinvolti nell’affare Antonveneta.