Gli italiani all’estero, ma residenti nel nostro Paese, hanno scelto il centrosinistra. In maniera netta, al contrario dei risultati reali. Sia alla Camera dei deputati sia al Senato, con il 41,5 e il 42,7 per cento. Sono questi i numeri definitivi delle elezioni politiche “simboliche” svoltesi tra il 20 e il 24 febbraio nei seggi autogestiti di #iovotolostesso, iniziativa collegata alla protesta degli studenti italiani del progetto Erasmus #iovogliovotare. I comitati elettorali per eleggere (seppur simbolicamente) a distanza il nuovo governo avevano sede in 24 diverse città europee: da Amsterdam a Madrid, da Parigi a York. Tra piazze, università o addirittura i propri appartamenti, sono stati allestiti veri e propri seggi elettorali.
Alle spalle della coalizione di centrosinistra, gli italiani temporaneamente oltre confine hanno premiato lo tsunami del Movimento cinque stelle: il 26% alla Camera e il 30,7% al Senato. Al terzo posto, con percentuali simili, Rivoluzione civile di Ingroia e la coalizione montiana con Fli e Udc. Non supera il 4%, invece, la coalizione di centrodestra, che in questo disegno sarebbe quindi fuori da entrambe le Camere.
«Abbiamo espresso insieme la nostra indignazione nei confronti del decreto legge 223, che il 18 dicembre 2012 ha ignorato tutti i cittadini italiani temporaneamente all’estero non permettendo loro di “portarsi all’estero” il proprio diritto di voto, riconosciuto e tutelato dalla Costituzione», scrivono in un comunicato.
L’unica soluzione per poter votare dall’estero è quella di iscriversi all’Aire, l’anagrafe italiani residenti all’estero. Ma può farlo solo chi vive oltre confine da più di un anno. Troppo, per progetti di studio che nella maggior parte dei casi vanno dai tre ai nove mesi, e che comunque non superano i 12 mesi. Tanto vale, quindi, votare lo stesso. Anche se solo simbolicamente. Grazie ai social network, è stato così organizzato un voto di protesta. Gli hashtag da seguire su Twitter sono due: #iovotolostesso e #iovogliovotare. La polemica era cresciuta, dopo il no di Palazzo Chigi, tanto che alcune società hanno offerto cento euro ai primi 50 studenti in lista per tornare in Italia ed esercitare il diritto di voto.
A votare sono stati 1.283 italiani all’estero per motivi di studio o di lavoro. Se si tiene conto che secondo il Rapporto Annuale Erasmus gli studenti che scelgono di partecipare a questo programma universitario sono circa 25mila, anche per il voto simbolico alla fine ha vinto l’astensionismo. Tra i votanti, i concittadini all’estero per motivi di studio sono stati 1.029, di cui 783 studenti Erasmus. Ventitrè anni l’età media del totale dei votanti.
Le elezioni sono avvenute per via elettronica sulla piattaforma Eligo. Tramite la stessa piattaforma hanno votato anche i fuori sede in giro per l’Italia, cioè coloro che sono residenti in una città ma per studio o lavoro si trovano in un’altra. Su circa 900mila persone, solo 978 hanno votato. E in questo caso a prevalere è stato il Movimento cinque stelle. «Nonostante abbiano già presentato nel dicembre 2011 al Parlamento un ddl, il 3054, che avrebbe permesso l’esercizio del diritto di voto anche per i fuorisede», si legge ancora nel comunicato, «ad oggi non è stato ancora preso nessun provvedimento in merito».
Ad accendere ancor di più la discussione sul non voto degli studenti Erasmus alla vigilia delle elezioni era stata anche la decisione di far rientrare i due Marò italiani prigionieri in India. «I Marò possono votare, gli Erasmus no», hanno scritto in tanti su Twitter. Gli stessi che hanno dato 142 voti al Pd di Bersani e 99 a Sel di Nichi Vendola. Voti solo simbolici, certo. Ma magari qualcuno ora si starà già mangiando le mani.