Quando era Mps a salvare le banche “spregiudicate”

Quando era Mps a salvare le banche “spregiudicate”

Operazioni spregiudicate, clienti raggirati, un’ispezione della Banca d’Italia che non trova irregolarità. Sembra oggi, e invece è ieri. Siamo nel 1981 e questa volta non a Siena, bensì nella rivale Firenze. La banca che salta ha un nome prestigiosissimo: Steinhauslin. Era stata fondata nel 1868, ai tempi in cui Firenze era capitale d’Italia, ma si chiamava un modo diverso. Il cambio di nome avviene nel 1885 quando entra in società lo svizzero Carlo Steinhauslin.

Nel 1917 la banca compra la sede di palazzo Sassetti, un edificio trecentesco nel cuore della città, dove tuttora si trova. Diventa l’istituto di riferimento dell’aristocrazia, e quando scoppia lo scandalo l’elenco dei convocati dal magistrato sembra “l’Almanacco del Gotha” (la bibbia dell’aristocrazia): Wilfredo della Gherardesca, discendente dell’Ugolino di dantesca memoria; i fratelli Gigliola e Fabio Borgia che discendono da papa Alessandro VI, mentre il nome del principe Stefano Piccolomini Clementini Adami richiama un altro pontefice. E ci sono la marchesa Ilaria Antinori in Marsichi Lenzi, sorella di Piero Antinori, presidente dell’omonima e celebre casa vinicola, la principessa Gloria Pignatelli d’Aragona, il conte Vivarelli Colonna, la principessa Lucrezia Corsini Miari Fulcis, il conte Cesare Puccinelli Sannini, la marchesa Carla Placidi di Mazzarosa, Maria Giovanna Bosio de’ Peverelli Luschi. Su tutti una regina, Elena di Romania, che però muore prima di essere sentita dal giudice. Naturalmente, visto che alla fin fine la Rivoluzione francese c’è pur sempre stata, agli indagati di sangue blu si affiancano i comuni mortali: buoni borghesi come i titolari del caffè Paskowski, del ristorante Sabatini, della gelateria Vivoli, antiquari, industriali della vicina Prato, gli stilisti Ferragamo e Trussardi, nomi più o meno noti come il politologo Giovanni Sartori o Italo Allodi, al tempo responsabile del centro tecnico di Coverciano e – potevano mancare? – alcuni calciatori della Fiorentina.

Ma che è successo? Un rampollo della Firenze-bene, il sorridente e aitante Guido Niccolai, già campione del mondo di motonautica, socio al 15 per cento, nonché consigliere d’amministrazione dell’istituto di credito, si mette a garantire interessi da capogiro ai clienti più in vista. Offre il 20, persino il 30 per cento: si è visto proporre questo tasso un industriale pratese che ha depositato in un libretto la bellezza di venti miliardi di lire. Niccolai crea una vera e propria banca nella banca. Ma quando i clienti incominciano a chiedere la restituzione del denaro investito, non è più in grado di far fronte agli impegni.

E alla fine, come sempre, la piramide crolla: il 9 ottobre Niccolai si dimette, mentre la magistratura apre le indagini. «Firenze, il brutto pasticcio dalla banca Steinhuaslin», titola la Stampa del 22 ottobre. Emerge un buco di 40 miliardi, l’istituto non è in grado di reggerlo e viene commissariato (notare che un’ispezione della Banca d’Italia del dicembre 1980 non aveva trovato nulla da ridire). «È assurdo, abbiamo impiegato cento anni per creare un patrimonio di 10 miliardi e tu adesso racconti che ne hai persi 40», commenta uno degli amministratori quando Niccolai gli confessa l’ammanco.

Il finanziere motonauta viene arrestato (sarà condannato) e naturalmente finisce sotto inchiesta anche il titolare della banca, Jean Leon Steinhauslin (è morto di recente, nel luglio 2012, a 84 anni). La sua vicenda giudiziaria è complicatissima: nel 1984 viene raggiunto da un mandato di cattura a Ginevra, dove nel frattempo si è ritirato. Al processo di primo grado, nel 1989, viene condannato a nove anni, nel processo d’appello viene riconosciuto totalmente estraneo ai fatti, ma il suo nome ormai è infangato per sempre e per un banchiere la reputazione è tutto. Sarà anche cittadino svizzero, ma è pur sempre un toscano, e non ci va certo giù leggero: «Fu un’ingiustizia, una caccia alle streghe, un complotto finalizzato a scipparmi la banca», dichiara al giornalista fiorentino Marco Bardazzi che ricostruisce in un libro il crac finanziario. Steinhauslin se la prende un po’ con tutti: magistrati, grandi burocrati, Banca d’Italia, con il governatore di allora Carlo Azeglio Ciampi e con Lamberto Dini, all’epoca direttore dell’istituto di emissione.
Si indaga anche sull’esportazione di valuta, attraverso la ginevrina Banca Pictet: otto miliardi di lire esportati tra il 1977 e il 1981. Il rumore del botto è enorme, i nomi coinvolti sono altisonanti, l’entità del buco, per il tempo, è siderale. 

La banca Steinhauslin finisce miseramente la sua esistenza di solido istituto della buona borghesia e dell’aristocrazia fiorentine. I commissari sottolineano di non aver nulla a che fare con le operazioni spregiudicate: «La nuova gestione è assolutamente estranea», affermano. La Banca d’Italia tappa la falla, ma a quel punto l’unica strada percorribile è vendere l’istituto. Passa di mano parecchie volte: il primo acquirente è la Banca popolare di Lodi e quindi diventa proprietà della Banca agricola mantovana. Nel 1999 entra in un gruppo toscano e nel 2004 è fusa per incorporazione con una nota banca di Siena: il Monte dei Paschi.
 

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