La proposta avanzata da Silvio Berlusconi di abolire l’Imu sulla prima casa a decorrere dall’anno in corso restituendo ai contribuenti quanto versato nel 2012 è stata assai criticata soprattutto dal punto di vista della fattibilità (la copertura finanziaria appare a molti analisti assai discutibile), in relazione alla difficile condizione della finanza pubblica italiana. Un aspetto meno evidenziato – ma estremamente importante ai fini della valutazione della proposta – sono gli effetti dal punto di vista redistributivo.
L’imposta municipale propria (Imu), introdotta in sostituzione dell’Ici dal decreto legislativo sul “federalismo municipale” approvato a marzo 2011 dal Governo Berlusconi (D.Lgs. 23/2011) e modificata dall’art. 13 cd. Decreto “Salva Italia” (D.L. 201/2011), prevede un aliquota base sulle abitazioni principali pari al 4 per mille (con la possibilità per i Comuni di aumentarla o ridurla fino al 2 per mille), una detrazione pari a 200 euro (maggiorata per gli anni 2012 e 2013 di 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni). Il d.l. 201/2011 ha inoltre aumentato del 60 per cento il coefficiente di calcolo della base imponibile dell’Imu sulle abitazioni principali.
Un recente studio presentato a fine novembre 2012 dall’Agenzia del Territorio (“Gli immobili in Italia 2012”) analizza, nel capitolo 6, gli effetti distributivi dei versamenti dell’Imu.
Nel 2012 l’Imu abitazione principale ha prodotto un gettito pari a 4 miliardi € (calcolati ad aliquote effettive), un ammontare superiore ai 3,3 miliardi € stimati dall’Agenzia ad aliquota base a causa della decisione di molti comuni di ritoccare all’insù l’aliquota. I dati dell’Agenzia confermano la forte concentrazione del gettito dell’imposta, strettamente correlata a quella dei valori catastali delle abitazioni principali e alla progressività dell’Imu sulla prima casa:
Decili di rendita catastale |
% Gettito |
Stima gettito ad aliquote effettive (milioni di euro) |
I |
2,38% |
95 |
II |
2,70% |
108 |
III |
4,17% |
167 |
IV |
5,43% |
217 |
V |
6,93% |
277 |
VI |
8,62% |
345 |
VII |
10,96% |
438 |
VIII |
14,16% |
566 |
IX |
18,57% |
743 |
X |
26,08% |
1043 |
TOTALE |
100,00& |
4000 |
Secondo l’analisi dell’Agenzia il 10% dei contribuenti più “ricchi” in termini di rendita catastale (ovvero i contribuenti del X decile: coloro che possiedono immobili caratterizzati dalla rendita catastale più elevata) ha versato il 26,08% del totale (pari a 1,043 miliardi € ad aliquote effettive) e i contribuenti del IX il 18,57% (pari a 743 milioni €).
Nel complesso, il 20% dei contribuenti più “ricchi” ha versato il 44,65% dell’imposta. Ben diversa è la condizione dei contribuenti più “poveri”: quelli appartenenti al I decile hanno versato solamente il 2,38% dell’imposta (95 milioni € ad aliquote effettive) e quelli del II decile poco di più (il 2,70%, pari a 108 milioni €). Il 20% dei contribuenti più “poveri” ha quindi versato solo il 5,08% dell’imposta.
L’eventuale abolizione dell’Imu sull’abitazione principale comporterebbe perciò un forte beneficio per il 20% dei contribuenti più “ricchi”, che beneficerebbero nel 2013 di uno sgravio– tra restituzione di quanto versato nel 2012 e abolizione dell’imposta dall’anno in corso – pari a 3,572 miliardi €. Il beneficio sarebbe invece minimo per il 20% dei contribuenti più “poveri”, che pagherebbero 406 milioni € in meno.Una cifra 8,8 volte inferiore allo sgravio garantito ai più “ricchi”.
Milioni |
Restituzione 2012 |
Restituzione 2013 |
TOTALE |
20% più ricchi |
1786 |
1786 |
3572 |
20% più poveri |
203 |
203 |
406 |
TOTALE |
4000 |
4000 |
8000 |
Una revisione dell’Imu è certamente necessaria. Occorre, in particolare, alleggerire il carico sulle abitazioni principali di valore medio e medio-basso (il Partito Democratico propone di innalzare la detrazione a 500 euro) rendendo l’imposta più equa. Altra cosa è invece l’abolizione totale dell’Imu sulle prime case. Le ingenti risorse necessarie per esentare le abitazioni principali di valore più elevato potrebbero infatti essere meglio finalizzate utilizzandole per ridurre il carico fiscale sui redditi da lavoro e da impresa.
* tratto da Nens