Sì ai tirocini formativi: un colpo alla meritocrazia

Sì ai tirocini formativi: un colpo alla meritocrazia

Aggiornamento 24 marzo 13.46

In uno dei suoi ultimi atti da ministro, il titolare dell’Istruzione Francesco Profumo ha firmato un decreto che rettifica il D.M. N.249/2010. Il quale, oltre a prevedere nuovi criteri di programmazione del numero dei posti dei docenti abilitati necessari per il funzionamento del sistema formativo nazionale, ha affiancato al Tfa ordinario, percorsi abilitanti riservati (il cosiddetto TFA speciale), con una misura transitoria limitata a tre anni (2012-13, 2013-14 e 2014-15).

La misura riguarderà 75mila precari e si articolerà in tre percorsi:  una prova nazionale “tendente ad accertare le capacità logiche, di sintesi e linguistiche del candidato, che potrà conseguire un punteggio fino a 35 punti”; la graduatoria compilata sulla base dei punteggi conseguiti nella prova nazionale servirà anche a stabilire l’ordine delle ammissioni ai percorsi abilitanti riservati nelle singole università, che, visto il numero rilevante degli aventi diritto, specie per alcune classi di concorso più affollate, potranno prevedere più edizioni. Poi, un percorso universitario “con insegnamenti in aula per un totale di 41 crediti formativi, con verifiche per ciascun insegnamento che – se superate – potranno far conseguire all’abilitando da 30 a 50 punti”. Infine, la prova finale “che andrà ad accertare la preparazione professionale e sarà valutata con un punteggio fino a 15 punti”. Il titolo di abilitazione sarà dunque conseguito se il candidato avra’ ottenuto un punteggio complessivo di almeno 60/100. (Agi)

Ieri la commissione Cultura della Camera ha dato parere favorevole sul Dm 249/2010 che propone l’istituzione dei Tfa (Tirocini formativi attivi) speciali, un percorso riservato a coloro i quali, privi di abilitazione, abbiano svolto supplenze brevi per almeno 540 giorni nella scuola pubblica. Si tratta, insomma, dei supplenti iscritti nelle graduatorie di istituto o dei docenti che hanno lavorato presso scuole paritarie.

Secondo alcune stime potrebbero essere circa 50.000, secondo altri anche molti di più: il numero degli ammessi sarà legato ai criteri stabiliti dal testo ministeriale alla fine dell’iter e potrebbe arrivare a 80.000. Per costoro non è prevista alcuna prova d’accesso. Pure al netto di alcune condizioni approvate dalla commissione VII, che mirano a preservare chi frequenta oggi i Tfa ordinari, l’attivazione di questo canale rischia di deformare gli obiettivi di una riforma della formazione degli insegnanti entrata in vigore solo quest’anno.

Sono 4.275 per le scuole secondaria di primo grado e 15.792 per la scuola secondaria di II grado gli specializzandi che seguono i corsi del Tfa ordinario. Sono dunque complessivamente in 20.067 su tutto il territorio nazionale e hanno superato tra luglio e ottobre tre rigide selezioni. Numeri studiati con attenzione durante la lunga e contorta genesi del percorso abilitante che ha sostituito la vecchia Ssis (Scuola di specializzazione dell’insegnamento), sospesa dal ministro Gelmini nel 2008. Già una volta erano stati ritoccati per accogliere richieste di ampliamento dei posti a disposizione.

Nei fatti, il Miur aveva stimato i reali fabbisogni su base regionale del corpo docente, alla formulazione dei quali concorrevano cattedre scoperte, previsioni di pensionamento e altre dinamiche simili. Le stime erano servite a evitare nuove forme di precariato, come quello delle affollatissime Gae (Graduatorie a esaurimento) ovvero le graduatorie cosiddette permanenti che accolgono gli idonei vincitori dell’ultimo concorso concluso (1999) e i sissini, ovvero abilitati tramite Ssis, entrambi detti «precari storici».

La decisione di istituire Tfa speciali fa ora molto discutere, perché è vista  come emblematica della penalizzazione del merito: ci sono 20.067 persone che hanno studiato e superato una rigida prova. E ci sono circa 50.000 persone che quella prova non la faranno, in virtù di un servizio quantificato ma non verificato nella qualità. Entrambe le categorie però alla fine otterranno la stessa identica agognata abilitazione all’insegnamento (attenzione: non la cattedra). Sulla questione del merito altri sono intervenuti, pure in modo trasversale sul piano politico.

Ma si sottolinea anche la non sostenibilità di numeri di questo calibro. Con l’attivazione dei Tfa speciali, in un solo biennio, si potrebbe abilitare un numero di insegnanti che è quattro volte quello dei posti disponibili, ovvero quello stabilito da quei fabbisogni regionali, appena richiamati, già formulati in eccesso e che ancora non risentivano della riforma delle pensioni. Il rischio è quello di una nuova graduatoria in concorrenza con la prima e che per giunta potrebbe creare nuovamente, come purtroppo avvenuto in un recente passato, una sorta di tappo generazionale che andrebbe a gravare sui più giovani, sia quelli che hanno superato le prove del Tfa ordinario che sui futuri laureati. Vale la pena ricordare che l’età media degli ultimi inserimenti in ruolo è 42 anni, per altri addirittura 47. L’età media dei partecipanti al concorso a cattedra in fase di svolgimento (la seconda prova sarà a metà febbraio) è 38 anni. 

Con l’attivazione dei Tfa speciali non solo si stravolge l’iniziale programmazione del percorso formativo, ma anche l’idea di una sua riforma, ammette al suo interno vistose eccezioni. Senza programmazione e senza selezione sarà sempre più difficile che la scuola smetta di dare i numeri.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter