Telco, gli assicurati pagano gli inciuci di Generali

Telco, gli assicurati pagano gli inciuci di Generali

È la legge di Piazza Affari: gli inciuci di salotto prima o poi, presentano un conto piuttosto salato. Un conto che pagano sempre loro: i piccoli risparmiatori, gli assicurati e i contribuenti. Telco, la holding che detiene il 22,45% di Telecom Italia, a sua volta partecipata al 46,18% Telefonica, al 30,58% Generali e all’11,62% rispettivamente da Mediobanca e Intesa Sanpaolo, ieri ha nuovamente svalutato la sua partecipazione nell’ex monopolista da 1,5 a 1,2 euro per azione, un valore comunque lontanissimo dai 62 centesimi a cui quota il titolo. Ciò implica, per Telco, una minusvalenza di 920 milioni di euro, di cui 281 sul groppone del Leone alato di Trieste e circa altri 106 a testa su Mediobanca e Intesa.

Per un gigante come la terza compagnia assicurativa europea, che vanta attivi per 400 miliardi di euro, una svalutazione da 300 milioni è poco più di uno starnuto, ma rischia di evolversi in una febbre da cavallo. Secondo un report di Mediobanca, principale azionista di Generali al 13,5%, la quota in Telco va a copertura delle riserve tecniche del ramo vita, cioè a garanzia delle somme che le imprese assicurative sono obbligate ad accantonare per far fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati. Gli analisti di Piazzetta Cuccia, ricostruendo le mosse di Generali in occasione delle precedenti svalutazioni di Telecom Italia – l’ultima da 1,8 a 1,5 euro per azione a maggio 2012 – hanno calcolato che il 70% è di competenza degli assicurati, mentre il 30% degli azionisti. Traducendo: l’impatto sulle polizze è di 196 milioni circa (il 70% della svalutazione). 

Premesso che non si sa in quali e quante polizze sia spalmato l’investimento in Telco, val la pena di fare un paio di conti della serva, per capire a quali rischi sono esposti gli assicurati. Gesav, ad esempio, è uno dei prodotti di punta della compagnia guidata da Mario Greco, è una gestione separata storica – nasce nel 1979 – che ha offerto nel 2011 un rendimento al 4,3% e gestisce 17,5 miliardi di euro. A fine 2011 ha segnato un utile di 753 milioni. Ora, ipotizzando che la quota in Telco fosse interamente nel novero degli asset di Gesav, a quell’utile di 753 milioni andrebbero sottratti i 281 milioni di minusvalenza: rimarrebbero 472 milioni. Tuttavia, un utile di 472 milioni su 17,5 miliardi in gestione equivale a un rendimento del 2,6%, che è ben diverso dal 4,3% del 2011. Questo perché, a differenza del ramo danni, dove l’impatto di una minusvalenza è sul conto economico, nel caso del ramo vita va a colpire il rendimento delle polizze. Un rischio non così peregrino: nel rendimento riepilogativo del quarto trimestre 2012, le perdite su titoli quotati in euro ammontano a 121,2 milioni di euro, anche se di quali titoli si tratti non è dato sapere. A quanto si apprende non ci sarà alcun impatto sui rendimenti delle polizze sottoscritte dagli assicurati in quanto le perdite non realizzate non influiscono sui rendimenti.

Fonte: prospetti informativi Gesav

Certo, con 75 miliardi a disposizione (le riserve delle gestioni separate italiane calcolate dall’Ivass) una toppa dal valore di 300 milioni la si trova facilmente, ammesso che l’investimento non sia spalmato anche nelle gestioni estere. Ipotizzando che Generali svaluti non a 1,2 euro ma al fair value di 62 centesimi la quota in Telecom Italia, e se questa fosse tutta in pancia a Gesav, gli assicurati perderebbero il 3,3% di rendimento, se fosse ripartiti su tutte le gestioni separate italiane si perderebbe lo 0,8% di rendimento, mentre a livello globale, considerando tutte le riserve tecniche (300 miliardi di euro) lo 0,2 per cento. Ovviamente, per il singolo cliente il rendimento minimo garantito dipende dalle condizioni della polizza sottoscritta.

A questo punto Mario Greco ha due opzioni: privilegiare gli assicurati o gli azionisti. Nel primo caso Generali tiene il titolo Telco in portafoglio, nel secondo lo vende e lo riacquista. Tuttavia, se la compagnia ha comprato un titolo a 100 euro e ora vale 80 quei 20 euro lasciati sul terreno deprimono il rendimento della gestione. Al contrario, se vende a 80 euro un titolo acquistato a 100, l’azionista dovrà sopportare una perdita di 20 euro, in quanto spetta alla società integrare le riserve per garantire i minimi di rendimento contrattuali. È una scelta non banale, soprattutto a guardare l’azionariato del Leone

Va detto l’amministratore delegato, Mario Greco, si è ritrovato tra le mani gli investimenti “di sistema” e che – come è trapelato a margine della presentazione del piano industriale di inizio gennaio – pian piano e grandi soci permettendo, cercherà di razionalizzare. In sei mesi la compagnia ha venduto la controllata israeliana Migdal e soprattutto ha risolto l’onerosa joint venture Ppf, con il finanziere ceco Petr Kellner acquisendone il controllo. I dossier caldi sul tavolo riguardano ora la quota nella banca russa Vtb, l’acquisizione di Toro Assicurazioni dal gruppo De’ Agostini, la quota in Rcs, le operazioni con Palladio Finanziaria. 

In una delle sue prime interviste da numero uno di Generali, Mario Greco ha detto al Financial Times: «Mediobanca è un’azionista come tutti gli altri», aggiungendo: «Tutti gli azionisti hanno gli stessi diritti, che noi rispettiamo. Il board era consapevole che non sarei stato una buona scelta se l’idea era quella di avere qualche azionista che dettava la linea». Si spera che non siano solo parole. Anche perché a perderci sono gli assicurati. E in un’ottica di lungo periodo, conta di più la soddisfazione di un azionista o di un cliente?