«La volontà fa diventare re anche senza corona», proclamò quando sognava di diventare il «nuovo Berlusconi» vincendo le primarie (mai fatte) del Pdl. E monarca Alessandro Proto lo era diventato davvero, più con la fantasia che con la volontá: di un regno surreale, ora ’fotografato’ senza pietá dall’ordinanza di custodia cautelare.
Nel mondo fantastico del bel Proto, che dell’aspirante nobile aveva certamente le fattezze, c’era spazio per tutto. Una laurea alla Bocconi mai presa; una società che si è scoperto essere “una scatola vuota” e “in Gran Bretagna non ha ancora depositato il bilancio perché non ha ancora terminato il primo esercizio”; un’altra con sede a Chiasso, «senza uffici né dipendenti». Ma soprattutto conoscenze altolocate mai confermate, da Silvio Berlusconi a Roberto Formigoni, dall’avvocato del diavolo Giovanni Di Stefano a molti altri ancora: era sempre lui a mandarle in giro persino con account mail falsi.
Come ogni sovrano, Proto dichiarava di possedere un grande ’tesoro’ e nutriva spropositate mire di conquista in territori strategici: Rcs, Tod’s, Fondiaria, Unicredit, Mediaset, Generali, Mps, Mediobanca, La7, Il sole 24 ore e, da ultimo, il palazzo del Cortiere in via Solferino.
In battaglia la sua tattica era sempre la stessa: «divulgava – scrive il giudice – false notize sull’acquisto dei titoli al mercato in realtá mai effettuati e successivamente ne dava conferma alla Consob aggiungendo precisazioni che non consentivano all’organo di vigilanza di fare piena chiarezza sulla veridicitá delle operazioni di acquisto dei titoli».
Ma Proto era molto di più. Aveva iniziato a far girare per le redazioni di mezza Italia persino false informazioni su suoi coinvolgimenti in inchieste con Formigoni e persino in Mps. Ogni scandalo giudiziario era buono per poterci entrare dentro, far circolare il suo nome sui giornali e attirare l’attenzione su di sè. Ci sono cascati (quasi) tutti, da noi de Linkiesta al Fatto Quotidiano, dal Sole 24 Ore, al Corriere della Sera fino a Repubblica, che ha pubblicato pochi giorni fa un’indagine della procura di Lugano per riciclaggio per le sue azioni Mps. Ma ci sono cascati perfino i magistrati che si sono trovati a indagare su false informazioni che probabilmente era lui stesso a mettere in giro: a Lugano Proto è stato pure sentito dal procuratore federale Rigamonti per questa inchiesta di riciclaggio.
Se come ha ricostruito il Fatto Quotidiano tramite Gianni Barbacetto, la fonte di Proto sui rapporti con Daccò era falsa, allora molto probabilmente potevano essere false anche le mille altre fonti, da Vittorio a Carolina, che in questi mesi hanno sparso per tutti i giornali informazioni e veline dalla dubbia provenienza. Non solo. Il documento che testimonia il bonifico fatto da Proto a Daccò è vero? L’indagine per riciclaggio della procura di Lugano è vera? Il conto di Proto alla Caixa che hanno visto in tutte le redazioni d’Italia era vera? Era lui ad autodiffamarsi, per poi portare i giornalisti in tribunale e quindi truffarli con cause di diffamazione? Questo è un altro capitolo che dovrà essere appurato sul personaggio.
Del resto, anche sul fronte finanziario, alla sua platea, giornalisti e mercato, Proto assicurava anche di essere sostenuto da alleati stranieri. “Gli accertamenti compiuti – chiarisce il gip – portano a escludere che egli si occupi veramente di operazioni di trading in borsa per conto di operatori italiani e stranieri” e dalle telefonate intercettate “non é emerso nessun contatto” con questi fantomatici partner stranieri.
«Il nostro agire» – ecco un altro suo proclama – «é sempre stato alla luce del sole, non ho protezioni importanti, padri o nonni influenti». In effetti, scorrendo le decine di comunicati riportati nell’ordinanza che apparivano apertamente falsi, ci si chiede come sia sopravvissuto per oltre un anno il regno di Proto, degno della fantasia di Gianni Rodari. Forse il mondo della finanza é diventato così scollegato dalla fealtá che basta un uomo con un megafono per far credere che tutto é possibile, complici anche i giornalisti in caccia di titoli. Un caso più unico che raro, che forse meriterebbe un capitolo intero negli studi di psichiatria.