Ucciso il leader dell’opposizione Chokri Belaid

In Tunisia è caos

Quella che si sta profilando in Tunisia è una settimana di scontri e instabilità, simile a quella dalla quale è appena uscito l’Egitto. La causa scatenante è stata l’assassinio del leader del Fronte popolare, cartello che riunisce diverse sigle dell’opposizione tunisina, Chokri Belaid, del Partito patriottico democratico (Watan) e vicina a Neda Tunis, altra formazione dell’opposizione accusata apertamente dal partito islamico di Ennahda, al potere, di essere composta da elementi legati al vecchio regime di Ben Ali.

Questa mattina, mentre il politico usciva di casa, in base alla ricostruzione del ministero dell’Interno di Tunisi, un uomo con indosso un abito tradizionale tunisino ed un cappuccio per coprirsi il volto gli si è avvicinato ed ha esploso quattro colpi di pistola, uno dei quali lo ha colpito alla testa e un altro al petto.

Si è trattato di un agguato in piena regola eseguito contro un uomo che da tempo subiva minacce da parte dei gruppi estremisti islamici ma che non ha mai voluto chiedere la scorta. Episodio che riporta in auge lo scontro in corso in Tunisia tra la maggioranza guidata dagli islamici di Ennahda e l’opposizione laica e di sinistra, situazione simile appunto a quella che si registra in Egitto.

Dinamiche simili dettate dal fatto che al potere in questi due paesi ci sono due formazioni riconducibili ai Fratelli Musulmani che, una volta occupati posti di comando, si trova in difficoltà nel condividere le responsabilità e tende ad accentrare il potere nelle mani di pochi, a dispetto dei proclami di democrazia.

Se in Egitto si contesta ai Fratelli Musulmani di voler nominare giudici e imam che fanno capo al proprio gruppo, in Tunisia gli scontri più violenti finora registrati tra manifestanti e polizia si sono registrati nei mesi scorsi a Sidi Bouzid, città dove è partita la primavera araba, dopo la nomina di un governatore vicino ad Ennahda. Non a caso una delle prime polemiche sorte in Tunisia subito dopo l’ascesa al potere del partito islamico è stata la nomina di Rafiq Abdel Salam a ministro degli Esteri per il fatto che si trattava del genero del fondatore del gruppo, lo sceicco Rashid Ghannouchi. Si tratta dello stesso politico al centro di uno scandalo a sfondo sessuale ed è accusato da una Ong di aver ricevuto un finanziamento occulto da parte della Cina.

In un paese nel quale si era in attesa di un imminente rimpasto di governo, più volte rinviato, e nel quale i militanti salafiti compiono frequenti aggressioni ai danni di esponenti dell’opposizione, oggetto di numerosi atti di violenza anche da parte di miliziani della Lega per la protezione della rivoluzione, considerati fiancheggiatori del governo, e dove vengono assaltate le sedi del sindacato Ugtt, la notizia dell’omicidio di Belaid rappresenta un episodio inaccettabile per il Fronte popolare.

Per questo, in previsione di reazioni violente da parte di manifestanti dell’opposizione, i capi di Ennahda si sono riuniti questa mattina in un luogo segreto della capitale per decidere il da farsi. Tra i primi infatti ad intervenire è stato il premier Hamadi Djabali che ha definito quanto accaduto «un atto criminale che colpisce tutti i tunisini». Subito dopo è intervenuto il fondatore di Ennahda, lo sceicco Ghannouchi, che tramite la tv araba al Jazeera ha affermato che «l’omicidio di Belaid ha come obiettivo tutto il paese e la sua rivoluzione», aggiungendo che «è un crimine politico che condanno e che colpisce la stabilita del paese e il processo democratico, colpisce tutti i progetti di sviluppo portati avanti finora dal governo».

La gravità dell’omicidio è rappresentata anche dal fatto che il presidente tunisino, Mouncef Marzouki, ha deciso di rientrare in fretta in patria dalla Francia, dove si trovava. Marzouki ha anche annullato il viaggio al Cairo dove era atteso per partecipare al summit dei paesi dell’Organizzazione della Conferenza islamica. Era partito il giorno prima per Strasburgo, in Francia, dove ha tenuto un discorso al parlamento europeo, prima di incontrare un certo numero di parlamentari e politici dell’Unione europea. Un’ora dopo l’omicidio di Belaid è iniziato infatti un assembramento spontaneo di persone davanti alla sede del ministero dell’Interno di Tunisi.

In diverse migliaia sono scesi in strada e stanno manifestando nella città di Sidi Bouzid, mentre gruppi di manifestanti dell’opposizione, nel frattempo, hanno attaccato diverse sedi del partito islamico di Ennahda in diverse zone della Tunisia. La polizia tunisina è intervenuta anche a Sousse, città costiera tunisina, per disperdere un gruppo di manifestanti con i lacrimogeni. Gas che sono stati usati anche davanti alla sede del ministero dell’Interno di Tunisi dove poche ore dopo la manifestazione è degenerata in scontri con la polizia.

Questo perché l’opposizione tunisina ha accusato direttamente le autorità di Tunisi di non aver fatto nulla per difendere la vita di Belaid. Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Tunisi, Hamad Jamur, vicepresidente del partito di Chokri ha puntato il dito contro «la presidenza della repubblica tunisina che ha avuto un rapporto della sicurezza nel quale si diceva che Belaid era un obiettivo». Jamur ha affermato che «si è trattato di un assassinio politico perché ha colpito un simbolo. Avevamo avvertito il ministero dell’Interno dei nostri timori, ma (al ministero, ndr) non hanno preso provvedimenti». Jamur ha poi ammesso che «Belaid si è rifiutato di chiedere alla presidenza una scorta» e ha denunciato il fatto che il leader politico assassinato «abitava a solo 150 metri da una stazione di polizia».

Tra le cause politiche dell’assassinio ci sarebbe, secondo Jamur, il fatto che Belaid stava lavorando per dare vita a un dialogo nazionale che portasse il paese fuori da questa crisi politica. «Questo omicidio poteva essere evitato», ha concluso il vicepresidente del Partito dei patrioti democratici uniti. 

L’opposizione tunisina ha chiesto ai propri deputati di sospendere la partecipazione ai lavori dell’Assemblea costituente di Tunisi e ha proclamato lo sciopero generale nel giorno dei funerali di Belaid, la cui data non è stata ancora fissata. Si prevede che si tratti di un momento molto teso e al tempo stesso toccante per il paese se si considera che a poche ore dall’omicidio, una folla di persone ha accompagnato la salma dell’oppositore che veniva trasportata dall’ambulanza, mentre nel centro di Tunisi si registravano gli scontri tra manifestanti e polizia.

Quello che si teme infatti è che accada in Tunisia quanto accaduto in Egitto, dopo la proclamazione dell’Annuncio costituzionale da parte del presidente Mohammed Morsi e in occasione del secondo anniversario della rivoluzione del 25 gennaio, quando ci sono stati assalti alle sedi dei Fratelli Musulmani. Per questo un imponente dispositivo di sicurezza è stato approntato, nelle prime ore dopo l’assassinio, a protezione della sede centrale di Ennahda, nel quartiere Montplaisir della capitale tunisina.

Stesse precauzioni sono state adottate a protezione della casa di Rached Gannouchi, presidente di Ennahda che potrebbe essere presa di mira come l’abitazione di Morsi al Cairo. A Beja infatti e’ già partita la caccia all’uomo nei confronti dei più noti sostenitori del partito governativo islamico Ennahda. “Pattuglie” di manifestanti che protestano per l’uccisione di un leader dell’opposizione laica stanno battendo le strade per stanare i cosiddetti “nadahouisti”, approfittando del fatto che, secondo quanto riferisce il sito Tunisie Numerique, la polizia ha abbandonato il controllo delle strade e l’Esercito presidia gli accessi alla città, ma si tiene lontano dal centro.
 

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