Vittime innocenti del fuoco amico. Distanti anni luce, Nichi Vendola e Pier Ferdinando Casini rischiano di condividere lo stesso destino. Soffocati, elettoralmente parlando, dal principale alleato. Ridotti ai minimi termini – un consenso perso dopo l’altro – dall’eventuale asse parlamentare tra il Partito democratico e la Scelta civica di Mario Monti.
Rispetto alle aperture di ieri, il bollettino politico di oggi registra un raffreddamento nell’intesa tra Bersani e Monti. Al presidente del Consiglio che ha provato a mettere un po’ di pressione all’interlocutore («Se Bersani vuole collaborare, faccia chiarezza nel suo polo») il segretario democrat ha chiesto rispetto. Prendendo le difese di Vendola: «Il mio polo è il mio polo e che nessuno lo tocchi. A partire da lì sono pronto a discutere».
Nulla di preoccupante. È il gioco delle parti. Dopotutto Pd e montiani sono ancora in corsa per le elezioni. Da qui al giorno del voto arriveranno altri botta e risposta, forse anche più antipatici. Annunciare prima del tempo l’intesa potrebbe far perdere qualche consenso. «Non esiste alcun accordo – ha chiarito il premier poco fa – Queste cose saranno per il dopo elezioni». Dinamiche da campagna elettorale, insomma. Ma la collaborazione post voto tra il centrosinistra e Monti non sembra in discussione. Con buona pace di Vendola e Casini.
Nel caso dell’Udc il ridimensionamento è evidente. La campagna elettorale tutta all’attacco che lo spin doctor americano David Axelrod ha suggerito a Mario Monti ha avuto come prima vittima proprio i centristi. Il Professore doveva rubare consensi a destra e sinistra, ma ha finito per cannibalizzare il partito di Casini. Oggi l’ex presidente della Camera rischia di fare la fine di Gianfranco Fini (anche lui alleato del premier, ma ormai prossimo alla dissolvenza). I sondaggi accreditano l’Udc attorno al 3 per cento. Qualcuno immagina qualche decimale in più. La previsione più drammatica è quella dell’Ispo: secondo l’istituto diretto da Renato Mannheimer Casini sarebbe sceso fino al 2 per cento.
Ora il dialogo tra Monti e Bersani rischia di dare il colpo di grazia agli eredi della Dc. Se fino a qualche giorno fa Casini sembrava potersi proporre al centrosinistra come interlocutore privilegiato – le indiscrezioni giornalistiche ipotizzavano persino la nascita di un gruppo autonomo al Senato – adesso lo scenario è cambiato. Il premier e il segretario Pd hanno iniziato a dialogare pubblicamente. Seppure tra alti e bassi. Privando Casini anche del ruolo di ambasciatore.
Non è un caso se oggi Casini si sia affrettato a negare qualsiasi accordo tra montiani e centrosinistra. «Esiste ed esisterà in futuro la possibilità di dialogare – ha spiegato – Ma se la proposta è quella di dire “dateci una mano, fate la nostra stampella”, no grazie. Non ci interessa».
Ancora più difficile la posizione di Nichi Vendola. Sinistra ecologia e libertà è in difficoltà nei sondaggi già da qualche tempo. Diverse settimane fa il partito del governatore pugliese era accreditato tra il 5 e il 6 per cento. Oggi, stando ai principali istituti di ricerca, il partito vale circa il 4 per cento. L’emorragia di consensi è evidente. E coincide con la crescita della Rivoluzione civile di Antonio Ingroia. Oggi le due forze di sinistra si equivalgono. Ma è chiaro che uno sbilanciamento verso il centro della coalizione Italia Bene Comune finirebbe per danneggiare prevalentemente Vendola. Tutto a beneficio di Ingroia, che infatti cavalca l’argomento senza sosta («L’accordo tra Bersani e Monti? La sciagura più grossa che si potesse annunciare», denuncia oggi).
Così come Casini, anche Vendola prova a correre ai ripari. Oggi il leader di Sel alza la voce. Contro Monti, ma questa non è una novità. «La nostra coalizione ha il diritto di vincere senza un conservatore». Sottolineando – non è certo la prima volta – «l’inconciliabilità dei programmi del centrosinistra e di Monti». Il timore è tanto. E per la prima volta dall’inizio della campagna elettorale Vendola se la prende anche con Bersani. «Spero che non si voglia prendere la responsabilità di rompere l’alleanza di centrosinistra». Rischio che Bersani ha assicurato di non voler correre.