Africa, l’assalto cinese al mercato della telefonia

Il continente nero parla e naviga sempre di più

Nel novembre del 2011 mi trovavo a Kinshasa per seguire le elezioni legislative e presidenziali della Repubblica Democratica del Congo. Durante quella sfida elettorale, vi furono parecchi scontri tra i sostenitori dell’opposizione e quelli del Presidente in carica Kabila e la polizia con morti e feriti. Alla vigilia di un nuovo possibile raduno di manifestanti, le linee cellulari in tutta la capitale smisero di funzionare. I partiti di opposizione accusarono immediatamente il ministero dell’informazione di aver causato il black out per impedire il passaparola. Così andai dal ministro Lambert Mende, il quale rigettò ogni accusa: «Vede, i congolesi amano comunicare. Sono sempre che fanno telefonate, mandano sms… e il sistema è andato in tilt! Vedrà che le compagnie telefoniche risolveranno presto il problema…».

Al di là dell’aneddoto o delle presunte responsabilità di quell’evento (in effetti le linee vennero ripristinate alcune ore dopo), il Ministro congolese aveva ragione da vendere.

Gli africani comunicano sempre di più. Secondo gli ultimi dati riportati dal settimanale Jeune Afrique, l’Africa ha superato l’Unione Europea per abbonamenti cellulari con 720 milioni di contratti. Le proiezioni parlano di più di 900 milioni entro il 2015.

Il paragone con il mercato europeo però deve limitarsi alle dimensioni e ai tassi di crescita. Il mercato africano ha sue peculiarità: è un mercato in crescita in generale nonostante la crisi degli ultimi anni lo abbia comunque toccato. In molte realtà non vi sono linee di terra e quindi la telefonia cellulare è l’unico modo per collegare villaggi o centri rurali. In alcuni paesi gli eserciti comunicano attraverso il cellulare perché non dispongono di sufficienti sistemi di comunicazione radio.

Così, in questo quadro, investire nella telefonia mobile in Africa risulta di certo appetibile. La cinese Huawei ha di recente lanciato un nuovo modello di smartphone appositamente creato per il mercato del Continente Nero in collaborazione con Windows. “4Afrika” sarà venduto inizialmente in sette paesi: Angola Egitto, Costa d’Avorio, Kenya, Marocco, Nigeria e Africa del Sud. Il prezzo sarà pari a poco più di 100 euro (certo non proprio economico per alcuni mercati regionali). Per Huawei l’Africa rappresenta già il 13% del suo mercato. Ma non è la sola. La concorrente ZTE segue a ruota. La penetrazione degli smartphone viaggia a ritmi di più del 40%. E quindi le più grandi aziende mondiali guardano con rinnovato interesse a questo continente.

Tra le leve che stanno spingendo il tasso di penetrazione dei cellulari al 70-80% c’è il fattore prezzi. Le compagnie competono soprattutto sulle tariffe, con grandi vantaggi per i consumatori. Fra il 2010 e il 2011 secondo i dati di GSMA i prezzi sono scesi del 18%.

Quanto il mercato possa ancora espandersi lo fotografano ancora i dati di GSMA: il 36% degli africani che vive nel cosiddetto A25 (25 paesi africani che da soli comprendono il 90% del mercato di telefonia mobile) non hanno ancora accesso alle reti cellulari. Ma lo avranno nei prossimi anni. E il Pil africano nel complesso potrebbe crescere del 2%. Ad oggi il mercato dei cellulari contribuisce per il 3,5%.

I governi africani hanno ben compreso l’importanza dello sviluppo di questo mercato per il generale sviluppo sociale ed economico.

Tra poco potrebbe scendere in campo anche Baidu, il google cinese, che ha siglato un accordo con Orange per un browser di navigazione per portatili creato appositamente per l’Africa. Come spiega sempre al settimanale Jeune Afrique Nicholas Jotischky, analista di Informa Telecoms & Media, la Cina punta a proporre pacchetti completi: hardware, software, reti. A prezzi vantaggiosi. Con l’appoggio di Pechino. E con buona pace dei competitor americani, per esempio, o svedesi. Il punto innegabile è che la penetrazione economica cinese in Africa continua inesorabile, con modalità irresistibili. Veloce, con tanti soldi, efficace. E senza interessarsi minimamente alla politica locale, su cui spesso altri paesi, per esempio la Francia, vogliono dire la loro. Così Pechino è capace di saziare la fame di comunicazione degli africani, con un’asettica ed efficace strategia. Nel 2008 ero in Congo per seguire la ribellione guidata da Laurent Nkunda.

Tra le mille difficoltà logistiche dei gruppi ribelli nelle foreste congolesi, vi erano certamente le comunicazioni. Un collega mi riferì di aver assistito allo scambio effettuato da un giornalista inglese tra un cellulare e un fucile kalashnikov con un giovane miliziano. Un telefono in cambio di un’arma. Lo scambio andò in porto, alla pari. Considerate che con 50 dollari un AK 47 in Congo si recupera. Trovare un cellulare in quelle foreste era molto, molto più difficile. Ma non meno essenziale. 

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