Un ginepraio senza fine. Ecco cosa sta diventando il salvataggio di Cipro. Divisa fra l’eurozona e la Russia, l’isola del Mediterraneo rischia di sprofondare dentro l’abisso del default. Senza gli aiuti internazionali, infatti, l’area euro potrebbe vedere la seconda insolvenza di uno Stato membro nell’arco di due anni, dopo il default selettivo della Grecia. Il tempo stringe, Cipro non accenna a trovare soluzioni sostenibili e la pazienza di Commissione Ue e Banca centrale europea sta per finire. A tal punto che il cancelliere austriaco Werner Faymann non esclude nemmeno l’uscita dall’euro.
La battaglia più grande è sui depositi bancari. Dopo il grande rifiuto del Parlamento cipriota al pacchetto di aiuti proposto dall’Eurogruppo che prevedeva il prelievo forzoso dai depositi, si lavora a un’alternativa. Per ora sul tavolo rimane l’idea dell’Ue, appoggiata in prima istanza da Cipro: tassazione del 6,75% dei depositi sotto i 100.000 euro e del 9,9% per quelli al di sopra di questa soglia. La battaglia è sui depositi oltre i 100.000 euro, ovvero il 54% secondo i calcoli di Barclays. Nello specifico, spiega la banca britannica, si tratta di 36,917 miliardi di euro su 68,363 miliardi complessivi. L’obiettivo richiesto dalla troika (Commissione Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale) è quello di raccogliere circa 5,8 miliardi di euro. Tassando solo i depositi oltre i 500.000 euro, sempre al 9,9%, si otterrebbero circa 2,8 miliardi, il 49% del totale. Tassando tutti i depositi sotto i 100.000 euro si otterrebbero 2,123 miliardi di euro, il 37% di quanto occorre. Il restante 14%, circa 810 milioni di euro, comprende tutti i conti correnti con depositi tra i 100.000 e 500.000 euro.
Il governo cipriota, nel frattempo, sta portando avanti il suo piano di contingenza. Come spiegano fonti diplomatiche a Linkiesta, poi confermate dalla Bce, le banche del Paese potrebbero restare chiuse fino al 26 marzo. Mai nella storia dell’eurozona c’era stato un periodo così prolungato di bank holiday. Il percorso di Cipro è accidentato. «Si sta cercando di trovare una soluzione, ma non è facile», spiega un diplomatico cipriota. In una riunione avvenuta stamattina presso la banca centrale dell’isola le autorità cipriote hanno proposto alla troika di imporre un prelievo forzoso dai fondi di previdenza governativi. Una soluzione, quest’ultima, che era già stata rifiutata durante l’Eurogruppo della scorsa settimana e che sarà probabilmente rifiutata anche questa volta.
La reazione dell’Ue non si è fatta attendere. Bruxelles è ancora in attesa di un piano alternativo. Senza di quello, la Banca centrale europea potrebbe staccare la spina alle banche dell’isola quanto prima. Per ora quello che è certo è che la Bce ha assicurato che, per il bene della stabilità dell’area euro, fornirà liquidità garantendo alla banca centrale di Cipro l’accesso all’Emergency liquidity assistance (Ela). Tramite questo programma, la singola banca dell’eurosistema può garantire linee di credito agli istituti sotto la propria ala, assumendosene le possibili perdite esonerando Francoforte.
Al fine di evitare un bank-run, ma anche una fuga di capitali verso l’estero, la Bce sta pensando di introdurre misure per il controllo dei capitali. Una soluzione estrema, ma che si potrebbe rendere necessaria nel caso la tassa sui depositi sia mantenuta fino alla fine. Del resto, pure il trattato sul funzionamento dell’Ue prevede questa possibilità, se la stabilità finanziaria (ma anche sociale) di uno degli Stati membri viene messa a repentaglio dagli eventi, come spiegato dall’articolo 65 del trattato in questione.
A gettare benzina sul fuoco, alla luce delle possibili misure di restrizione sui flussi di denaro, ci ha pensato l’Austria. Il cancelliere austriaco Werner Faymann non ha usato mezzi termini: «Non posso escludere un’uscita dall’euro di Cipro, nel caso non si trovi una soluzione». Parole pesanti, ma che testimoniano quanto sia difficile la trattativa fra Ue e Nicosia. «Non si può escludere nulla – ha aggiunto Faymann – dato che ognuno dei singoli Paesi prende le decisioni da solo e bisogna in ogni caso rispettarle». In altre parole, nel caso Cipro decidesse di tornare alla valuta precedente all’euro, la lira cipriota, come ha detto ieri Marios Mavrides, parlamentare del partito di maggioranza DISY e docente di economia all’Università europea di Cipro.
Sul fronte russo, invece, continuano le trattative fra Nicosia e Mosca. Il ministro cipriota delle Finanze Michalis Sarris ha spiegato che le negoziazioni per un eventuale estensione del prestito da 2,5 miliardi di euro ricevuto nei mesi scorsi. Non c’è una data precisa per il ritorno in patria di Sarris, come annunciato dallo stesso. «Sarò in Russia per tutto il tempo necessario per raggiungere un accordo». Il problema è che forse, alla luce del comportamento del governo cipriota, è facile che debba restar a Mosca ancora per molto tempo.