Con l’M5S di Grillo al potere ci governerà un software?

Democrazia liquida

«La aspettiamo da quattro anni, ma ancora non si è mosso nulla», si lamenta in un cliccatissimo video su YouTube l’attivista Cinque Stelle Federico Pistono. «Arriverà presto, è questione di pochissimo», rassicura la premiata ditta Grillo&Casaleggio (http://www.beppegrillo.it/2012/09/democrazia_va_cercando_che_si_cara.html). Nel frattempo, i partiti “tradizionali” cominciano a interrogarsi su come rincorrerla e farla propria. Che cosa? La democrazia liquida, of course. La rivoluzione della volontà popolare che viene dal web e promette di garantire a tutti i cittadini, eletti e non, il diritto di esprimersi in prima persona su qualunque questione venga affrontata in parlamento.

Già, ma cos’è questa “democrazia liquida”, e come funziona? Lo abbiamo chiesto a Shining (il nickname è d’obbligo), attivista del Partito Pirata, l’unico movimento politico italiano che sia riuscito finora ad adottarla con successo. Anzi, la democrazia liquida è proprio la spina dorsale del Partito Pirata, senza la quale il movimento stesso non esisterebbe. «Non abbiamo una segreteria, non abbiamo un direttivo, non abbiamo un comitato centrale. Non esiste nemmeno un portavoce: tutti sono autorizzati a parlare a nome del movimento, portando avanti i temi e gli argomenti condivisi dagli iscritti. Il nostro – spiega Shining a Linkiesta – è un partito orizzontale costituito su un’assemblea permanente online, dove chiunque può avanzare proposte, integrarle, proporne la modifica o la bocciatura». Se tutto questo vi ricorda qualcosa di già sentito, un motivo c’è.

«In tanti, effettivamente, si sono lanciati nel paragone tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Pirata», ammette Shining. «Possiamo dire che l’elettore tipo del M5S potrebbe essere tranquillamente uno dei nostri. E, chissà?, fossimo nati prima noi in Italia, magari molti tra loro ci avrebbero votato». Ma se c’è una grande differenza tra pirati e grillini, e che i sostenitori del comico genovese invidiano tantissimo ai militanti con la benda sull’occhio, è proprio la metodologia del liquid feedback. «Noi ce l’abbiamo, loro no».
In sostanza, il concetto alla base della democrazia liquida è quello delle piattaforme di partecipazione diffusa come il sito web Liquidfeedback.org. Ma ne esistono anche altre già rodate e compatibili alla bisogna, ad esempio Airesis o MediaWiki. Sulla piattaforma liquid feedback, quella adottata dal Partito Pirata, le idee vengono discusse e votate attraverso il metodo Schulze, dall’omonimo ideatore, Markus Schulze,  che lo diede alla luce nel 1997: «Non vince l’idea che ha semplicemente raccolto più voti, come potrebbe essere nel caso di un referendum – spiega Shining – ma il votante esprime un ordine di gradimento tra le varie idee avanzate, attribuendo un punteggio decrescente, dalla soluzione preferita a quella cui si è decisamente contrari. In questo modo il risultato finale consente di adottare effettivamente la proposta più gradita alla maggioranza più ampia dei votanti».

Che cosa si può decidere? Praticamente tutto. Dalla compilazione delle liste dei candidati alla posizione da tenere in Parlamento su un dato tema, fino ai singoli “sì” e “no” su ogni singolo emendamento ad una proposta di legge. Ma un conto è decidere chi candidare, un altro è esprimere la propria opinione su ciascuno delle migliaia di provvedimenti con cui un parlamentare può avere a che fare durante una legislatura, dalle commissioni ai lavori in aula. Davvero la “democrazia liquida” può dare spazio a tutti su tutto, senza rallentare i lavori, senza lasciare nessuno indietro, e soprattutto senza correre il rischio che un ristretto manipolo di truppe cammellate 2.0 sempre attive h24 abbiano l’ultima parola? Shining è convintissimo: «Sì, senza dubbio».

«Per quanto riguarda le tempistiche, l’iter di approvazione di un provvedimento, dalla presentazione, alla discussione in commissione, ai passaggi nelle due camere, lascia a disposizione tutto il tempo necessario a imbastire le consultazioni online per stabilire la linea da seguire», dice Shining. «E il fatto che la democrazia liquida consenta a tutti di dire la propria su ogni argomento, non richiede per forza la presenza assidua del singolo ad ogni discussione. È per questo che esiste il meccanismo della delega».
È un meccanismo molto semplice, intuitivo e a portata di clic. Si può scegliere di attribuire il proprio voto a una persona che condivide la stessa opinione su un tema, o su cui si fa affidamento per la maggiore competenza in una data materia. Sarà poi il delegato, al momento effettivo del voto, ad esprimere la propria opinione per sé e per il delegante. La delega può essere attribuita su una singola area di competenza, ad esempio infrastrutture, energia, trasporti, difesa, ambiente, o su un singolo provvedimento, o si possono attribuire deleghe a più persone su temi diversi. La delega può essere revocata in qualsiasi momento, e decade automaticamente se il votante, nonostante abbia attribuito ad altri la delega sul tale voto, decide di esprimersi direttamente. Shining su questo è molto chiaro: «Il meccanismo della delega serve proprio ad attenuare il rischio che pochi assidui frequentatori che votano ogni singolo provvedimento possano mettere automaticamente in minoranza una grossa fetta di frequentatori saltuari, e condizionare così la linea di un intero movimento».

Il sistema, all’estero, ha dimostrato di funzionare. Ancora una volta, un esempio in questo senso è il Partito Pirata, o meglio il Piraten Partei che in Germania affianca a una piattaforma nazionale una serie di piattaforme territoriali attive sui vari Länder, che stanno riscuotendo un forte appeal. In Italia, oltre ai Pirati e alla tanto attesa piattaforma del Movimento 5 Stelle, esiste la piattaforma icittadini.net, promossa dall’ex deputato Idv Franco Barbato, anche lui sedotto dal fascino della democrazia liquida. Quelle nostrane sono però esperienze caratterizzate da una partecipazione molto limitata. Il vero passo in avanti potrebbe arrivare proprio con la tanto agognata discesa in campo (pardon, online) del M5S. Anche perché, in un sistema come questo, vale l’adagio popolare del “più siamo, meglio stiamo”: più ampia è la partecipazione, maggiore è la garanzia di effettiva democraticità.

Ma c’è un “ma”. E anche molto grosso. «Perché il meccanismo funzioni a dovere, servono la massima trasparenza e la massima fiducia». Per prima cosa, bisogna evitare che qualcuno possa truccare le carte. Come ogni sistema informatico, infatti, anche questo non è immune da attacchi o dal rischio di manomissioni. «Chi configura il sistema deve godere della fiducia completa degli utilizzatori. Per questo motivo una piattaforma del genere non può essere fatta da qualcuno “dall’alto”, né tantomeno affidata a terzi. Inoltre, non solo la macchina che la ospita deve essere dotata di un buon livello di protezione, ma gli utenti devono anche poter sapere dove si trova, chi vi ha accesso, e che cosa fa dei dati che vi sono contenuti». L’importante, infatti, è poter garantire la sicurezza dei dati personali e soprattutto l’identificazione certificata degli utenti. «Noi del Partito Pirata abbiamo fatto alla vecchia maniera: per partecipare al nostro liquid feedback bisogna prima incontrare di persona uno dei nostri certificatori autorizzati, lasciare gli estremi di un documento d’identità e sottoscrivere le liberatorie. Così siamo sicuri che non voti nessun “Napoleone Bonaparte” o “Jessica Rabbit”».

Eppure non è una mission impossibile. Non serve un lungo lavoro di preparazione né occorre un grosso investimento iniziale. Non servono nemmeno anni di lavoro, specie se alle spalle si può contare sul potenziale supporto di moltissimi esperti informatici, come nel caso del Movimento 5 Stelle. «C’è riuscito anche Santoro, con il sistema di interazione utilizzato con gli spettatori di Servizio Pubblico (http://partitoliquido.serviziopubblico.it/)», dice Shining. «Esistono pacchetti “chiavi in mano” che consentono di partire con pochi semplicissimi passaggi iniziali. Il vero nodo è la fiducia verso chi gestisce la piattaforma». E per quella no, un semplice clic non basta.

Twitter: @pautasio
 

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