Un brusco risveglio dai sogni di gloria delle liberalizzazioni del mercato energetico. Nonostante un generale miglioramento dei conti rispetto all’anno precedente, il 2012 pone più di qualche interrogativo sul futuro delle ex municipalizzate. Al netto della recessione, che ha ridimensionato i profitti delle società, e di una governance in molti casi bizantina, le utilities pagano lo scotto della sovraccapacità produttiva alla luce del boom delle rinnovabili. Se da un anno a questa parte il Ftse Mib, il principale listino italiano, ha lasciato sul terreno il 6,5%, la gran parte delle utilities hanno fatto peggio: A2a (-28%), Iren (-14,4%) e Acea (-21,22%). Uniche eccezioni Hera (+23,8%) e AcegasAps (+71%), a cui la fusione ha letteralmente messo le ali così come le indiscrezioni sull’interesse di Ascopiave (+8,8%) a far parte della nuova compagine nordestino-romagnola.
Le cause dei problemi del settore, spiegava un report di Deutsche Bank diffuso a inizio anno e titolato prosaicamente “Il peggio deve ancora venire”, non sono difficili da identificare: società progettate a cavallo del millennio con una prospettiva di crescita costante della domanda – snobbando le rinnovabili – e flussi di cassa che, invece di andare agli azionisti, sono serviti a finanziare gli interessi su debiti monstre post acquisizioni. Poi ci sono le tasse: da un lato la bolletta, che copre gli incentivi ma fa perdere competitività alle aziende, dall’altro la Robin hood tax, che comprime i margini dei produttori. Di conseguenza, i dividendi che entrano nelle casse degli enti locali sono magri, quando ci sono.
Ovviamente non tutte le utilities sono uguali: sta meglio chi ha opera nei settori regolati – leggi reti e distribuzione – che come tali sono rigidi rispetto all’andamento del ciclo economico. Al contrario, soffrono i produttori di energia da fonti convenzionali – lo scorso aprile l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha aperto un’indagine sull’anomalo picco del prezzo dell’energia nelle fasce serali alla Borsa elettrica, legato a una sorta di autodifesa dal fotovoltaico – e chi tratta i rifiuti per conto di famiglie e imprese.
A questa seconda categoria appartiene A2a. Assorbito l’effetto Edipower, l’ex Aem è tornata all’utile per 260 milioni, staccando un dividendo di 26 centesimi senza accedere alle riserve. Peccato che il debito, per quanto in discesa, rimanga sopra la soglia dei 4 miliardi – a fronte di una capitalizzazione di soli 1,4 miliardi – con un tasso del 3,5% e una durata media di 4,6 anni. Cioè 150 milioni l’anno se ne vanno soltanto a servizio del debito. Il business plan al 2015 prevede di aggiungere altri 300 milioni di euro al margine lordo, attualmente intorno al miliardo, ma il peso dei rifiuti sul margine, pari al 35%, potrebbe abbassarle se l’Italia non ricomincia a crescere.
Fonte: Morgan Stanley
Oltretutto, come recita la nota stampa «La riduzione del margine industriale della Filiera Ambiente, pari a 20 milioni di euro rispetto all’esercizio precedente, è dovuta al venir meno dell’incentivo CIP 6 di alcuni impianti di termovalorizzazione del Gruppo (Corteolona, Bergamo, Filago, Milano) […] l’esercizio 2012 incorpora, inoltre, lo stanziamento prudenziale di minori ricavi per 48 milioni di euro relativi a recenti modifiche normative e orientamenti dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (D.M. 20 novembre 2012 e Parere AEEG 535/12), che stabiliscono nuove modalità di calcolo della componente del prezzo di ritiro dell’energia in convenzione CIP 6 (CEC)». La dipendenza dagli incentivi, insomma, non giova. E non a caso il peso delle rinnovabili, nel piano industriale, raddoppierà dall’attuale 7 al 14% entro il 2015.
Hera, che deve ancora pubblicare i conti dell’anno passato, fa invece parte della seconda categoria. L’utile netto è salito del 3,7% a quota 70,2 milioni, margini a 473,6 milioni (1,5%), e un debito intorno ai 2 miliardi per una capitalizzazione di 1,7 miliardi. Un mese fa la conclusione della salita all’85% di AcegasAps, verso il delisting, che ha iscritto a bilancio utili a 25,5 milioni (+41,5%) e proposto un dividendo di 37 centesimi, a fronte di un debito di 464 milioni di euro. La tattica del management è muoversi con graduali acquisizioni di municipalizzate locali, e secondo gli analisti c’è da aspettarsi qualche altra acquisizione nei prossimi mesi.
Caso ancora diverso è quello di Acea, controllata da Roma Capitale. Qui i dubbi degli analisti derivano dalla regolamentazione tariffaria sull’acqua. Acea da un lato ha ottenuto un conguaglio al rialzo in Lazio, dall’altro ha subito maggiori costi relativi all’energia elettrica necessaria alla sua gestione. In particolare, gli oneri derivanti dalla restituzione della quota di remunerazione del capitale investito nel settore idrico, relativa al periodo 21 luglio – 31 dicembre 2011 (Provvedimento Aeeg del 31 gennaio 2013), sono costati 83 milioni di euro di svalutazioni, che hanno contribuito alla contrazione dei margini a quota 400 milioni (7,3%). A fronte di un utile netto sostanzialmente stabile a 86 milioni di euro, il debito è salito da 2,3 a 2,5 miliardi. Quasi il triplo della capitalizzazione, pari a 873 milioni di euro.
In questo quadro, l’incertezza politica avvantaggia un po’ tutti, a maggior ragione chi opera in servizi regolati dove le tariffe non cambieranno in tempi brevi. Tutto da verificare, invece, l’impatto dei pagamenti della Pa, ora a 30 giorni. Da Iren, che offre servizi di pubblica utilità ai Comuni di Reggio Emilia, Genova, Parma, Piacenza e Torino – nei nove mesi l’utile è sceso del 33% a 67 milioni di euro, mentre il debito è salito di poco a 2,6 miliardi – fanno sapere di aver già sottoscritto in autonomia i piani di rientro con i Comuni da cui vantano dei crediti, i quali oltretutto sono in attesa di incassare la Tares da un lato, e dall’altro sono bloccati dal tristemente noto patto di stabilità. Bisognerà aspettare la fine dell’anno per capire se il recepimento della direttiva europea sui ritardi dei pagamenti porterà dei benefici in termini di liquidità. Tuttavia, anche se fosse, non cambierebbe la situazione di molto. Recessione e rinnovabili: il rendimento delle ex municipalizzate dipende da loro.