Una profonda crisi di identità si somma, nel campo del giornalismo, alla crisi economica in Europa. I quotidiani chiudono o si riducono. Le buone notizie dal settore sono sempre più rare. La redazione de Il Corriere della Sera ha annunciato ieri due giorni di sciopero contro i licenziamenti di 110 giornalisti su 350. In Spagna il massacro è iniziato da tempo. Dal 2008 ad oggi 67 giornali sono stati chiusi, 8.000 giornalisti sono stati licenziati per un totale di 27.000 attualmente disoccupati. El País, la testata principale, ha licenziato 129 giornalisti su 466 a fine 2012. Público, giovane quotidiano di centro sinistra con ottime firme, ha chiuso definitivamente. E si potrebbe continuare.
Eppure la crisi economica ed esistenziale del giornalismo sta producendo in questo paese una proliferazione di iniziative fortunate che potrebbero cambiare il panorama dell’informazione e che sono testimonianze di una nuova realtà dove, forse, c’è futuro. Le più significative si sono date appuntamento la scorsa settimana nell’ambito del XIV Congresso di giornalismo digitale di Huesca (vicino a Saragozza).
L’informazione mirata a segmenti di pubblico ben definiti, la combinazione del cartaceo e il digitale, il giornalismo di qualità e l’innovazione sono tra gli ingredienti su cui si scommette, a partire da budget ridotti. Ci sono storie di successo e proposte interessanti.
I giornalisti di allora sono gli imprenditori di oggi. È questo uno degli imperativi del nuovo giornalismo made in Spain. I progetti nati negli ultimi mesi si dirigono a «nicchie», parola magica delle nuove iniziative nate on line destinate a segmenti di informazione trascurati dai grandi media. Si tratta di progetti che rimettono in discussione anche il concetto di concorrenza sperimentando diverse forme di accordi e collaborazioni.
Tra le nuove nascite che più hanno attirato l’attenzione anche internazionale c’è eldiario, un quotidiano on line che è stato lanciato sei mesi fa per mano di Ignacio Escolar, ex direttore del quotidiano Público e uno dei maggiori blogger di politica del paese. «Siamo un gruppo di giornalisti, la maggior parte di noi è anche azionista del quotidiano. Abbiamo deciso che l’unico modo per lavorare degnamente era essere proprietari dell’azienda in cui lavoravamo», spiega.
Il vantaggio è che i costi per mettere in moto una redazione si sono abbassati moltissimo nell’era digitale. «Per fare una festa del quotidiano Público abbiamo speso una volta l’equivalente di ciò che costa mantenere in vita eldiario.es per sei mesi». Ed è questo in sostanza l’insegnamento che la Spagna e i suoi giornalisti stanno traendo dalla crisi.
Eldiario.es è una pubblicazione di centro sinistra, che aspira a diventare un quotidiano generalista ma che per il momento si concentra su politica ed economia. «Cerchiamo un taglio dell’informazione diverso: non raccontiamo solo ciò che succede, ma anche come gli eventi quotidiani influenzano la vita dei cittadini», assicura Escolar.
E c’è poi una convinzione importante, forse scontata, ma che di questi tempi è necessario sottolineare: «Crediamo che il giornalismo non possa essere un hobby, ma debba essere una professione. L’unico modo possibile per ottenere notizie di prima mano è che ci dedichiamo ad esso a tempo pieno, con stipendi che lo permettano. E questo richiede un modello imprenditoriale sostenibile. Il giornalismo non può essere volontariato, se lo fosse ci sarebbero notizie che non verrebbero mai alla luce e avremmo una democrazia di peggiore qualità».
Dietro a questa iniziativa ci sono 16 azionisti che fanno anche parte della redazione, il maggiore è lo stesso Escolar. Dallo scorso 18 settembre eldiario ha già superato un milione di lettori (dati Nielsen). «La chiave è che siamo riusciti a far tornare i conti: ci finanziamo attraverso la pubblicità e i lettori. Facciamo pagare ai lettori che lo vogliono una somma di cinque euro al mese e concediamo loro alcuni benefici». A sei mesi dal lancio sul mercato il quotidiano ha praticamente raggiunto il pareggio di bilancio: con una spesa di 219.323 euro le entrate sono state di 214.229 euro (nella spesa iniziale si considera però anche l’attivazione iniziale di un blog che annunciava l’arrivo del quotidiano mesi prima senza però produrre entrate). La redazione è formata da 16 persone e sta crescendo. Presto eldiario.es sarà anche una rivista cartacea mensile.
In questo panorama ha destato enorme attesa anche il lancio di Infolibre.es, portale di informazione fondato da un ex caporedattore di Público, Jesus Maraña, e che ha due sole settimane di vita. «È un progetto frutto della necessità. Viviamo in un periodo molto particolare che è però anche un laboratorio permanente dove l’unica cosa che si può fare per andare avanti è agire», spiega Maraña. «La prima cosa che ci è apparsa totalmente chiara è che non potevamo dipendere da nessuno».
Questo si deve in particolare alla sfiducia generale dei cittadini verso la classe politica, le banche, il mondo imprenditoriale e anche verso al giornalismo in generale. La pagina online di Infolibre nasce in combinazione con una rivista cartacea, Tintalibre, e punta a finanziarsi completamente attraverso gli abbonamenti al cartaceo e la pubblicità.
Tra gli investitori c’è il gruppo di Mediapart, sito francese di informazione generale, in attivo, a cui il Infolibre si ispira apertamente. La sua forzasono firme molto conosciute in Spagna, come quelle di Ramón Lobo (uno dei giornalisti spagnoli più popolari, licenziato in novembre da El País) o Maruja Torres, tutt’ora opinionista di El País, scrittrice e reporter.
Nessuno ha capito meglio la crisi di chi, come la rivista Mongolia, ha deciso di seppellirla con una risata e trasformarsi in una storia di successo. Un’iniziativa «piuttosto insolita», spiega Eduardo Galán, uno dei giornalisti. È formata da sei redattori, l’editore Gonzalo Boyé, «che è anche il nostro avvocato, colui che evita che finiamo in carcere», e vari collaboratori.
Perché fare una rivista satirica in tempo di crisi? Galán evita di rispondere e manda una serie di slide dal congresso di Huesca. Alle sue spalle sfilano le immagini del premier Mariano Rajoy con uno sguardo sopraffatto, il re Juan Carlos a caccia in Botswana con Corinna, l’amante tedesca, la segretaria generale del Partido Popular María Dolores Cospedal mentre regge un enorme Cristo in croce in una processione, Alfredo Pérez Rubalcaba, leader del Partido Socialista Obrero molto criticato, con un dito in bocca e lo sguardo nel vuoto.
«Per raccontare tutto questo abbiamo deciso di fare una rivista satirica con 32 pagine umoristiche e una parte seria di inchiesta dove raccontiamo storie come quella de Juan Luís Cebrián», sarebbe a dire il l’amministratore delegato di El País che ha licenziato nel mese di novembre novembre 129 giornalisti, i cui stipendi sommati erano pari ai 12 milioni di euro che si è intascato il direttore generale nel 2012. La parte seria è diretta da Pere Rusiñol, catalano, ex reporter di punta di El País, passato poi a Público.
«Scommettiamo su una dialettica: con il giornale di carta guadagniamo denaro e con quello digitale fondamentalmente ci divertiamo», aggiunge Galán. Ci sono stati episodi scomodi, critiche e denunce ma la rivista piace e si è trasformata in un caso editoriale. Senza pubblicità, solo con il passaparola ha venduto 25.000 copie in edicola. Il numero che ha avuto più successo ha superato le 40.000. Al costo di tre euro.
«A prima vista sembrano due cose separate ma hanno molto in comune», dice Pere Rusiñol, parlando di Mongolia e del suo nuovo progetto parallelo, la rivista Alternativas Económicas. Secondo Rusiñol non è un caso che stiano nascendo queste realtà. Si tratta piuttosto di una risposta precisa e coerente a nuove esigenze economiche dove i grandi gruppi sono destinati a sprofondare e i piccoli rappresentano il futuro.
«La logica attuale è tematica e focalizzata alle nicchie», assicura. La crisi economica e del giornalismo in Spagna ha portato a una situazione in cui, secondo Rusiñol, in tutti i maggiori gruppi di informazione spagnoli siedono rappresentanti del settore bancario «e questo ha conseguenze devastanti per il giornalismo».
Come per gli altri menzionati la necessità era quella di creare un progetto dove i giornalisti avessero il controllo dell’azienda. Alternativas Económicas nasce come una cooperativa e lo scopo di spiegare l’economia come non viene spiegata nei quotidiani tradizionali. Il modello è l’omonima rivista francese Alternatives Economiques che sponsorizza i soci spagnoli. Sei giornalisti, 35 soci e firme di enorme peso in Spagna come Soledad Gallego Díaz, Joaquín Estefanía ed Enric González (tutti scuola El País) sono gli ingredienti su cui si scommette. La rivista è mensile e punta a raggiungere nei prossimi mesi i 10.000 abbonati, un numero sufficiente per raggiungere il pareggio senza ricorrere alla pubblicità.
Un’altra realtà in attivo è Agorá News, un portale che offre servizi di streaming in diretto dai principali eventi spagnoli e latinoamericani. Il suo fondatore Jaime Estevez spiega che dalla fondazione nel 2008, Agorá News ha ora una redazione di 21 persone che trasmettono cinque eventi giornalieri in streaming e due concerti ogni notte. Nel 2008 nasceva questa piattaforma, e veniva presentata come start-up in questo stesso congresso. Oggi si è trasformata in un prodotto di successo ed è diventata sponsor principale dell’evento che porta alle pendici dei Pirenei giornalisti da tutto il mondo. «Il nostro successo si deve moltissimo alle reti sociali. Ogni redattore è un community manager ed è esposto sulle reti sociali», spiega Estevez.
Tra tutti i nuovi progetti non poteva mancare lo sport. Dall’iniziativa di Oscar Abou-Kassem, giovane ex reporter di Público e Diego Varcala è nata Líbero, una rivista trimestrale di calcio che aspira ad applicare i canoni del grande giornalismo al mondo dello sport «sfuggendo i dibattiti, le urla e offrendo informazione di qualità», spiega Kassem.
Si intervistano calciatori che hanno qualcosa da dire fuori dallo sport, che sono impegnati in cause diverse e che non abbiano paura ad esporsi con opinioni politiche. I finanziatori sono due amici. La rivista che da enorme peso alla veste grafica e alla fotografia, si vende online da giugno scorso e pensa di diventare sostenibile attraverso abbonamenti e la vendita in edicola e librerie, cioè i canali tradizionali a cui si affianca una proposta on line.
Queste esperienze sono solo esempi tra una proliferazione impressionante: il quotidiano scientifico Materia, il settimanale politico La Marea, il portale Iberoamérica fondato da Pedro Alzaga, sono solo alcuni degli esempi.
Fuori dall’edizione di quest’anno del Congresso di Huesca c’è infine Jot Down, una rivista di grandi reportage e foto in bianco e nero nata a maggio 2011 solo on line e che si è trasformata in meno di due anni in un punto di riferimento del giornalismo spagnolo. Per acclamazione, gli editori si sono visti obbligati a raccogliere periodicamente i testi in una pubblicazione cartacea che si vende nelle librerie.