Dati alla mano, Monti ha bucato la bolla sull’Italia

Fiducia & mercati

Le recenti elezioni italiane hanno dato alla luce un parlamento “in bilico”, con un elettorato quasi ugualmente suddiviso tra il centro-sinistra di Bersani, il centro-destra di Berlusconi ed il nuovo Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Scelta Civica, il partito di Mario Monti, ha ottenuto il consenso di un solo elettore su dieci.

I risultati mostrano dunque che Grillo e Berlusconi hanno avuto successo nel dipingere Mario Monti come la longa manus di Angela Merkel in Italia, e nell’additare le misure di austerità concordate con l’Europa come l’unica causa dell’attuale recessione italiana. Diversamente dai mercati finanziari, che hanno inneggiato a Monti come a colui che ha restituito “credibilità” all’Italia, ripristinato la disciplina di bilancio, iniziato un’ambiziosa agenda di riforme e allontanato il paese dal baratro del default, gli oppositori di Monti hanno sostenuto il “Mario” che gli italiani avrebbero dovuto ringraziare per aver ridotto lo spread è Draghi, non Monti: è stato il discorso di Draghi il 26 luglio 2012 (“Faremo tutto il necessario… e, credetemi, sarà sufficiente”) e il seguente varo del programma Omt (Outright Monetary Transaction) all’inizio di settembre 2012 che ha rassicurato gli investitori sull’impossibilità di break-up della zona dell’Euro, non il governo Monti.

Per gli economisti, a differenza dei politici, la questione è essenzialmente empirica. In questo articolo sosteniamo che la dinamica dei tassi di interesse e degli spread sui Cds (credit default swap, derivati che fungono da assicurazioni contro il rischio default di un’emittente, ndr) in Italia da metà 2011 ha le caratteristiche di una bolla speculativa originata da crisi di sfiducia, e che Monti ha effettivamente “bucato la bolla”, restituendo fiducia agli investitori internazionali.

Una breve storia della recente “Bolla” Italiana
A partire da giugno-luglio 2011, nel bel mezzo delle tensioni provenienti dalla crisi greca, il governo Berlusconi venne indebolito dal cumularsi di una serie di eventi negativi, una scissione interna in aprile, i risultati sfavorevoli delle elezioni regionali in Maggio, gli scandali sessuali, la lettera della Bce di Trichet e Draghi all’inizio di agosto. Lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi salì bruscamente (vedi Figura 1), da 1.6 in giugno a 5.5 punti percentuali in novembre, forzando le dimissioni di Berlusconi e la nomina di Monti in novembre. Da questo momento il differenziale tra i tassi di interesse scese, seppure non immediatamente, per poi risalire ancora da marzo a luglio 2012 quando Draghi pronunciò il famoso discorso a sostegno della moneta unica. 

Figura 1

CDS Spread: Italia vs Spagna
Al fine di isolare i possibili effetti di Monti e Draghi, è utile fare un confronto tra gli spread sui Cds sui titoli di stato Italiani e Spagnoli, cioè i premi richiesti per assicurarsi contro il rischio di default dei due stati. Un indicatore del rischio sovrano utilizzato di frequente consiste nelle probabilità di default implicite nei contratti Cds a differenti scadenze. Dai questi premi assicurativi (gli spread dei Cds) stipulati oggi, ad esempio, per assicurarsi contro il rischio di un default italiano in un periodo da uno a cinque anni, è possibile calcolare le probabilità che il mercato assegna al verificarsi di un default italiano 5 anni da oggi, posto che non ci sia stato un default nei quattro anni precedenti (1).

In particolare, abbiamo calcolato la “pendenza” della struttura a termine delle probabilità di default, per ogni giorno a partire da gennaio 2007. Questa “pendenza” è un numero positivo (negativo) se le probabilità di default aumenta (decresce) in media all’aumentare della scadenza considerata (2). Quando la pendenza diventa negativa, il mercato percepisce che il rischio di un default nel breve periodo eccede il rischio di un default nel lungo periodo, uno scenario considerato estremamente pericoloso. La Figura 2 mostra questo indicatore per l’Italia (linea rossa) e per la Spagna (linea gialla).

Figura 2

Dalla Figura 2 si vede chiaramente che le due curve si muovono assieme fino a metà giugno 2011, l’inizio della crisi del governo Berlusconi. A quel punto, il rischio di default italiano nel breve periodo rispetto a quello di lungo-termine sale alle stelle, e la pendenza Italiana diventa negativa, crollando al di sotto di quella Spagnola. Il 18 novembre 2011, il gabinetto Monti entra in carica e la struttura a termine italiana si riprende rapidamente. A gennaio 2012, le curve Italiane e Spagnole sono nuovamente assieme. ln marzo 2012 entrambe le curve cadono ancora, dal momento che il mercato valuta che il rischio a breve di un default, sia Italiano che spagnolo, sia aumentato nuovamente. Questo andamento prosegue fino a luglio 2012, quando interviene Draghi. Un “Effetto Draghi” è verosimilmente la spiegazione della risalita delle curve in entrambi i paesi. Il risultato dell’intervento è dunque di allentare la pressione sulle scadenze di breve periodo, e di diminuire il costo di rifinanziamento sia del debito Italiano (vedi Figura 1) che di quello spagnolo. 

Spread sui tassi di interesse: Italia vs Spagna
Se guardiamo al differenziale tra i tassi di interesse otteniamo un quadro simile. La Figura 3 mostra il differenziale tra i tassi a 10 anni sui titoli di stato Italiani e Spagnoli (linea rossa). Il pattern è piuttosto chiaro: c’è un prolungato trend discendente dal 2007, che tocca un minimo in Dicembre 2010, quando il tasso italiano è al sotto di quello spagnolo di 1,4 punti percentuali; in giugno 2011, la crisi del governo Berlusconi spinge in alto lo spread fino ad un massimo di + 0,77 nel dicembre 2012, un mese dopo la fiducia a Monti. Poi lo spread cala, tanto rapidamente quanto era aumentato, e in luglio è tornato sul trend. Come per la struttura a termine dei Cds, l’effetto Draghi non sembra importante nel spiegare la differenza tra i tassi di interesse Italiani e Spagnoli (come ci saremmo aspettati), ma influisce invece sui livelli dei tassi di entrambi i paesi.

Figura 3

Spread Contro-fattuale.
Quanta parte dell’oscillazione dei relativi tassi può essere attribuita ai “fondamentali” economici e quanta parte al cambiamento delle aspettative (che gli economisti spesso chiamano credibilità)(3)? Per affrontare la questione costruiamo uno “spread contro-fattuale tra tassi italiani e spagnoli, che illustra quanto dell’andamento del differenziale possa essere ragionevolmente attribuito, al di là di a Monti o Draghi, ai soli “fondamentali”. I fondamentali economici che consideriamo sono il tasso di inflazione dei due paesi, i tassi di crescita della produzione industriale, il rapporto debito/Pil, il rapporto deficit/Pil, il saldo di conto corrente della bilancia commerciale in rapporto al Pil, lo spread sui Cds delle principali banche spagnole, l’indice divolatilità attesa Vix (4).

Lo spread controfattuale tra Italia-Spagna è dunque il valore dello spread che sarebbe prevalso se solamente i fondamentali economici, ma non le aspettative, avessero contato. Esso è rappresentato dalla linea blu scura nella Figura 3 (la linea più chiara mostra gli intervalli di confidenza). La distanza tra lo spread effettivo (linea rossa) e lo spread contro-fattuale (blu) è la componente sistematica “non spiegata” dai fondamentali, che noi etichettiamo come “effetto credibilità”. Quando la linea rossa sale al di sopra della linea blu, significa che la credibilità italiana è peggiorata rispetto a quella spagnola, perchè i mercati finanziari scontano una probabilità di default e/o di uscita dall’euro maggiore per l’Italia rispetto alla Spagna, al di là del livello giustificato dai fondamentali economici dei due paesi. La figura mostra un pattern familiare. La credibilità italiana peggiora drammaticamente da giugno 2011, la crisi del governo Berlusconi, ma inizia a migliorare da dicembre 2012, un mese dopo l’inizio del governo Monti. In tre mesi il differenziale sui tassi di interesse è di nuovo sul trend. A nostro avviso, questa dinamica descrive una crisi di fiducia che inizia con Berlusconi e finisce con Monti. L’inizio e lo scoppio della bolla speculativa non hanno nulla a che fare con Draghi e l’Omt. 

Conclusioni
La nostra analisi sui tassi di interesse e sugli spread dei Cds mostra che una importante crisi di fiducia è avvenuta nei mesi finali del governo Berlusconi, e che Monti essenzialmente ha “bucato” la bolla speculativa. La fuga dal debito Italiano era già rientrata al tempo delle dichiarazioni di Draghi, anche se l’intervento della Bce ha attenuato lo shock comune che nel 2012 ha colpito sia l’Italia che la Spagna.

Dall’analisi emergono due chiare implicazioni. Primo, la “credibilità” dei policy-makers è molto facile da perdere, come la recente fuga dal debito italiano suggerisce, ma molto dolorosa da riconquistare, come la grave recessione che ha seguito le misure di austerità del governo Monti mostra chiaramente. Secondo, fino ad ora la Bce si è impegnata in una strategia complementare, ma non sostitutiva, rispetto alle politiche di aggiustamento nazionali, una strategia “europea” e non ritagliata sui singoli paesi, cosìcchè i governi farebbero bene a non fare troppo affidamento su salvataggi non-condizionati, che non sarebbero possibili né de facto, né de jure. Da ultimo, i “nuovi” (e “vecchi”) leader politici Italiani non dovrebbero sottostimare la straordinaria sfida che il paese ha difronte: portare l’Italia fuori dall’attuale depressione economica senza mettere a repentaglio una credibilità riconquistata a carissimo prezzo.

Note
(1) Queste probabilità non-condizionali sono calcolate assumendo un tasso di recupero (recovery rate) del 40% in caso di default, usando come tasso privo di rischio la zero coupon bond curve e seguendo la metodologia di Hull, J. C., and A. White. “Valuing credit default swaps I:No countrerparty default risk” Journal of Derivatives 8.1 (2000): 29-40.
(2) Ogni punto nel grafico è calcolato come segue: per ogni giorno, le probabilità di default per diverse scadenze, da 1 a 10 anni, sono regredite sulle correspondenti scadenze 1-10 anni. Il coefficiente della regressione è la “pendenza” per quel giorno, riportata sul grafico.
(3) Per un’analisi empirica sul ruolo di fondamentali e credibilità nella recente esperienza Europea di contagio tra gli spread sui Cds sovrani, vedi Manasse, Paolo and Zavalloni, Luca, “Sovereign Contagion in Europe: Evidence from the Cds Market” (January 18, 2013). Quaderni DSE Working Paper N° 863.
(4) Tutte le variabili esplicative, se disponibili a frequenze più basse, sono convertite in dati mensili e sono ritardate di un mese; controlliamo anche per la volatilità sui mercati finanziari includendo il Vix index, e per il possibile effetto di un salvataggio delle banche spagnole attraverso l’ Efsf, usando un indice degli spread sui Cds delle più grandi banche spagnole. Infine includiamo dummies temporali da giugno 2011, quando lo spread scatta sù, fino a marzo 2012. I valori stimati delle dummies temporali misurano la componente sistematica dello spread che non è collegata ai fondamentali economici Italiani e Spagnoli, e che appare come la differenza tra le due curve nel grafico. Un’ Appendice tecnica è disponibile dagli autori su richiesta.

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