Eni e Generali, che hanno diffuso oggi i conti relativi al 2012, hanno un tratto in comune con Intesa Sanpaolo ed Enel, protagoniste di Piazza Affari nei giorni scorsi: il rendimento del debito. Il cui ammontare supera i 110 miliardi di euro, con un tasso d’interesse tra il 5 e il 6 per cento. Per questo lo stallo politico italiano è molto pericoloso per le blue chip di Piazza Affari: guai se dovesse ridurre il loro regolare accesso al mercato per attingere risorse fresche.
La stretta al credito seguita alla balcanizzazione dei sistemi finanziari nazionali – evidenziata dal crollo dei pronti contro termine, scesi dell’11,9% nel 2012 a quota 5.600 miliardi di euro, come ha evidenziato un recente report della International Capital Market Association – ha spinto le società a finanziarsi direttamente sul mercato, riscuotendo un discreto successo. I dati dell’agenzia di rating Moody’s mostrano un 2012 da record per questo tipo di strumenti finanziari: le emissioni hanno toccato i 29,8 miliardi di dollari, +98% rispetto al 2011, mentre i prestiti sindacati delle banche sono rimasti sostanzialmente stabili. Di questi, tra il 2013 e il 2015, ne andranno a scadenza per 49,5 miliardi di dollari.
L’agenzia di rating è pronta a scommettere che il debito corporate rimarrà popolare perché il rischio di credito è tornato a salire: «Ci aspettiamo che il trend positivo delle emissioni obbligazionarie societarie continui perché esse stanno diversificando i loro canali di finanziamento data la probabilità che le banche domestiche saranno ulteriormente selettive nel concedere credito» dice Paolo Leschiutta, uno degli autori dello studio, che tuttavia fa un distinguo tra l’appetito degli investitori per il debito delle imprese e quello di banche e assicurazioni, maggiormente legate al rischio sovrano. Infatti «le incertezze politiche e macroeconomiche potrebbero restringere le emissioni obbligazionarie societarie», scrive ancora Moody’s. Anche per Morningstar «le prospettive per lo spread delle obbligazioni societarie non potrebbero essere migliori. La domanda resta particolarmente forte, in quanto gli investitori continuano a riversare denaro nei mercati a reddito fisso».
Fonte: Moody’s su dati Dealogic
I rendimenti rimarranno elevati? Molto dipende dall’andamento dei titoli di Stato, soprattutto per chi, come Intesa Sanpaolo e Generali, ha complessivamente in pancia bond del Tesoro per 150 miliardi. Generali, che ha chiuso il 2012 con soli 90 milioni di utili dopo le maxi svalutazioni (ora definite da una perdita di valore degli asset del 30% e dalla definizione di “perdita prolungata” ridotta da 36 a 12 mesi, ndr) pari a 1,7 miliardi (di cui 150 ascrivibili a Telco, la holding che controlla Telecom Italia), detiene infatti 60 miliardi in titoli di Stato, mentre l’indebitamento finanziario netto è pari a 13 miliardi di euro, con tasso medio del 5,86% e una durata di sei anni.
Il dividendo che il Leone di Trieste proporrà agli azionisti sarà di 20 centesimi per azione, che implica un rendimento dell’1,5 per cento. L’anno prossimo, invece, andranno a scadenza ben 2 miliardi di euro di bond della compagnia guidata da Mario Greco, il quale oggi ha annunciato un aumento del dividendo che ha messo le ali al titolo (+9,35% a 13,3 euro), e la volontà di considerare le partecipazioni in Mediobanca e Rcs nell’ottica di «dare dei ritorni ai clienti e per questo dobbiamo fare le scelte migliori».
Eni – che ha confermato oggi di aver ceduto per 4,2 miliardi il 20% dell’Area 4 in Mozambico ai cinesi della Cnpc in cambio della firma di un accordo finalizzato allo sviluppo di Rongchang, blocco a shale gas da 2mila chilometri quadrati nel Sichuan – dopo la cessione di Snam alla Cassa depositi e prestiti ha notevolmente ridotto l’indebitamento, ora a quota 15,4 miliardi. Il dividendo proposto è di 1,08 euro per azione, che implica un rendimento del 5,84 per cento. Il grosso del debito (7,9 miliardi) scade dopo il 2016, e ha un tasso medio (Eni Spa) del 3,2 per cento. Quest’anno andranno a scadenza 1,6 miliardi, 1,3 miliardi nel 2014.
«La possibilità che scendano i rendimenti di società che pagano ancora tassi alti come Enel o i bancari, legati al debito pubblico, dipende dalla velocità con cui la politica arriverà ad un accordo», spiega a Linkiesta Angelo Drusiani, gestore di Banca Albertini Syz specializzato in bond, che osserva: «Da un miglioramento dei titoli di Stato indirettamente ne beneficerebbero un po’ tutte le società, dunque ci sarebbe uno spostamento sensibile dalle obbligazioni con il massimo grado di affidabilità a un grado di affidabilità più contenuto in termini di rating». In quest’ipotesi i tassi d’interesse caleranno, ma non la richiesta degli investitori che hanno le coronarie troppo deboli per i continui sbalzi della Borsa.
«Noi abbiamo purtroppo sofferto di una concorrenza sleale per quanto riguarda la situazione d’incertezza che c’è stata imposta proprio nell’indebitamento dello stato e delle aziende», dice ancora Drusiani, che nota: «A luglio scorso il debito di Telecom o Enel pagava 4-5 punti percentuali in più rispetto a Deutsche Telecom o Eon». E l’affidabilità dell’emittente dei titoli di debito, in questa situazione, non ha rilevanza.